I delfini tursiopi parlano con i loro cuccioli in maternese

Suoni paragonabili a quelli delle mamme umane e dei caregiver che cambiano voce con neonati e bambini

[30 Giugno 2023]

Le mamme umane e altre persone che si occupano dei bambini spesso modificano il loro modo di parlare “adulto” quando comunicano con neonati e bambini piccoli. Questo “maternese” (child-directed communication – CDC) ha una firma acustica che include un tono più alto e una gamma di toni più ampia, e si pensa che nei bambini promuova l’attenzione, il legame e l’acquisizione del linguaggio.

Ma gli umani potrebbero non essere gli unici mammiferi a usare il maternese con la loro prole; secondo lo studio “Bottlenose dolphin mothers modify signature whistles in the presence of their own calves”, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da un team di ricercatori della  Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI), dell’università di  Milano Bicocca, dello  Scottish Oceans Institute e della Chicago Zoological Society, «I delfini tursiopi sembrano modificare in modo simile i loro segnali di comunicazione quando sono con i loro piccoli».

Infatti, da un’analisi delle registrazioni effettuate durante brevi eventi di cattura e rilascio di tursiopi selvatici (Tursiops truncatus) al largo di Sarasota Bay, in Florida, è emerso che «Le femmine producevano fischi caratteristici con frequenze massime significativamente più alte e intervalli di frequenza più ampi quando venivano registrate con i loro con cuccioli dipendenti da loro.

Un audio registrato con il permesso NMFS MMPA n. 20455 rilasciato al Sarasota Dolphin Research, Program dimostra che «Le madri di delfini tursiopi modificano i loro fischi caratteristici in modi simili al “maternese umano, un modello di linguaggio che è quasi universalein tutte le culture e le lingue negli operatori sanitari umani. In questo esempio, rallentato 8 volte per rendere questi suoni ad alta frequenza udibili all’orecchio umano, il caratteristico fischio di una madre di tursiope raggiunge un tono notevolmente più alto nel secondo fischio, quando era con la sua prole.

Lo studio evidenzia che «Queste differenze si allineano con le frequenze fondamentali più alte e le gamme di intonazione più ampie osservate nel CDC umano. I nostri risultati forniscono prove in un mammifero non umano per i cambiamenti nelle stesse vocalizzazioni quando prodotte in presenza o in assenza di prole, e quindi supportano fortemente l’evoluzione convergente della comunicazione maternese, o child-directed, nei delfini tursiopi. Il CDC può funzionare per migliorare l’attenzione, il legame e l’apprendimento vocale nei cuccioli di delfino, come nei bambini umani. I nostri dati si aggiungono al crescente numero di prove che i delfini forniscono un potente modello animale per studiare l’evoluzione dell’apprendimento vocale e del linguaggio».

La principale autrice dello studio, la biologa della WHOI Laela Sayigh, ha commentato: «E’ davvero emozionante trovare prove di CDC in un’altra specie di mammiferi, anche se non possiamo necessariamente parlare della sua funzione nei delfini. Il fatto che i delfini usino il maternese è un eccellente esempio di ciò che chiamiamo evoluzione convergente. Cioè, un tipo simile di strategia comunicativa si è evoluto in tre specie molto diverse: umani e delfini, così come nei fringuelli zebra. Questo è certamente indicativo dell’idea che il maternese probabilmente svolga una qualche funzione, anche se non siamo in grado di verificarlo».

Lo studio sottolinea che «I ricercatori “attualmente non conoscono né i driver meccanicistici né le funzioni del CDC nei tursiopi. Ad esempio, le differenze acustiche potrebbero insorgere come conseguenza di cambiamenti fisiologici associati alla lattazione e/o al comportamento dei genitori».

lo studio fa notare che «Le funzioni della CDC potrebbero includere l’apprendimento vocale, la promozione di legami sociali, il targeting dei destinatari o la facilitazione dell’identità del chiamante, o potrebbero essere inesistenti, se i cambiamenti acustici osservati sono semplicemente sottoprodotti senza valore adattivo. Inoltre, non siamo in grado di determinare se i delfini siano flessibili nel loro uso del CDC come gli umani, che sono in grado di modulare la loro produzione vocale momento per momento, a seconda del loro pubblico. Sono necessarie ulteriori ricerche su questo aspetto, nonché per chiarire se il CDC sia effettivamente preferito dai cuccioli, come lo è dai neonati umani (rispetto al linguaggio diretto dagli adulti). Sebbene quest’ultima scoperta non aumenterebbe ancora la nostra comprensione della base meccanicistica, suggerirebbe comunque che i delfini si sono evoluti per capitalizzare questa preferenza e/o il verificarsi di CDC».

La popolazione di tursiopi studiata era una comunità residente e vicino a Sarasota Bay che è stata al centro di un programma di ricerca durato per più di 50 anni e guidato dal Sarasota Dolphin Research Program della Chicago Zoological Society. La ricerca per questo studio ha comportato l’analisi delle registrazioni di 19 femmine adulte di tursiopi che, durante brevi valutazioni sanitarie di cattura e rilascio, sono state temporaneamente dotate di idrofoni con ventose attaccate direttamente alla testa di ciascun delfino.

Alla WHOI ricordano che «Sebbene il CDC si presenti in una varietà di culture umane, le prove tra le specie non umane sono molto limitate. Un esempio sono i fringuelli zebra maschi adulti ( Taeniopygia guttata ), noti per aver modificato i parametri acustici del loro canto quando cantano in presenza di giovani rispetto a quando cantano da soli o con le femmine. Altre specie, comprese le scimmie scoiattolo adulte (Saimiri sp.) e i macachi rhesus (Macaca mulatta), usano diversi tipi di vocalizzazione quando comunicavano con membri giovani rispetto a membri più anziani della loro stessa specie, ma questo è abbastanza diverso dai cambiamenti più sottili associati al CDC negli umani».

Lo studio rileva anche che le femmine di pipistrelli Saccopteryx bilineata producono  vocalizzazioni dirette ai cuccioli che differiscono per timbro e frequenza di picco dalle vocalizzazioni direttedagli adulti, «Tuttavia, anche la struttura delle vocalizzazioni dirette dai cuccioli era notevolmente diversa e non è chiaro se queste differenze rappresentino l’uso di un diverso tipo di vocalizzazione piuttosto che i cambiamenti più sottili all’interno dei tipi di vocalizzazione caratteristici del CDC negli esseri umani».

La co-autrice principale dello studio, Nicole El Haddad dell’università Bicocca di Milano, che ha condotto il progetto di tesi del suo master sulla bioacustica dei delfini tursiopi come studente ospite alla WHOI, sottolinea che «E’ stato ben documentato che i delfini sono in grado di apprendere la produzione vocale, che è un aspetto chiave della comunicazione umana. Questo studio aggiunge nuove prove sulle somiglianze tra delfini e umani. Detto questo, sono fiduciosa che questa interessante scoperta possa aumentare la consapevolezza dell’opinione pubblica in generale sulla protezione di questa specie carismatica. Questo studio potrebbe essere un trampolino di lancio, ispirando altri scienziati a concentrarsi sulla comunicazione diretta ai cuccioli in altre specie. Sarebbe interessante confrontare gli aspetti vocali di diverse madri di mammiferi marini in presenza o meno della loro prole».

Un altro autore dello studio, Frants Havmand Jensen  della WHOIe delle università di Aarhus e Syracuse, conclude; «Lo studio rivela un caso intrigante di evoluzione convergente in cui le femmine di tursiope modificano le singole vocalizzazioni (i loro fischi caratteristici) in presenza dei loro piccoli, rispecchiando i cambiamenti acustici osservati nel maternese umano. I nostri risultati hanno anche il potenziale per migliorare gli sforzi di monitoraggio delle popolazioni. Stiamo sviluppando strumenti per ascoltare i fischi unici dei singoli animali. Se potessimo rilevare in modo affidabile i sottili cambiamenti nei fischi distintivi quando sono presenti i cuccioli, allora potremmo usarli per comprendere il successo riproduttivo e la salute generale della popolazione dei delfini selvatici».