I batteri della pelle potrebbero salvare le rane da virus e funghi mortali

Le singole popolazioni di rane comuni hanno biomi diversi tra loro

[24 Giugno 2019]

Il Ranavirus uccide un gran numero di rane europee (Rana temporaria) – una tra le specie più frequenti nei nostri stagni – ed è una delle molte minacce che colpiscono gli anfibi in tutto il mondo. Ora lo studio “Outbreaks of an emerging viral disease covary with differences in the composition of the skin microbiome of a wild UK amphibian”, pubblicato su Frontiers in Microbiology da un team di ricercatori britannici dell’università di Exeter e dell’Istituto di zoologia della Zoological Society of London (Zsl) ha confrontato paragonato il microbioma che vive sulle rane con la presenza e l’incidenza di ranavirus, scoprendo che le popolazioni di frane colpite più volte da focolai del ranavirus avevano un microbioma cutaneo “distinto” rispetto a quelle dove non si erano verificati focolai.

Il principale autore dello studio Lewis Campbell dell’Environment and Sustainability Institute dell’università di Exeter e della Zsl  spiega che «Se una popolazione di rane si ammala potrebbe dipendere dalle specie di batteri che vivono sulla loro pelle. Il ranavirus è diffuso, ma la sua presenza nell’ambiente non significa necessariamente che le rane siano malate: sembra che a determinarlo  sia un altro fattore. La pelle è spesso il primo punto di infezione del ranavirus e il primo stadio della malattia può essere la pelle. E’ possibile che la struttura del microbioma di una rana – il mix di batteri sulla sua pelle – possa inibire la crescita e la diffusione del virus in modo che non possa raggiungere un livello che causa la malattia. Mentre i risultati del nostro studio dimostrano un chiaro legame tra il microbioma e la malattia della pelle della rana, saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere gli esatti meccanismi che causano il formarsi di questa relazione».

I ricercatori britannici – finanziati dal Natural Environment Research Council, dalla Royal Society e dalla Marie Curie Foundation – sperano che i test di laboratorio aiuteranno a stabilire se una storia di infezione da ranavirus causi differenze nel microbioma o se si tratti di differenze preesistenti che predispongono alcune popolazioni all’infezione. Gli scienziati hanno testato i batteri della pelle di oltre 200 rane comuni europee selvatiche adulte provenienti da 10 diverse  popolazioni e hanno scoperto che «Il microbioma delle singole rane è di solito più simile a quello delle altre nella stessa popolazione (quelle che vivono nella stessa area geografica), ma che le popolazioni con la stessa storia patologica erano più simili tra loro che alle popolazioni con una storia patologica opposta».

All’università di Exeter fanno notare che «Anche se gli anfibi possono “curare” parzialmente il loro microbioma producendo proteine ​​a beneficio di specifici batteri, si limitano a quei batteri che sono disponibili nel loro ambiente». Il ranavirus può spazzare via intere popolazioni di rane comuni e, sebbene le nuove scoperte necessitino di ulteriori indagini, i ricercatori sperano che il loro lavoro possa aiutare le specie.

Un altro autore dello studio, Xavier Harrison della Zsl e del College of life and environmental sciences di Exeter, sottolinea altre importantissime ricadute della scoperta: «C’è una crescente evidenza che i batteri della pelle possono proteggere gli anfibi da agenti patogeni letali come il fungo chytrid e che possiamo sviluppare cocktail di batteri probiotici per prevenirne la contrazione negli individui vulnerabili. Il nostro lavoro suggerisce che con un sufficiente sforzo e ricerca, terapie probiotiche simili potrebbero essere efficaci contro il ranavirus».