Quest’anno il 30% dell’olio extravergine di oliva italiano non verrà prodotto causa siccità

Coldiretti: «Ha messo in stress idrico gli uliveti danneggiando prima la fioritura e poi le gemme, soprattutto in quelle zone dove non si è potuto intervenire con le irrigazioni di soccorso»

[14 Settembre 2022]

Sta iniziando in questi giorni la raccolta delle olive 2022/2023, a partire dalla Sicilia per poi risalire la Penisola fino a Nord dove l’ulivo con i cambiamenti climatici è arrivato fino alle vallate alpine. Ma, nonostante quest’ampliamento, si stima un calo del 30% della produzione nazionale.

Come mai? A spiegarlo è il report 2022, la guerra dell’olio Made in Italy, presentato oggi da Coldiretti – la più grande associazione nazionale di agricoltori – e Unaprol.

«A pesare sulla produzione nazionale, con un calo stimato del -30% – rimarca Coldiretti – è stata una siccità devastante mai vista negli ultimi 70 anni che ha messo in stress idrico gli uliveti danneggiando prima la fioritura e poi le gemme, soprattutto in quelle zone dove non si è potuto intervenire con le irrigazioni di soccorso per dissetare e rinfrescare le piante. Ma diverse aziende hanno deciso di non intervenire per gli elevati costi di carburante, elettricità, service e prodotti di supporto alla nutrizione dei terreni. Salva la qualità, con l’Italia che può vantare il più ricco patrimonio di varietà di olii a livello mondiale».

E se i costi crescono mentre scendono i ricavi delle imprese, il carrello della spesa delle famiglie registra aumenti dei prezzi al dettaglio per la maggior parte dei prodotti della tavola con l’olio extravergine d’oliva per il quale sono attesi forti rincari sugli scaffali in autunno con l’arrivo delle nuove produzioni.

La raccolta – dettagliano Coldiretti e Unaprol – è partita in Sicilia, che da sempre anticipa tutte le altre regioni italiane con una produzione in netto calo rispetto alla campagna precedente, attestatasi intorno a 330 milioni di chili di olio prodotto.

Il calo è diffuso del Sud Italia, specie nelle regioni più vocate all’olivicoltura come Puglia e Calabria, che da sole rappresentano circa il 70% della produzione olivicola nazionale. Specialmente in Puglia, cuore dell’olivicoltura italiana, si rischia un taglio fino al 50% a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi dalla siccità, mentre continua a perdere terreno il Salento distrutto dalla Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale.

Nelle regioni centrali, come Lazio e Toscana, l’andamento è a macchia di leopardo con un leggero rialzo della produzione rispetto all’anno precedente, stimabile tra il 10 e il 20%. Sembra andar meglio invece nel resto d’Italia con il Nord, che segna un aumento produttivo attorno al 40-60% fra Liguria, Lombardia e Veneto.