Due paleontologi dilettanti scoprono un nuovo sito con fossili di importanza mondiale nel sud della Francia

Quasi 400 fossili conservati in maniera eccezionale, risalenti a 470 milioni di anni fa, forniscono nuove informazioni sugli ecosistemi polari dell’Ordoviciano

[12 Febbraio 2024]

Lo studio  “The Cabrières Biota (France) provides insights into Ordovician polar ecosystems”, pubblicato su Nature Ecology & Evolution,  da un team di ricercatori dell’Université de Lausanne (UNIL),< e del CNRS francese illustra un’eccezionale scoperta realizzata da appassionati di paleontologia hanno scoperto un sito fossile tra i più ricchi e diversificati al mondo per il periodo dell’Ordoviciano inferiore (circa 470 milioni di anni fa).

All’UNIL evidenziano che «Situato nella Montagne noire, nel dipartimento dell’Hérault in Francia, questo deposito di oltre 400 fossili si distingue per la sua fauna eccezionalmente conservata. Oltre alle conchiglie, contiene – e questa è una rarità – elementi molli come apparati digerenti e cuticole, in notevole stato di conservazione. Un’altra particolarità è che questo biota un tempo era situato più vicino al Polo Sud, il che ci permette di sollevare il velo sulla composizione degli ecosistemi più meridionali mai osservati in quel momento.

Il CNRS conferma che «Il sito di Cabrières, vicino a Pézenas, testimonia l’ambiente più vicino al Polo Sud finora mai osservato. Si colloca quindi tra i giacimenti più ricchi e diversificati del mondo per il periodo Ordoviciano. Si distingue per un eccezionale livello di conservazione che ha permesso il rarissimo ritrovamento di organismi dal corpo molle. In particolare, la scoperta di un’ampia gamma di alghe e spugne contribuisce a una migliore comprensione del loro ruolo fondamentale nell’ecosistema dell’epoca. Queste osservazioni mettono in discussione la precedente idea di un declino della biodiversità o di un’estinzione biologica tra i periodi Cambriano e Ordoviciano circa 485 milioni di anni fa». La grande biodiversità osservata conferma l’ipotesi di una migrazione di specie verso l’emisfero sud. L’autore principale dello studio, Farid Saleh Uno dell’università di Losanna, spiega che «In questo periodo di intenso riscaldamento globale, le comunità polari vivevano in rifugi alle alte latitudini, in fuga dalle temperature equatoriali estreme» e un altro autore, Jonathan Antcliffe, anche lui dell’UNIL, S sottolinea che «Il lontano passato ci offre uno sguardo al nostro possibile futuro prossimo».

Lo studio del sito pubblicato su Nature Ecology & Evolution è il punto di partenza di un programma di ricerca che si estenderà per diversi anni, con scavi su larga scala seguiti da analisi approfondite dei fossili. tecniche di imaging innovative. Questo comporterà la rivelazione in dettaglio della loro anatomia esterna ed interna, delle loro relazioni e del loro modo di vivere. E tutto nasce dalla passione di due ricercatori dilettanti, Eric Monceret e Sylvie Monceret-Goujon, che, non nascondono il loro entusiasmo: «Abbiamo cercato fossili dall’età di vent’anni – dice Monceret – Questa passione ci è arrivata grazie ai genitori di Sylvie, Claude e Monique Goujon, da sempre appassionati di fossili e minerali. Dopo aver letto alcuni appunti e data la vicinanza della Montagne Noire, abbiamo iniziato ad esplorare il massiccio. La diversità e la ricchezza del territorio ci hanno subito affascinato e abbiamo voluto saperne di più. Abbiamo cercato di entrare in contatto con i Maîtres de la paléontologie de la Montagne Noire e abbiamo avuto l’opportunità di incontrare padre Courtessole nel 1989 che ci ha incoraggiato a continuare la ricerca e ci ha presentato il suo successore Daniel Vizcaïno. Successivamente abbiamo lavorato con Bertrand Lefebvre del CNRS di Lione e oggi con Farid Saleh dell’Università di Losanna».

Monceret e la Monceret-Goujon ricordano che di fronte a quanto andavano scoprendo «I nostri sentimenti si sono evoluti nel tempo. All’inizio della ricerca siamo rimasti particolarmente sorpresi dalla particolarità della fauna che abbiamo trovato. Alcuni erano conosciuti ma altri presentavano uno stato di conservazione insolito o non erano mai stati ritrovati o riconosciuti nella Montagne Noire. Avevamo paura di sbagliare nelle nostre determinazioni e non osavamo sperare che fossero corrette. Abbiamo capito che la nostra scoperta era importante poiché abbiamo accumulato questi organismi indeterminati di eccezionale conservazione. E abbiamo capito che questa scoperta avrebbe avuto conseguenze importanti quando Bertrand Lefebvre ci ha consigliato di passare alcuni dei nostri campioni a Farid Saleh, e lui ci ha subito chiesto di lavorare con lui. Infine, abbiamo provato una grande soddisfazione personale su più livelli. In particolare quella di avere la possibilità di iscriverci nella  Grande liste des chercheurs amateurs reconnus de la Montagne Noire ma anche quella di partecipare alla costruzione della conoscenza del nostro pianeta».

E i due appassionati paleontologi dilettanti continueranno a collaborare con gli scienziati: «Sì certo, se ci vogliono ancora! Lavoriamo con loro quasi da sempre e continueremo a farlo, soprattutto con Farid e il suo team per diversi motivi. Innanzitutto perché abbiamo fiducia in loro, il che garantisce il buon utilizzo della nostra ricerca. Ma anche perché sono rispettosi e riconoscenti, e hanno saputo metterci in luce con la loro pubblicazione».