«Siamo di fronte ad un fatto nuovo della natura dal quale purtroppo dobbiamo solo imparare»

L’influenza aviaria fa strage di leoni marini in Sud America

In Uruguay seppellite 180 carcasse di leoni marini per prevenire ulteriori infezioni

[26 Settembre 2023]

Dopo Perù, Cile e Argentina è la volta dell’Uruguay, dove i numero di decessi dovuti all’influenza aviaria è in aumento tra la popolazione dei leoni marini (soprattutto Otaria flavescens) e, a ieri, le autorità uruguaiane avevano già effettuato almeno 180  sepolture di questi mammiferi marini per revenire la diffusione della malattia.

Una misura che ormai viene presa senza una diagnosi accurata dei decessi e nonostante il fatto che affinché si verifichino infezioni tra esemplari della specie sia necessaria una mutazione del virus H5, cosa attualmente non è confermata.

Secondo Carmen Leizagoyen, responsabile fauna selvatica del ministero dell’ambiente dell’Uruguay, le morti di leoni marini sono avvenute a Montevideo, Canelones, Maldonado e Rocha e aggiunge sconsolata che «non esiste un vaccino, non c’è niente. Non c’è modo di impedire che si infettino. Prevediamo che agisca l’immunità di specie e che si generino anticorpi contro la malattia».

La Leizagoyen ha aggiunto che, «per quanto riguarda il livello di mortalità, negli altri Paesi della regione è tra il 3 e il 9%. In Uruguay si trova in questo range e spero che non superi quel livello».  Ma ha avvertito che l’influeza aviaria potrebbe manifestarsi nelle femmine incinte di leoni marini che «hanno minori possibilità di immunità, poiché un animale gravido ha più difficoltà a difendersi dal virus. Questi sono i punti interrogativi che abbiamo».

Secondo la Direzione nazionale delle risorse acquatiche del ministero dell’allevamento, dell’agricoltura e della pesca dell’Uruguay, «gli studi finora condotti sulla malattia mostrano che la positività nelle specie testate raggiunge il 47,22%», ma la Leizagoyen ha evidenziato che «per conoscere i dettagli sulla trasmissione è necessario sequenziare il virus che ha colpito i leoni marini».

La Facoltà di scienze dell’Universidad de la República di Montevideo è stata incaricata di effettuare la caratterizzazione genetica del virus che ha colpito il paese nella prima epidemia, con campioni prelevati da due cigni dal collo nero e dieci polli, si è così scoperto che la variante è correlata alla malattia ad alto grado di patogenicità già rilevata in altre parti dell’America e la Leizagoyen spiega ancora: «Stiamo utilizzando i dati di altre specie o di altre situazioni per vedere cosa possiamo trovare. Per ora non c’è mortalità che abbia raggiunto la costa. Cioè non ci sono centinaia di esemplari sulla costa. Ma siamo nel mezzo di un’epidemia».

Ne sono consapevoli anche i ministeri dell’Ambiente, della zootecnia, agricoltura e pesca e della sanità pubblica che hanno pubblicato alcune raccomandazioni generali rivolte alla popolazione e specifiche per il personale che lavora a contatto con uccelli o mammiferi marini, nei rifugi faunistici o impiegato nella raccolta dei resti di uccelli e mammiferi marini morti.

In Cile, durante il primo trimestre del 2023 sono stati trovati più di 1.535 leoni marini, 730 pinguini di Humboldt e 8 chungungo morti, un aumento considerevole del numero di spiaggiamenti di questi animali.

Il 7 settembre la morte di oltre 100 leoni marini a causa dell’influenza aviaria in diverse province dell’Argentina aveva fatto aumentare la preoccupazione degli esperti che avevano avvertito che «un contagio del genere non si era mai visto prima. Si tratta di una variante del virus molto aggressiva».

Intervistato da Télam, Juan Lorenzani, presidente della Fundación Fauna Argentina, ha detto che «siamo di fronte ad un ceppo molto aggressivo, gli animali si infettano rapidamente e iniziano subito con i primi sintomi, che sono per lo più tremori che possono portare a convulsioni. Lavoro con i leoni marini da molti anni e non ho mai visto nulla di simile. E’ molto triste perché non possono essere isolati o vaccinati. Siamo di fronte ad un fatto nuovo della natura dal quale purtroppo dobbiamo solo imparare. La presenza di influenza aviaria nei leoni marini è iniziata lo scorso febbraio in Perù e Cile, dove hanno dovuto lanciare un allarme sanitario a causa del gran numero di leoni marini infetti».

Il virus A nella sua variante H5N1 presente nei leoni marini è un sottotipo di influenza aviaria altamente patogeno, che ha registrato i suoi primi ritrovamenti in Sud America negli uccelli selvatici alla fine del 2022 in Perù. In Argentina, i primi casi tra uccelli si sono verificati nel febbraio 2023 nell’area naturale Lagunas de Pozuelos, nella provincia di Jujuy.

Ariel Vagnozzi, veterinario specializzato in virus aviari e a capo del Laboratorio ornitologico dell’Istituto di virologia dell’Inta, conferma che «grazie alla sua grande versatilità e capacità di adattamento, l’influenza ha acquisito molti sottotipi. La variante H5N1 è stata rilevata negli uccelli per la prima volta nel 1996 e aveva la particolarità di mantenersi nel tempo e di iniziare a incorporare cambiamenti genetici e a diffondersi in tutto il mondo a grandi ondate. Sono virus che hanno la capacità di danneggiare gravemente gli animali, possono raggiungere quasi il 100% di mortalità, il che rappresenta una minaccia molto grande per la produzione agricola. La sua trasmissione dagli uccelli ai mammiferi rappresenta un possibile rischio maggiore di contagio per l’uomo, gli specialisti concordano che è “raro”».

Dato che questa malattia si sta diffondendo non solo in Sudamerica, ma in  diversi Paesi del mondo, come Giappone, Cambogia, Cina, già a Marzo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) aveva avvertito  che l’umanità deve prepararsi a uno scenario in cui il virus dell’influenza aviaria potrebbe scatenare una  nuova pandemia. I dati dell’Oms indicano che dal 2003 al 2023 ci sono stati più di  860 casi confermati  di influenza aviaria nell’uomo. Più della metà delle persone infette è morta.