
[05/09/2007] Comunicati
LIVORNO. «Le scuole dovranno educare istruendo gli studenti e mettere al centro l’alunno-persona: solo così si riduce il rischio che gli istituti diventino progettifici dove si perde di vista la specificità di ciascun ragazzo. Il curricolo diventa più snello e si privilegiano italiano, matematica, storia e geografia a inglese, informatica e impresa. Prima di passare ad altro, infatti, è fondamentale conoscere l’essenziale». Così il ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha commentato le nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione presentate ieri al ministero. E che di fatto sembrerebbero mandare in pensione la tanto discussa “Riforma Moratti” delle famose tre “i”. Un bravo a Fioroni stavolta non si può negarlo, per tutta una serie di argomenti che cercheremo di spiegare. Ma specialmente perché – al di là delle critiche che si possono o potranno fare – torna a dare alla geografia quel ruolo chiave che merita nella formazione degli individui. Si tratta, va detto, di indicazioni per le quali è prevista una sperimentazione della durata di due anni (fino al 2009) e che solo dopo questo periodo entreranno definitivamente a regime, accompagnate da apposito regolamento.
Le indicazioni inoltre, essendo proposte culturali, non toccano l’organizzazione oraria degli insegnanti. Dopo la sperimentazione dei due anni si procederà a una risistemazione complessiva di tutto il periodo dell’obbligo. I fondi stanziati per la prima fase iniziale di accompagnamento saranno di 36 milioni di euro come previsto dalla Finanziaria 2007. Questa la cornice, ma vediamo nello specifico come si è reimpostato il curricolo scolastico: le singole discipline sono considerate nella loro specificità, ma vengono proposte all’interno di tre grandi aree disciplinari: area linguistico-artistico-espressiva; area storico-geografica; area matematico-scientifico-tecnologica. Viene così sottolineata – spiega il ministero - l’importanza di un insegnamento disciplinare non frammentato, ma capace di far cogliere le interconnessioni tra i diversi saperi e di avviare gli alunni ad una visione unitaria della conoscenza. Si favorisce l’interdisciplinarietà e il lavoro collegiale tra insegnanti di discipline diverse.
Detto che la nostra lettura dell’iniziativa di Fioroni è ovviamente dal punto di vista di quanto questa incida sulla sostenibilità ambientale – in questo caso a livello formativo - il nostro plauso al ministro va subito per quanto ha affermato negli “esempi in pillole” rispetto alla lingua italiana: «Ha un ruolo principe anche come strumento di identità culturale e deve essere oggetto di attenzione da parte di tutti i docenti: tutte le discipline devono concorrere all’apprendimento della lingua italiana (anche durante l’ora di matematica, scienze, informatica...) Tornano in evidenza la grammatica e la sintassi (partendo dalla riflessione sulla lingua); l’educazione alla capacità di scrittura, di esposizione orale e di lettura di quegli autori fondamentali per il nostro patrimonio culturale. (..) La lingua italiana si raccorda con tutti gli altri linguaggi: arte, musica… Sensibilizzare agli apporti che arrivano anche da altre lingue e culture, europee ma anche dell’area del Mediterraneo, diventa una risorsa anche per l’integrazione».
Sembrerà banale ma la conoscenza della grammatica e della sintassi e dell’italiano in generale, al giorno d’oggi, non va assolutamente data per scontato e chi si occupa di comunicazione (ma non solo) può essere testimone di quanto affermiamo. Saper comunicare – che significa anche conoscere il significato delle parole e non scambiarle le une con le altre – è qualcosa che nella comunicazione ambientale è l’abc.
Continuando la lettura degli “esempi in pillole” proposti dal ministero, ci pare condivisibile anche quanto si dice sulla matematica: «Più impulso all’area matematico-scientifica per garantire quelle basi indispensabili per migliorare i livelli di conoscenze e competenze degli studenti italiani in ambito matematico. Il curricolo sarà fortemente integrato con l’insegnamento tecnologico-scientifico sin dalle elementari per favorire la formazione di una mentalità scientifica».
Il link con la sostenibilità ambientale in questo caso è facile, anche se non scontato: se l’obiettivo è quello di una riconversione ecologica dell’economia, un approccio anche scientifico (per non dire soprattutto) è a dir poco fondamentale. Come si può parlare di contabilità ambientale se non si conoscono le tabelline? Sembra una banalità, ma purtroppo non lo è. E gli insegnanti – senza voler generalizzare – possono confermare questa deriva nazionale nelle nuove generazioni.
Ci sono inoltre da fare anche alcune osservazioni. In particolare proprio sulle “pillole” presentate dal ministero e che dovrebbero essere esemplificative, ma che - almeno nel caso della geografia - hanno avuto come conseguenza il fatto che nessuno si è accorto di quello che viene invece stabilito nelle 113 pagine del documento. Nelle “pillole” infatti si dice che la geografia «dà grande importanza agli aspetti di tipo morfologico (nomi dei fiumi, dei mari, dei monti…) e recupera sin dalle elementari lo studio dell’Europa e del mondo. Viene dato rilievo anche agli aspetti sociali: questo consentirà sin dalle elementari di affrontare problemi contemporanei, comparati con il passato».
Ma nel documento si sostiene qualcosa di ben più importante: «irrinunciabile opportunità formativa che la geografia offre è quella di abituare a osservare la realtà da diversi punti di vista. Il rispetto del patrimonio culturale ereditato da chi ci ha preceduto, che si traduce in una varietà di “segni” leggibili sul territorio, è obiettivo che conduce agli stretti legami della geografia con la storia e con le scienze sociali. Con queste discipline, la geografia condivide anche la progettazione di azioni di salvaguardia e di recupero del patrimonio naturale, affinché le generazioni future possano giovarsi di una natura non avvelenata ed esaurita nelle sue risorse non rinnovabili. Riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, lotta all´inquinamento, sviluppo delle tecniche di produzione delle energie rinnovabili, tutela della biodiversità: sono tutti temi di forte rilevanza geografica, in cui è essenziale il raccordo con altre discipline scientifiche e tecniche».
Non solo: «Il punto di convergenza sfocia necessariamente nell´educazione all´ambiente e allo sviluppo, compatibile con le esigenze degli uomini e dei popoli, purché queste si mantengano entro la capacità di carico degli ecosistemi. Fare geografia a scuola vuol dire formare cittadini del mondo consapevoli, autonomi, responsabili e critici, che sappiano convivere con il loro ambiente e sappiano modificarlo in modo creativo e sostenibile, guardando al futuro».
Ora, anche se a chi scrive viene facile fare l’elogio della geografia, visto che nel 2000 - quando l’allora ministro Berlinguer voleva eliminarne l’insegnamento - si è battuto a livello universitario per fargli cambiare idea (come accadde), è davvero una notizia che in 7 anni si sia arrivati all’attuale documento. Perché se è vero che non siamo ancora alla sostenibilità ambientale come cardine anche della formazione degli individui, attraverso l’insegnamento della geografia secondo questi criteri (assolutamente non nuovi ma dimenticati) la strada intrapresa è quella giusta. Ci domandiamo, però, solo una cosa: perché, visto quello che si sostiene nel documento, a questa parte così importane non si è data la visibilità che meritava? Porre la geografia come materia scolastica che ricuce assieme le altre discipline secondo il criterio della sostenibilità (anche se non così esplicitamente detto), non ci pare poco.