Le “termiti del mare” sono arrivate alle Svalbard. Le teredini si mangiano i relitti dell’Artico

Espansione causata dal riscaldamento dell'oceano o una nuova specie sconosciuta?

[2 Marzo 2016]

Come riporta Science, a gennaio, durante delle ricerche scientifiche sul fondale del Mare Glaciale Artico, effettuate con una rete a strascico al largo di a Rijpfjorden sull’isola di Spitsbergen, in Norvegia, gli scienziati a bordo della  RV Helmer Hansson hanno recuperato da 250 metri di profondità un tronco lungo 7 metri infestato da teredini vive.  Studi precedenti avevano già suggerito che, a causa del riscaldamento dell’oceano, le teredini stessero spostandosi dalle acque più calde verso latitudini più alte, ma secondo il team di scienziati la scoperta potrebbe anche riguardare una nuova specie di molluschi mangia legno che si sta espandendo nella regione artica e stanno analizzando il DNA di queste “termiti del mare” per capire di cosa si tratta davvero.

Ad essere molto preoccupati sono ricercatori come Oyvind Ødegård, un archeologo marino della Norges teknisk-naturvitenskapelige universitet che passa il suo tempo a cercare i relitti nelle fredde acque al largo delle coste della Norvegia centrale e nel Mar Baltico e che non avrebbe mai voluto vedere le insaziabili teredini che divorano i relitti. Inoltre, il legno pieno di termiti del mare è stato trovato molto più a nord dell’area dove opera solitamente Ødegård, che ora si chiede se ormai i suoi preziosi relitti abbiano i giorni contati, visto che le teredini sono in grado di sgranocchiare un’intera nave in pochi anni.

Ødegård ha anche utilizzato i robot marini semi-autonomi per cercare relitti anche vicino alle Svalbard, un remoto arcipelago privo di alberi nell’estremo nord dell’Artico, e spera di trovare e studiare centinaia, forse migliaia, di relitti delle baleniere e delle lance che cacciavano in quell’area nel XVII secolo, affondati dai cetacei o dagli scontri con gli iceberg o  stritolati dal ghiaccio marino.

Fino ad ora, le temperature fredde dell’Oceano Glaciale Artico avevano preservato i relitti tanto cari a  Ødegård dagli spauracchi degli archeologici marini, come i microbi e le teredini: nei gelidi fondali dell’Artico le navi dovrebbero conservarsi quasi intatte per centinaia di anni, quindi le Svalbard avrebbero dovuto essere  un ambiente favorevole per i relitti. Ora  Ødegård dice allo Smithsonian Magazine: «Sono sorpreso e piuttosto depresso per aver trovato  queste creature così a nord. Se questo avesse una dimensione climatica, le cose potrebbero deteriorarsi più velocemente di quanto pensassimo».

Un’indagine svolta nel settembre 2015 sul relitto della Figaro, una nave/fabbrica sulla quale si produceva olio di balena, aveva evidenziato una limitata presenza di  teredini, ma la Figaro, era affondata in un fiordo sulla costa occidentale delle Svalbard che è regolarmente raggiunta dall’acqua calda della Corrente del Golfo. Ødegård spiega preoccupato: «La nostra teoria è che con le temperature più calde, con il tempo la costa esposta alle acque atlantiche potrebbe vedere un aumento della presenza di teredini. Abbiamo potuto vedere la prova della presenza di teredine, ma era molto limitata. Il relitto che abbiamo trovato [Figaro] è in ottime condizioni».

Ma a gennaio, Jørgen Berge, un biologo marino dell’università norvegese di Tromsø, durante la ricerca sui pesci di fondale a bordo della RV Helmer Hansson, ha trovato il grosso tronco infestato di termiti del mare a nord dell’isola più settentrionale delle Svalbard. E’ abbastanza comune che questi tronchi arrivino alle Svalbard trasportati dalle correnti, ma  le teredini vive non avrebbero dovuto più esserci, visto che quest’area dell’arcipelago è interessata da correnti artiche molto fredde. «Naturalmente, questo cambia un po’ tutta la storia – dice Berge – L’alto Artico, in un fiordo freddo, è lontano da dove ci si aspetterebbe di trovare una tale specie».

La corrente del Golfo arriva fino alla costa occidentale della Norvegia e da qui si spinge verso le remote Svalbard, dove la corrente delle Spitzbergen trasporta i resti dell’acqua calda provenienti da sud, Quindi Berge ha pensato subito che le teredini avessero utilizzato le correnti come autostoppisti oceanici, ma poi si è accorto che le larve trovate nel legno erano a vari stadi di sviluppo, quindi le termiti di mare erano  lì  da tempo. Il suo team sta ancora indagando sull’origine del tronco e delle teredini e non si sa ancora se si tratti di una specie precedentemente non identificata che resisterebbe alle basse temperature dell’Oceano Glaciale Artico oppure di una specie meridionale che sta espandendo il suo areale verso nord, approfittando del riscaldamento globale.

Su Smithsonian Magazine Michelle Z. Donahue  fa notare che «Le teredini non sarebbero  il primo precursore di una tendenza al riscaldamento intorno all’arcipelago. Le cozze blu, che non possono sopravvivere nell’acqua molto fredda, hanno prosperato sull’arcipelago durante un periodo caldo che ha avuto inizio intorno 10.500 anni fa. Si estinsero durante l’epoca vichinga, quando le temperature globali calarono.  Nel 2004, Berge ha scoperto che erano di nuovo tornate  alle Svalbard, dopo una pausa di 1.000 anni. Gli sgombri hanno ampliato il loro areale includendo le Svalbard, così come l’aringa e l’eglefino, altre specie che precedentemente si trovavano molto più a sud. Anche il merluzzo atlantico si è fatto strada verso l’Artico, sfidando per lo spazio e le risorse il nativo merluzzo polare».

Berge sottolinea: «Lavorando nell’alto Artico, si ha il primo segnale di quanto sia il cambiamento, il riscaldamento climatico sta influenzando l’ambiente biologico. Per alcune specie, può essere una battaglia su due fronti. La scoperta delle teredini rappresenta un po’ una spada a doppio taglio: è intrigante la possibilità di una nuova specie endemica di teredine artica, costernazione per il fatto che, se si tratta di una nuova specie, sia stato avvistata solo perché le regioni precedentemente chiuse dal ghiaccio stanno diventando sempre più accessibili a causa del riscaldamento. Prima di poter dire qualcosa su che tipo di minaccia potrebbe essere, abbiamo semplicemente bisogno di sapere con che cosa abbiamo a che fare. Ma, mentre gli oceani dell’Artico si aprono e c’è sempre meno ghiaccio marino, probabilmente faremo molte nuove scoperte nell’oceano che fino ad ora è rimasto più o meno off-limits. La nostra conoscenza dell’Oceano Artico centrale è estremamente limitata».

Secondo Ødegård, in entrambe le circostanze, le prospettive per il patrimonio culturale subacqueo potrebbero  non essere molto allegre: «Una nuova specie potrebbe spostarsi verso sud e attaccare i relitti. Le specie meridionali che migrano verso nord nelle acque in riscaldamento potrebbe fare lo stesso. E con un aumento del trasporto marittimo, dato che gli oceani liberi dai ghiacci diventeranno più affidabili, anche altri organismi rilasciati dalle acque di zavorra potrebbero potenzialmente diventare stabili».

Eppure, non tanto perché non è ancora chiaro se la colpa sia del clima o se le teredini siano una nuova specie, Berge non crede che ci si debba allarmare troppo: .«Non credo certo che sia una scoperta una tantum,. Ma la mia sensazione è che, una volta che avremo più dati e una maggiore comprensione, questo  sarà un tipo di storia diverso».