La rapida crescita del plancton nell’Oceano Atlantico è un segnale dell’aumento della CO2

Il cambiamento degli ecosistemi oceanici è più veloce (e diverso) del previsto

[27 Novembre 2015]

 

Nell’Oceano Atlantico settentrionale una microscopica alga marina è così fiorente da sfidare ogni previsione scientifica, suggerendo un che sia in corso da decenni un rapido cambiamento ambientale dopo un aumento dell’anidride carbonica nell’oceano.

A rivelarlo è uno studio pubblicato su  Science e  condotto da un team guidato da Anand Gnanadesikan, un oceanografo della  Johns Hopkins University. Resta da vedere cosa significhi tutto ciò e se la rapida crescita della popolazione di plancton sia una buona o cattiva notizia per il pianeta.

Lo studio mostra un aumento di 10 volte l’abbondanza dei coccolitoforidi unicellulari tra il 1965 e il 2010, e un picco particolarmente alto alla fine degli anni ’90 della popolazione di questi fitoplancton galleggiante.

Gnanadesikan evidenza che «Qui sta succedendo qualcosa di strano e sta accadendo molto più rapidamente di quanto pensassimo che dovrebbe. Il report pubblicato su Science è certamente una buona notizia per le creature che mangiano coccolitoforidi, ma non è chiaro di che cosa si tratti. Quello che è preoccupante è che il nostro risultato fa capire quanto poco sappiamo sul complesso funzionamento degli ecosistemi. I risultati dello studio mettono comunque in evidenza la possibilità di rapidi cambiamenti dell’ecosistema, il che suggerisce che i modelli prevalenti di come questi sistemi rispondono ai cambiamenti climatici potrebbe essere troppo prudenti».

Ma c’è un altro problema: quando la percentuale di coccolitoforidi nella comunità oceaniche sale, l’abbondanza di altri gruppi di plancton cala. Gli autori dello studio hanno scoperto che, a livello locale, l’abbondanza relativa di un’altra classe importante di alghe, le diatomee, è diminuita nel corso dei 45 anni di campionamento.

Lo studio del team di Gnanadesikan  è stata realizzata grazie al Continuous Plankton Recorder (CPR), un progetto attivo  nell’Oceano Atlantico settentrionale e nel Mare del Nord a partire dalla metà degli anni ’60 edattualmente finanziato dalla Sir Alister Hardy Foundation for Ocean Sciences . che ha sostenuto anche lo studio che suggerisce che «l’aumento di anidride carbonica negli oceani sta causando il picco della popolazione coccolitoforidi – dice Sara Rivero-Calle, della  Johns Hopkins e principale autrice  dello studio – Una pila di studi di laboratorio supporta questa ipotesi. L’anidride carbonica è un gas serra che è già considerato dagli scienziati come uno dei fattori scatenanti del riscaldamento globale. Le nostre analisi statistiche sui dati sul campo presi dal CPR puntano sul biossido di carbonio come miglior predittore della crescita dei coccolitoforidi, Le conseguenze dell’emissione di tonnellate di CO2 nel corso degli anni sono già qui e questo è solo la punta di un iceberg».

Gli altri co-autori sono Carlos del Castillo, un biologo-oceanografo che attualmente dirige l’ Ocean Ecology Laboratory della Nasa, e Seth Guikema, che dalla Johns Hopkins è passato a lavorare all’università del Michigan.

Il CPR survey è uno studio in continuo del  plancton, organismi galleggianti che formano una parte fondamentale della catena alimentare marina. Il progetto è stato lanciato da un biologo marino britannico nel Nord Atlantico e del Mare del Nord nei primi anni ’30 ed è condotto da navi commerciali che trainano retini per la raccolta di plancton mentre  navigano lungo le loro normali rotte.

Un altro degli autori, lo statunitense William M. Balch del the Bigelow Laboratory for Ocean Sciences del Maine, uno dei massimi esperti di alghe del mondo, ha detto che «Gli scienziati si aspettavano che l’acidità degli oceani, dovuta ad un aumento dell’anidride carbonica avrebbe soppresso questi organismi dal guscio calcareo. Non è stato così. D’altra parte, un loro maggiore abbondanza è coerente con la loro storia di indicatori del cambiamento ambientale. I coccolitoforidi sono stati in genere più abbondante durante il periodo interglaciale caldo della Terra e nei periodi con elevata CO2. I risultati qui presentati sono coerenti con tutto questo e possono far presagire, come il “canarino nella miniera di carbone”, dove siamo diretti climatologicamente. Questo ci  fornisce un esempio di come le comunità marine di  un intero bacino oceanico stanno rispondendo all’aumentare dei livelli di biossido di carbonio. Tali esempi di vita reale dell’impatto di aumentare di CO2  sulla rete trofica marina sono importanti da evidenziare  mentre il mondo si riunirà a Parigi la prossima settimana in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici».

I coccolitoforidi sono alghe monocellulari ricoperti di singolari strutture chiare fatte di carbonato di calcio e svolgono un ruolo nel ciclo del carbonato di calcio, un fattore che determina i livelli di anidride carbonica nell’atmosfera. Nel breve periodo rendono più difficile da rimuovere l’anidride carbonica dall’atmosfera, ma nel lungo periodo –  di decine e centinaia di migliaia di anni – aiutano a rimuovere la CO2 dall’atmosfera e degli oceani e a confinarla nelle profondità oceaniche.

Queste minuscole creature da eoni lasciano il loro segno sul nostro pianeta, aiutando gli odierni scienziati a decifrare i cambiamenti ambientali più significativi. Le bianche scogliere di Dover sono candidea causa dei massicci depositi di coccolitoforidi. Ma un esame più attento mostra che  i depositi bianchi sono interrotti da sottili strati scuri di selce, prodotte da organismi che hanno gusci vitrei in silicio, Gnanadesikan spiega che «Questi rappresentano chiaramente importanti cambiamenti nel tipo di ecosistema. Ma se non si capisce che cosa provoca l’abbondanza dei  coccolitoforidi, non possiamo capire che cosa sta provocando questi cambiamenti. E’ l’anidride carbonica?»