Siccità al sud mentre a Milano il Seveso esonda ancora, la crisi climatica spacca l’Italia
Con oggi siamo alla 121esima esondazione del fiume Seveso a partire dal 1975 – la 120° risale appena al maggio scorso –,un trend che accelera a causa della crisi climatica in corso, e che mal si combina con la sempre più insufficiente disponibilità d’infrastrutture necessarie all’adattamento dei territori.
Per mettere ko buona parte dell’area milanese, stavolta è bastata quella che era attesa come un’allerta meteo di codice giallo per temporali e arancione per rischio idrogeologico. Come informa l’assessore a Sicurezza e Protezione civile del Comune di Milano, Marco Granelli, l’ennesima crisi è iniziata già stamani: in 6 ore dalle 5.30 alle 11.30 di oggi a Milano ovest sono caduti 100mm di acqua, in centro 60mm, in periferia sud 60mm, a Lambrate e a periferia nord 45mm.
Si è dunque allagato il quartiere Ponte Lambro, perché l’omonimo fiume a causa dei crescenti volumi d’acqua è entrato in fognatura per poi rigurgitare sulle strade e nel cortile delle case popolari. Anche il Lambro meridionale che raccoglie l'Olona e lo scolmatore del Seveso rischia di gettarsi quartiere Gratosoglio; inevitabile tornare a pensare all’esigenza di una vasca di laminazione anche lungo il Lambro, tra Monza e Milano. Nel mentre continua a piovere. Così, infine, tocca anche al Seveso.
«La vasca del Seveso è ormai piena e ora il Seveso ha iniziato ad esondare», ha avvisato in diretta ancora una volta Granelli, che segue in prima persona l’evolversi della situazione: «Alle 16.30 è terminata esondazione e ora stanno pulendo e man mano riaprendo le strade. La vasca ha trattenuto l'acqua per 3 ore abbondanti. Senza vasca avremo avuto 5 ore di esondazione», ha precisato poi l'assessore.
Il Comune di Milano ha inaugurato a fine 2023 la vasca di laminazione del Seveso inserita nel Parco Nord, ma l’accordo da 142 mln di euro siglato nel 2015 tra Comune, Regione e Governo di vasche ne prevedeva quattro: all’appello mancano ancora gli sforzi della Regione.
«Per scrivere la parola fine alla continua emergenza delle alluvioni del Seveso – spiegava già lo scorso maggio Legambiente Lombardia – è urgente accelerare sull’opera più importante dell’intero sistema di laminazione delle acque lungo l’asta del Seveso: la vasca di Varedo. La sua capacità, prevista in ben 2,2 milioni di metri cubi, è l’unica garanzia di poter fronteggiare eventi alluvionali anche più intensi e prolungati di quelli che si stanno verificando in questi giorni. I costi dell’opera sono significativi, a causa degli importanti interventi di bonifica dovuti al terreno contaminato dallo stabilimento ex-Snia. Si tratta di un investimento ormai improcrastinabile e insostituibile, in considerazione del fatto che lungo il corso del Seveso, nei venti chilometri che il torrente percorre tra provincia di Monza-Brianza e città Metropolitana, non ci sono più aree libere in grado di accogliere altre opere idrauliche. Si è costruito ovunque, aumentando il rischio idraulico lungo l’intera asta torrentizia, e ora non c’è più modo di porre rimedio, se non realizzando quelle vasche».
Nel frattempo i nubifragi spazzano anche il resto del nord Italia, con oltre cinquanta interventi messi in campo dai Vigili del fuoco solo tra Savona e Torino; a Mattie (TO) in località Combe, ad esempio, è crollato un ponte, isolando 30 persone.
Il tutto mentre il Mezzogiorno muore di siccità, una crisi più intensa e resa il 50% più probabile dalla crisi climatica in corso, come spiega con efficacia un nuovo studio internazionale pubblicato ieri. Come al nord, anche al sud si tratta di una crisi aggravata dalla carenza di adeguate infrastrutture per la gestione dell’acqua, col rischio bifronte di alluvioni e siccità che si alternano a crescente rapidità.
Che fare? Da un lato è urgente accelerare la decarbonizzazione del Paese, investendo in fonti rinnovabili ed efficienza energetica abbandonando al contempo l’uso dei combustibili fossili, anche se il Governo Meloni – dal Pniec al Testo unico sulle rinnovabili – si sta muovendo in direzione ostinatamente contraria.
Al contempo, occorre mettere in campo un Piano nazionale per la sicurezza idrica e idrogeologica per affrontare la doppia minaccia di siccità e alluvioni. Una prima proposta c’è già: l’ha elaborata la Fondazione Earth and water agenda – nell’ambito del rapporto Water intelligence promosso proprio da Proger – arrivando a stimare la necessità di investimenti da 17,7 mld di euro l’anno per un decennio, dalle soluzioni basate sulla natura agli invasi, dal servizio idrico integrato agli usi agricoli e industriali dell’oro blu.