I puma predano gli asini rinselvatichiti del Death Valley National Park

E’ un bene per le zone umide. Una specie introdotta e invasiva può sostituire specie estinte come preda?

[18 Agosto 2022]

Nei deserti del Mojave e del Sonora i burros, gli asini (Equus africanus asinus) rinselvatichiti, si sono moltiplicati e hanno creato branchi che vagano allo stato brado alla ricerca di fonti d’acqua nelle piccole oasi formate dalle zone umide, spesso calpestando la vegetazione. Si tratta di aree importantissime e delicate dove ci sono sorgenti e infiltrazioni di acqua dolce sulle quali molte specie animali fanno affidamento per sopravvivere in un ambiente desertico sempre più arido a causa dei cambiamenti climatici.

Il National Park Service Usa considera gli asini una specie invasiva e molte associazioni ambientaliste ne chiedono l’eradicazione perché non ci sono i predatori che potrebbero tenere sotto controllo le loro popolazioni. Ma lo studio “A novel trophic cascade between cougars and feral donkeys shapes desert wetlands”, pubblicato sul  Journal of Animal Ecology da un team internazionale di ricercatori guidato dal biologo danese Erick Lundgren dell’Aarhus Universitet, rivela che i giovani asini del deserto nordamericano sono diventati la preda preferita dei puma (Puma concolor) affamati.

Lundgren conferma;: «Abbiamo immagini di un gruppo di asini che passa e poi di un puma proprio dietro a loro, come se stesse letteralmente camminando sulle loro orme». Il team di  scienziati ha monitorato l’attività di asini e puma nelle zone umide del Death Valley National Park in California e ha scoperto che gli asini trascorrono molto meno tempo nelle zone umide dove precedentemente i puma avevano predato altri asini. Inoltre, nei siti dove i puma avevano ucciso un asino, la vegetazione risultava meno calpestata. I ricercatori dicono che «Questi risultati evidenziano quanto importanti predatori all’apice come i puma possano influenzare la stabilità di un ecosistema».

Per studiare questa interazione predatore-preda precedentemente sconosciuta, i ricercatori hanno esaminato 14 diverse zone umide utilizzando telecamere-trappola che si attivano attivate ogni volta che passa un animale. Sono così stati in grado di identificare prove che in 8 zone umide i puma che uccidono gli asini rinselvatichiti. Poi si sono recati sui siti delle uccisioni per cercare le carcasse di asini, che i puma spesso nascondono per tornare a cibarsene in seguito. Lundgren. Sottolinea che «Alcuni di questi siti nascondiglio sono stati utilizzati più e più volte, in modo che ogni volta che ci andavamo, ci sarebbero state tre o quattro nuove uccisioni».

Nei siti dove non ci sono i puma, gli asini venivano spesso ripresi dalla telecamera sia il  giorno che la notte. Ma nei siti con predazione attiva del puma, gli asini sono stati visti solo durante il giorno. Di notte, gli asini evitavano le zone umide dove i puma avevano recentemente ucciso altri asini, soprattutto esemplari giovani.

La presenza degli asini rinselvatichiti nelle zone umide del deserto è associata a notevoli cambiamenti nella vita vegetalele. Lundgren conferma: «In questi luoghi in cui passano tutto il giorno, calpestano e mangiano la vegetazione. Portano davvero moltissimo terreno allo scoperto, con molto sterco e quindi una forte riduzione della copertura vegetale».

Le zone umide nelle quali sono stati osservati i puma che uccidevano gli asini avevano una maggiore copertura arborea, più vegetazione intorno alle fonti d’acqua e un terreno meno nudo rispetto ai siti privi di predazione degli asini da parte dei puma.

Si tratta di un ottimo esempio di cascata trofica, cioè un’interazione diretta tra organismi in cima alla catena alimentare che influenza quelli in più basso, o viceversa, e si riversalungo i gradini della catena alimentare.

Commentando lo studio, Jerrold Belant  della Michigan State University, che non è stato coinvolto in questa ricerca, ha detto a Smithsonian Magazine che «Lo studio delle cascate trofiche non è facile da fare. In parte, questa sfida deriva dalle molte relazioni complesse che modellano un ecosistema. Ci sono invariabilmente molti processi ecologici che si verificano simultaneamente nel territorio. Hanno tutti i loro contributi relativi e interagiscono in una miriade di modi, molti dei quali potremmo non capirli o addirittura non esserne attualmente consapevoli».

Julie Young, dell’Utah State University che non ha partecipato allo studio, è convinta che «Documentare il ruolo benefico dei puma nell’ambiente potrebbe aiutare a migliorare la loro immagine. Potrebbe elevare la tolleranza sociale verso di loro nel territorioe. Soprattutto tra gli allevatori che si preoccupano della sicurezza del loro bestiame. Evidenziare i vantaggi di tenere in giro i puma potrebbe fare molto per aiutare a preservare questo importante predatore all’apice».

Anche Lundgren spera anche che questi risultati aiutino più esseri umani a vedere i  puma in maniera positiva, ma dice anche che non bisognerebbe vedere gli asini rinselvatichiti sotto una luce uniformemente negativa. Lundgren, che non è nuovo ad esporre teorie d<in difesa delle specie invasive, ricorda che «Gli antenati di cavalli e asini si sono evoluti in Nord America milioni di anni fa e si sono estinti in questo continente solo negli ultimi 12.000 anni. 35 milioni di anni fa avevamo questi grandi animali ed è stato solo un battito di cuore fa che questi grandi animali sono scomparsi, quasi certamente a causa della caccia umana, Gli asini in Nord America non sono tanto invasori recenti quanto sostituti degli antichi animali che sono andati perduti».

Lundgren teme che se i gestori della conservazione eraicassero gli asini rinselvatichiti dall’ecosistema desertico, «Questo potrebbe avere conseguenze indesiderate. Quei puma mangeranno qualcosa. Se gli asini scompaiono, i puma nella Death Valley potrebbero semplicemente passare a nutrirsi di pecore bighorn o di altri animali selvatici autoctoni».