Skip to main content

Diffuso dall’agenzia statunitense Noaa l’ultimo rapporto sullo stato annuale del clima

Gas serra, alte temperature, innalzamento dei mari: tutti i record climatici (negativi) raggiunti nel 2023

Concentrazioni di metano, ossido d'azoto e CO₂ le più alte mai registrate, ondate di calore e siccità, Artico navigabile, ghiaccio marino dell’Antartide ai minimi storici
 |  Crisi climatica e adattamento

Il 2023? Un anno da dimenticare. O, comunque, da non ripetere, dal punto di vista della crisi climatica. E però anche il 2024 si sta candidando a eguagliarlo, se non a superarlo, in tutti i record negativi registrati alle voci temperature terrestri e marine, concentrazione di gas climalteranti, livelli degli oceani. Secondo il Copernicus climate change service questo sarà probabilmente l’anno più caldo mai registrato. Ma siamo soltanto a fine agosto, non c’è alcuna necessità di accelerare i tempi e arrivare a disarmanti conclusioni. Anche perché, passando dalle probabilità alle certezze, le notizie negative su cui riflettere non mancano. Ecco, ad esempio, quelle contenute nell’ultimo rapporto della National oceanic and atmospheric administration (Noaa) sullo stato del clima: le concentrazioni di gas serra, la temperatura globale della Terra e degli oceani, il livello globale del mare e il contenuto di calore degli oceani hanno tutti raggiunto livelli record nel 2023. E ancora: ondate di caldo e siccità hanno contribuito a provocare massicci incendi in tutto il mondo, l’Artico è stato caldo e navigabile, il ghiaccio marino dell’Antartide ha raggiunto i minimi storici, l’attività dei cicloni tropicali è stata inferiore alla media ma le tempeste hanno comunque stabilito record in tutto il mondo.

Lo studio diffuso dall’agenzia scientifica e normativa statunitense si basa sul contributo di oltre 590 scienziati operanti in quasi 60 paesi, sull’analisi degli eventi meteorologici e sulla raccolta di dati forniti da stazioni di monitoraggio ambientale situati su terra e ghiaccio, in acqua e anche nello Spazio. È stato pubblicato come supplemento speciale dell’ultimo numero del Bulletin of the american meteorological society (Bams) e anche a leggerne soltanto alcuni estratti è allarmante. 

Si parte dalla presenza di gas climalteranti nell’atmosfera, la più alta mai registrata da quando abbiamo a disposizione le adeguate tecnologie di monitoraggio: l’anidride carbonica, il metano e l’ossido di azoto⁠ hanno raggiunto concentrazioni record nel 2023. Si legge nel rapporto: «La crescita annuale della CO2 media globale è aumentata da 0,6 ± 0,1 ppm per anno nei primi anni '60 a una media di 2,5 ppm per anno durante l'ultimo decennio del 2014-23. La crescita dal 2022 al 2023 è stata di 2,8 ppm, la quarta più alta del record dagli anni '60».

Livelli mai registrati risultato anche nel capitolo temperature globali. Scrivono gli scienziati che hanno lavorato alla raccolta e analisi dei dati: «Una serie di analisi scientifiche indica che la temperatura superficiale globale annuale era da 0,99 a 1,08 di grado F (da 0,55 a 0,60 di grado C) superiore alla media del 1991-2020. Questo rende il 2023 l’anno più caldo da quando i record sono iniziati tra la metà e la fine del 1800, superando il record precedente del 2016 da 0,23 a 0,31 di grado Fahrenheit (da 0,13 a 0,17 di grado Celsius). La transizione nell’Oceano Pacifico da La Niña all’inizio dell’anno a un forte El Niño entro la fine dell’anno ha contribuito al calore record. Tutti e sette i principali set di dati sulla temperatura globale utilizzati per l’analisi nel rapporto concordano sul fatto che gli ultimi nove anni (2015-23) sono stati i nove più caldi mai registrati. La temperatura superficiale media globale annuale è aumentata ad un tasso medio da 0,14 a 0,16 di grado F (0,08 a 0,09 di grado C) per decennio dal 1880 e ad un tasso più del doppio dal 1981».

Ma non è stato soltanto l’arrivo del Niño a far registrare queste temperature, secondo gli scienziati coordinati dalla Noaa. Il trend è di più ampio respiro e non accenna a cambiare di direzione. Si legge nel rapporto: «Nell’ultimo mezzo secolo, gli oceani hanno immagazzinato più del 90 per cento dell’energia in eccesso intrappolata nel sistema terrestre dai gas serra e da altri fattori. Il contenuto globale di calore oceanico, misurato dalla superficie dell’oceano a una profondità di 2000 metri (oltre 6.500 piedi), ha continuato ad aumentare e ha raggiunto nuovi livelli record nel 2023. Il livello medio globale del mare ha segnato un record per il 12° anno consecutivo, raggiungendo circa 4,0 pollici (101,4 millimetri) sopra la media del 1993, quando sono iniziate le misurazioni dell’altimetria satellitare. Questo aumento è superiore di 0,3±0,1 di pollice (8,1±1,5 millimetri) rispetto al 2022, il terzo incremento anno su anno mai registrato».

Questi aumenti di temperature, di per sé già fortemente negativi, hanno provocato ondate di calore e siccità che hanno avuto gravi ripercussioni in varie parti del mondo (il rapporto presenta un dettagliato elenco dei principali incendi divampati in Canada, Australia, Europa e Stati Uniti). L’Artico ha fatto registrare un record estivo di calore, «l’estensione stagionale minima del ghiaccio marino artico, tipicamente raggiunta a settembre, è stata la quinta più piccola nei record segnati da 45 anni» e il ghiaccio marino dell’Antartide ha stabilito minimi record nel corso di tutto il 2023.

Il rapporto si chiude con quella che è soltanto apparentemente una buona notizia: l’attività dei cicloni tropicali è stata inferiore alla media: 82 contro la media di 87 registrata nel periodo 1991-2020. Ma le tempeste hanno comunque stabilito record negativi in tutto il mondo. Nel rapporto sono anche richiamati i costi di questi fenomeni atmosferici estremi, in termini economici ma anche e soprattutto in termini di vite umane. Uno per tutti, del primo tipo: «Il tifone Doksuri (di nome Egay nelle Filippine) ha causato 18,4 miliardi di dollari di perdite economiche nelle Filippine settentrionali e in Cina». E, per quanto riguarda il secondo tipo di perdite, uno degli esempi arriva da neanche troppo lontano da casa nostra: «Nel Mediterraneo, che è al di fuori dei tradizionali bacini dei cicloni tropicali, le forti piogge e le inondazioni della tempesta Daniel hanno ucciso più di 4.300 persone e lasciato più di 8.000 persone disperse in Libia».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.