Per greenreport l’analisi dei risultati da parte di uno dei co-autori, Piero Genovesi

L’arma vincente contro la perdita di biodiversità? L’eradicazione dei mammiferi invasivi

Uno studio globale sulle isole conferma i grandi benefici: roditori, capre, e gatti inselvatichiti rappresentano una minaccia gravissima per le specie autoctone

[24 Marzo 2016]

Realizzare eradicazioni di mammiferi invasivi sulle isole è una delle misure più efficaci che si possono attuare per arrestare la perdita di biodiversità. Questa è la conclusione del primo studio globale, condotto da oltre 30 esperti mondiali, che quantifica i benefici delle eradicazioni per proteggere le specie minacciate.

Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Proceedings of the national academy of Sciences (Pnas) e intitolato “Invasive-mammal eradication on islands results in substantial conservation gains” ha esaminato come le specie autoctone hanno risposto a progetti che hanno eradicato mammiferi invasivi nelle isole del mondo. I ricercatori hanno trovato che 596 popolazioni di 236 specie autoctone su 181 isole hanno avuto un beneficio significativo dalle eradicazioni.

«Sappiamo da tempo che le eradicazioni di mammiferi invasivi sono un potente strumento di conservazione, ma questa è la prima volta che questi effetti sono quantificati a scala globale – spiega la ricercatrice che ha coordinato lo studio, Holly Jones, dell’Institute for the study of the environment, sustainability, and energy della Northern Illinois University – Si spendono 21 miliardi di dollari ogni anno per la conservazione della natura. Solo una piccola frazione di questo va nelle eradicazioni di specie invasive e nonostante questo, tale forma di intervento, relativamente semplice, ha aiutato centinaia di specie animali minacciate. È una notizia bellissima per chi si occupa di prevenire le estinzioni».

Il gruppo di ricerca ha analizzato i database disponibili, compreso il Global invasive species database ospitato presso Ispra, e ha condotto una approfondita analisi della letteratura sul tema, oltre a intervistare esperti, per stimare gli effetti positivi sulle specie autoctone derivate dalle eradicazioni di mammiferi invasive sulle isole del mondo.

Lo studio ha documentato risposte molto positive, con il recupero delle popolazioni di specie minacciate, e progetti che hanno permesso la reintroduzioni di specie che erano scomparse. Quattro specie minacciate hanno migliorato il loro stato di conservazione anche per l’eradicazione delle specie invasive che le mettono in pericolo: la volpe delle isole in California, la gazza delle Seychelles, la procellaria di Cook in Nuova Zelanda e la Berta dal ventre nero in Messico.

Quando vengono introdotti sulle isole, i mammiferi – soprattutto roditori, capre, e gatti inselvatichiti – rappresentano una minaccia gravissima per le specie autoctone per predazione, competizione e per la distruzione degli habitat. I ricercatori hanno registrato alcuni esempi di risposta straordinaria alle eradicazioni. Per esempio l’uccello delle tempeste della Nuova Zelanda, ritenuto estinto da oltre 150 anni, è stato recentemente riscoperto in un’isola dove sono stati eradicati ratti e gatti.

Negli ultimi decenni i programmi di eradicazione sono molto aumentati, e sono stati realizzati anche in isole abitate e di grandi dimensioni. Gli autori dello studio sperano che i risultati raccolti incoraggino un maggiore ricorso a questa forma di intervento, che potrebbe salvare dall’estinzione molte specie minacciate.

di Piero Genovesi (coautore dello studio) per Greenreport