Mammiferi selvatici e Covid-19, ecco come sono cambiate le loro abitudini dopo i lockdown

Uno studio internazionale ha osservato la variazione nel comportamento di 163 specie a seguito dei cambiamenti delle attività umane indotti dalla pandemia

[20 Marzo 2024]

Una delle lezioni impartitaci dalla pandemia Covid-19 è che il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità fanno parte di un’unica crisi indivisibile, e devono essere affrontati insieme.

L’Antropocene, epoca caratterizzata dal pervasivo e crescente impatto dell’azione umana sulla biosfera, sta mettendo a dura prova la natura e con essa anche la nostra salute; il crescente sfruttamento di suolo ha costretto decine di migliaia di specie a entrare in contatto più stretto, aumentando lo scambio di agenti patogeni e la comparsa di nuove malattie e pandemie, proprio come successo durante il Covid.

Un nuovo studio condotto su scala globale, ha analizzato l’impatto dei cambiamenti delle attività umane indotti dalla pandemia da Covid-19 (tra il 2019 e il 2021) sulle abitudini dei mammiferi selvatici.

Con  21 paesi coinvolti, inclusa l’Italia con 5 istituzioni (Muse di Trento, Fondazione Edmund Mach, Università di Firenze, Università di Siena e Ispra) e l’utilizzo di oltre 5mila foto-trappole, è stata osservata l’attività di 163 specie di mammiferi nel periodo successivo ai lockdown.

«Le restrizioni alla mobilità delle persone – evento unico nel suo genere – hanno consentito a zoologi ed ecologi di studiare come gli animali rispondono a cambiamenti drastici e rapidi del numero di persone nel loro habitat», ha affermato il primo autore dello studio, il professor Cole Burton dell’Università canadese della British Columbia.

Dopo i lockdown si è osservata una netta differenza nella risposta degli animali tra ambienti naturali e ambienti antropizzati: alla ripresa delle attività umane, le specie presenti in ambienti intensamente modificati dall’uomo (come aree urbane e suburbane) hanno aumentato i loro movimenti diventando però più notturne, mentre nelle zone più naturali e incontaminate hanno risposto al ritorno delle persone evitandole e diminuendo la loro attività.

Anche il Parco regionale della Maremma, da numerosi anni sede di un progetto di ricerca sulle interazioni tra specie di mammiferi condotto dall’Università di Siena con la collaborazione dell’Ente Parco, è stato area oggetto di studio nella quale «non sono state riscontrate risposte uniformi tra le specie animali indagate e non abbiamo osservato un aumento generalizzato dell’attività diurna», come afferma Francesco Ferretti, docente presso l’Università di Siena.

I risultati della ricerca suggeriscono di mettere a punto strategie di tutela della fauna selvatica definite sulla base dell’analisi delle specie presenti e dei luoghi interessati.

Ad esempio nelle zone con maggior presenza antropica, come le zone periurbane, la notte è un importante rifugio per i mammiferi selvatici; gli sforzi potrebbero pertanto concentrarsi sulla riduzione dei conflitti con la fauna selvatica dopo il tramonto, prevedendo una migliore gestione della raccolta rifiuti, o l’uso di misure di mitigazione sulle strade per ridurre le collisioni con i veicoli.