L’Ue pianifica una strategia «per una gestione sostenibile dell’acqua»
Mentre l’Italia, soprattutto al Sud, è alle prese con la siccità, mentre in Francia si svolgono manifestazioni contro la realizzazione di grandi bacini idrici e mentre 21 ministri dell’Ambiente di paesi comunitari scrivono una lettera congiunta in cui si sollecita la realizzazione di un piano che garantisca la «sicurezza idrica» su tutto il continente, i vertici dell’Unione europea preparano una strategia per una «gestione sostenibile dell’acqua» di fronte a un intensificarsi della crisi climatica.
Già nel discorso con cui si è candidata per il secondo mandato consecutivo alla presidenza della Commissione Ue, Ursula von der Leyen aveva fatto più di un riferimento all’argomento. Accanto agli impegni per un nuovo Green deal entro i primi 100 giorni di mandato e all’inserimento nella Legge sul clima della riduzione del 90% di gas serra entro il 2040, von der Leyen aveva richiamato l’attenzione sul fatto che l’Unione europea deve «fare di più per garantire che i nostri agricoltori siano meglio preparati» agli impatti del surriscaldamento terrestre e poi annunciato «un piano per l’agricoltura che affronti la necessità di adattarsi ai cambiamenti climatici e, parallelamente, una strategia per la gestione sostenibile della preziosa risorsa: l’acqua».
Quelle della riconfermata presidente Ue non erano parole spuntate improvvisamente dal nulla. Già nel corso della passata legislatura europea, il dossier gestione e tutela della risorsa idrica aveva scalato diverse posizioni nella classifica delle urgenze da affrontare, e nel periodo a cavallo tra lo scioglimento del Parlamento Ue e l’insediamento dei nuovi componenti a seguito delle elezioni di inizio giugno, il tema aveva calamitato sempre maggiore attenzione, complici anche una primavera e un’estate che hanno fatto registrare sempre nuovi record di alte temperature. Poi, con ventiquattr’ore esatte di anticipo rispetto alla convocazione in seduta plenaria del nuovo Parlamento Ue per la rielezione della presidente della Commissione, è arrivata una lettera congiunta firmata dai ministri dell’Ambiente di 21 Paesi comunitari. «È necessario un approccio sistemico per garantire sinergia e coerenza in tutti i processi legislativi e di pianificazione, per integrare meglio le considerazioni sull’acqua e gli obiettivi di conservazione per garantire la disponibilità e la sicurezza delle forniture idriche», si legge nella lettera che ha raccolto il consenso di Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna (a non firmare sono stati invece i ministri di Finlandia, Svezia, Repubblica Ceca, Lettonia, Ungheria e Irlanda). E due, sono state soprattutto le richieste provenienti da quei 21 paesi: misure «per garantire la disponibilità e la sicurezza delle risorse idriche» attraverso «soluzioni basate sulla natura» e «finanziamenti adeguati ed efficaci» per le attività di ricerca e innovazione nel settore idrico.
I vertici dell’Ue si preparano dunque a mettere in campo una strategia ad hoc, per risolvere una questione che ormai è confermata da tutte le indagini condotte a livello comunitario: circa il 20% del territorio europeo e il 30% dei cittadini europei soffrono ogni anno di stress idrico, è il dato allarmante diffuso recentemente dall’Agenzia europea dell’ambiente. Un dato che preoccupa dal punto di vista sociale, sanitario e anche economico, considerato che il costo di questa carenza idrica si stima in circa 9 miliardi di euro ogni anno. Cifra meramente economica e provvisoria, che esclude i danni agli ecosistemi e che, secondo i calcoli condotti in seno all’Ue, potrebbe raggiungere 65 miliardi di euro all’anno entro la fine di questo secolo.
L’Ue vuole correre ai ripari anche perché l’acqua si sta rivelando già ora motivo di tensioni sociali in diversi paesi comunitari. Lo scorso fine settimana si sono svolte manifestazioni in Francia contro la realizzazione di mega bacini idrici le cui riserve possano servire a fini agricoli e industriali. Manifestazioni che sono sfociate in più di un caso in scontri tra partecipanti e forze dell’ordine. Il progetto prevede la creazione di «riserve di sostituzione» con lo scopo di immagazzinare nei mesi autunnali e invernali milioni di metri di cubi d'acqua sfruttando la raccolta e l’immagazzinamento delle piogge, ma anche prelevando la risorsa dalle falde acquifere, per irrigare poi le colture nei mesi estivi in cui c’è maggiormente carenza d’acqua. I sostenitori del progetto vedono in questi mega bacini l’infrastruttura necessaria per la sopravvivenza delle aziende agricole di fronte alle ricorrenti siccità, mentre i loro detrattori denunciano un «accaparramento» di acqua da parte dell’agroindustria. E la questione divide anche gli stessi sindacati agricoli, perché alcuni denunciano la creazione di queste riserve come fonte di disuguaglianze nell’accesso all’acqua.
In Italia, il settore agricolo è alle prese con il problema siccità come e anche di più rispetto alla maggior parte degli atri paesi europei. Il caso della Sicilia è drammatico ed emblematico, ma è tutt’altro che isolato. Il lavoro da fare per innovare una rete di distribuzione che tocca percentuali di dispersione anche superiori al 50% è tanto. I fondi stanziati dal governo per tutela e gestione risorsa idrica non sono sufficienti, viene denunciato da più parti. E lavorare a livello comunitario a questo punto è l’obbligo.
Non a caso l’Anbi si sta muovendo per rafforzare il proprio ruolo internazionale. L’Associazione dei consorzi di bonifiche è presidente di turno della European Union of Water Management Associations (EUWMA) e forza trainante di Irrigants d'Europe, partner di progetti comunitari attraverso i consorzi stessi.
Così commenta il presidente Francesco Vincenzi guardando alla riconferma di von der Leyen e a quel che sta accadendo in Europa attorno alla questione idrica: «Ci piace sottolineare tre punti, su cui siamo già concretamente impegnati: un piano per l’agricoltura volto ad affrontare la necessità di adattarsi ai cambiamenti climatici, una concreta attenzione al Mediterraneo per promuovere stabilità e cooperazione regionali, un fondo europeo per la competitività e l'innovazione. Ora si tratta di vedere quali saranno i prossimi passi, iniziando dalla nomina dei Commissari. All’Unione Europea chiediamo di modulare i provvedimenti sulle attuali realtà territoriali, a cominciare dal Green Deal, nel rispetto dei principi di sostenibilità ambientale, economica e sociale; altrimenti obbiettivi seppur condivisi rischiano di creare sconquassi invece di benefici». Mercoledì 24 luglio, a Roma, si terrà il varo del progetto comunitario Farmwise per l’innovazione nel controllo della qualità idrica, e poi un altro appuntamento di fondamentale importanza sarà, sempre nella Capitale, nel 2026 con l’organizzazione del Forum Euromediterraneo sull’Acqua. Spiega il direttore generale di Anbi Massimo Gargano: «Come anticipato alla nostra Assemblea da Maria Spena, Presidente del Comitato One Water, organizzatore dell’evento, stiamo lavorando ad un percorso di avvicinamento, che coinvolga l’intera Penisola per contribuire a diffondere la cultura dell'acqua. Il Forum Euromediterraneo sull’Acqua richiamerà l’attenzione internazionale sull’Italia e, nello spirito del Piano Mattei, sarà una vetrina delle migliori tecnologie per combattere la sete del mondo. Abbiamo l'appoggio del Governo, attraverso l’impegno del Ministero degli Esteri, ma puntiamo al coinvolgimento di ampi settori della società, ponendo la giustizia distributiva fra i temi principali del meeting».
Quella relativa alle tecnologie e alle strumentazioni innovative utili per affrontare efficacemente la questione della gestione e della tutela dell’acqua è una questione tutt’altro che secondaria nella strategia a cui dovranno lavorare i vertici dell’Unione europea. E le condizioni da cui si parte sono promettenti. Da un rapporto appena pubblicato dall’ufficio brevetti dell’Ue (European patent office, EPO) emerge infatti che l’Europa riveste un ruolo da leader per quel che riguarda le tecnologie idriche innovative. I paesi comunitari, si legge nel rapporto, hanno contribuito per il 40% dell’International patent family (IPF), ovvero il complesso delle invenzioni realizzate su scala mondiale in questo settore.