Minacciato il 9,2% delle specie, con la riduzione massima delle colonie fissata al 10%

L’Europa è a un passo dalla soglia critica per l’estinzione delle api

Nel Vecchio continente la produzione di circa l’80% delle 264 specie coltivate dipende dall’attività degli insetti impollinatori, ora a forte rischio soprattutto per l’uso di pesticidi

[30 Giugno 2021]

Riuniti nel Consiglio dell’Ue, i ministri europei dell’Agricoltura hanno stabilito la necessità di definire un obiettivo specifico per proteggere le api mellifere dai pesticidi: seguendo gli orientamenti forniti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), la riduzione massima delle dimensioni delle colonie in tutta l’Ue non dovrebbe superare il 10%.

Un target fissato non “solo” per salvare gli insetti, ma innanzitutto le nostre tavole, visto che secondo la Fao le api impollinano 71 delle 100 colture che forniscono il 90% degli alimenti a livello mondiale. Tuttavia il numero di questi insetti è crollato nell’ultimo ventennio, con i pesticidi nel ruolo di primo indiziato nel ruolo del colpevole.

Allargando il quadro d’osservazione, come documentano i ricercatori del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa), più del 40% delle specie di invertebrati che garantiscono l’impollinazione – come api e farfalle – rischia di scomparire, e in particolare in Europa il 9,2% delle specie di api europee sono attualmente minacciate di estinzione.

«Senza di esse molte specie di piante si estinguerebbero e gli attuali livelli di produttività potrebbero essere mantenuti solamente ad altissimi costi attraverso l’impollinazione artificiale. Le api domestiche e selvatiche sono responsabili di circa il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali viventi sul pianeta e garantiscono circa il 35% della produzione globale di cibo», spiegano dal Snpa.

Si tratta di un problema che ci riguarda in prima persona, dato che «in Europa la produzione di circa l’80% delle 264 specie coltivate dipende dall’attività degli insetti impollinatori». Eppure nel Vecchio continente quasi metà delle specie di insetti è in grave declino e un terzo è in pericolo di estinzione.

«Il cambiamento dell’habitat e l’inquinamento ambientale sono tra le principali cause di questo declino – argomentano i ricercatori – In particolare, l’intensificazione dell’agricoltura negli ultimi sei decenni e l’uso diffuso e inarrestabile dei pesticidi sintetici rappresenta uno dei principali fattori di decremento delle popolazioni e di perdita di biodiversità degli insetti pronubi negli ultimi tempi».

La conclusione è chiara: «O cambieremo subito il nostro modo di produrre cibo, oppure la maggior parte degli insetti arriveranno all’estinzione entro pochi decenni», creando enormi difficoltà e costi crescenti nell’approvvigionamento alimentare nonché per le industrie di settore.

Che fare? Secondo i ricercatori Snpa «il ripristino degli habitat naturali, insieme ad una drastica riduzione degli input agro-chimici e alla “riprogettazione” agricola, è probabilmente il modo più efficace per evitare ulteriori diminuzioni o scomparse degli insetti impollinatori, in particolare nelle aree ad agricoltura intensiva».

Ad esempio, filari, siepi e prati impiantate ai margini del campo aumentano l’abbondanza di impollinatori selvatici, come pure la rotazione delle colture con trifoglio o altre leguminose può incrementare l’abbondanza e la diversità dei bombi, che a loro volta migliorano la resa delle colture e la redditività dell’azienda. Queste pratiche di “ingegneria ecologica” non solo favoriscono gli impollinatori, ma conservano anche i nemici naturali degli insetti che sono essenziali per contenere le specie di parassiti erbivori che attaccano numerose ed importanti colture.

Tuttavia, affinché queste misure siano efficaci, è fondamentale che gli attuali modelli di utilizzo dei pesticidi, principalmente insetticidi e fungicidi, siano ridotti al minimo per consentire il recupero delle popolazioni  di insetti e dei relativi servizi di “controllo biologico” dei patogeni.

In molti dei sistemi agricoli presenti nel mondo, il controllo biologico costituisce un mezzo sottoutilizzato ma economicamente efficace e a basso impatto ambientale per risolvere i problemi dei parassiti delle colture, in grado di preservare la biodiversità sia all’interno che al di fuori delle aziende agricole.