L’ultimo aggiornamento del Parco nazionale, dopo l’uccisione della madre a fucilate

I due figli (maschi) dell’orsa Amarena stanno bene, sono usciti dal letargo

«Siamo felici di averli lasciati liberi in natura: sanno orientarsi da soli, dall’uomo non hanno bisogno di cibo ma solo di rispetto»

[11 Aprile 2024]

Sul finire della scorsa estate l’orsa Amarena, amatissimo esemplare di orso marsicano – simbolo del Parco nazionale Abruzzo Lazio e Molise (Pnalm) – venne deliberatamente uccisa a fucilate fuori dall’area contigua all’area protetta.

Le successive modalità di gestione dei due cuccioli di Amarena è stata attentamente valutata dal Pnalm, e a oggi si dimostra un pieno successo.

Il Parco informa infatti che i due orsi (maschi, come appurato dalle analisi genetiche effettuate dall’Ispra sui campioni raccolti) sono infatti usciti dal letargo invernale e stanno bene.

«Tra circa un mese – dichiarano dal Parco – potrebbero separarsi, come avviene per gli altri giovani orsi che vengono smammati a primavera dalle loro mamme, o restare insieme il tempo giusto per darsi ancora sostegno e rimandare a quanto sono ancora più grandi la separazione. Da qui a poco tempo, dunque, non sarà affatto facile individuarli, non saranno diversi da tutti gli altri orsi della stessa età che si sono separati dalle loro madri. Sarà possibile essere sicuri della loro identità unicamente attraverso la genetica. Oggi siamo felici della scelta di averli lasciati liberi in Natura, una scelta per nulla facile né scontata, ma l’unica opportuna per dargli la possibilità di essere due orsi marsicani selvatici, entrambi vivi al termine del primo inverno, anche senza la mamma».

Quale sarà il destino di questi due orsi? «Al momento questo è impossibile dirlo – concludono dal Parco – Possiamo essere sicuri che sanno orientarsi da soli, che non hanno bisogno del cibo e dall’uomo hanno bisogno solo di rispetto così come fatto fino ad oggi, senza dimenticare mai che sono solo due esemplari di una popolazione di circa 60 orsi che ce la sta mettendo tutta per sopravvivere. Non dimentichiamoci che anche ognuno di noi deve fare la propria parte, aumentando le conoscenze e la consapevolezza verso una coesistenza possibile, concreta e soprattutto rispettosa».