Gli alberi si surriscaldano nella foresta pluviale più calda

Le specie più grandi che immagazzinano più carbonio sono le più a rischio di collasso

[28 Settembre 2022]

«La capacità delle foreste pluviali di immagazzinare carbonio può diminuire di pari passo con il cambiamento climatico. Questo è dovuto ai tassi di fotosintesi nelle foglie delle specie della foresta pluviale che calano a temperature più elevate e ai sistemi di raffreddamento naturale degli alberi che collassano durante la siccità. L’aumento del caldo minaccia soprattutto le specie che immagazzinano la maggior parte del carbonio». E’ quanto emerge dalla nuova tesi di dottorato “Thermal plasticity and limitations in tropical trees” di Maria Wittemann dell’institutionen för biologi och miljövetenskap della  Göteborgs universitet.

All’università svedese, che ha rilanciato con grande rilievo la tesi della Wittemann, spiegano che «Alcune specie di alberi sono in grado di gestire il caldo crescente nei tropici aspirando grandi quantità di acqua dalle foglie e traspirando attraverso i pori aperti delle foglie. Si tratta principalmente di alberi a crescita rapida che si affermano presto con la crescita di una foresta pluviale. Lo stesso non si può dire per gli alberi che costituiscono la volta delle foreste pluviali nelle foreste secolari. Crescono più lentamente, ma diventano sempre più grandi e le loro foglie non hanno la stessa capacità di raffreddarsi attraverso la traspirazione».

La Wittemann ricorda che «I tropici non hanno vissuto l’era glaciale e quindi hanno avuto un clima relativamente stabile sia storicamente che stagionalmente. Con il cambiamento climatico, ha iniziato a fare più caldo e poi abbiamo visto che alcune specie di alberi mostravano un aumento dei tassi di mortalità, ma prima non sapevamo davvero perché».

La ricercatrice svedese ha studiato diverse specie di alberi che possono essere approssimativamente suddivise in specie a successione precoce, che si stabiliscono presto in una nuova foresta pluviale, e specie di successione tardiva, che crescono più lentamente ma diventano considerevolmente più grandi e che sono quindi a lungo termine un pozzo di carbonio più grande. Una differenza evidente è il modo in cui gli alberi dei due gruppi gestiscono il caldo le specie a più rapido insediamento aprono i pori delle loro foglie, attraverso le quali traspirano grandi quantità di acqua, mantenendo così bassa la temperatura nelle loro foglie, qualcosa di simile a un sistema di condizionamento dell’aria. Le specie tardive non aprono molto i pori e quindi per loro è più difficile per loro rimanere fresche.

La Wittemann conferma: «Nelle nostre misurazioni abbiamo riscontrato grandi differenze di temperatura nelle foglie. Potrebbe esserci una differenza di 10 gradi Celsius tra le specie a successione tardiva e le specie prime nella successione che crescono nello stesso sito. Le specie a successione tardiva hanno avuto più difficoltà a far fronte a temperature anormalmente elevate. Questi alberi avevano un tasso di mortalità più elevato».

Ma anche la traspirazione abbondante delle specie in grado di gestire il caldo attraverso le foglie richiede anche molta acqua. I ricercatori hanno notato che, durante un periodo di siccità le specie a successione veloce erano diventate più vulnerabili al caldo e lasciavano cadere le foglie. Mentre, grazie al loro ridotto consumo di acqua, specie a successione tardiva erano più resistenti alla siccità.

Per la Wittemann «I nostri risultati dimostrano che i tassi di fotosintesi negli alberi della foresta pluviale diminuiscono quando la temperatura delle loro foglie aumenta, cosa che si verifica principalmente nelle specie tardive. Le proteine ​​e le membrane delle loro foglie, essenziali per la fotosintesi, collassano e alla fine gli alberi muoiono a causa della fame di carbonio perché non riescono a convertire abbastanza anidride carbonica dall’aria. Questo riguarda l’intero ecosistema. Sappiamo, per esempio, che alcuni animali mangiano i frutti delle specie tardive». Ricerche precedenti hanno dimostrato che la situazione è peggiore in Amazzonia, un pozzo di carbonio che entro il 2035 potrebbe diventare una fonte di carbonio. Nelle foreste pluviali africane, il cambiamento climatico non è ancora arrivato a questo punto.

La ricerca della Göteborgs universitet  viene condotta nelle foreste di alta quota del Rwanda in collaborazione con l’ University of Rwanda. Gli alberi sono stati studiati in situ, ma i semi sono stati piantati anche in camere climatiche a Göteborg per studiarne lo sviluppo a diverse temperature.

La Wittemann  conclude: «Stiamo lavorando con vari stakeholders  in Rwanda. Non è rimasta molta foresta pluviale in Rwanda e quando piantano nuovi alberi, vogliono sapere quali specie autoctone saranno in grado di sopravvivere in un clima più caldo».