Zona industriale Apuana dal 1960 ai nostri giorni di M. Marchini

Con questo volume dal 1960 ai nostri giorni  si conclude la narrazione di una importante fase storica della provincia di Massa Carrara. La crisi dell’industria apuana a partire dagli anni’ 60, le soluzioni individuate, il dilemma tra salute e lavoro, le vicende ambientali e sindacali, l’esplosione della Farmoplant, sono solo alcuni dei temi presi in esame. Il testo affronta il dramma della deindustrializzazione di alcuni comparti come la metalmeccanica, con particolare riferimento alla Dalmine. Analisi anche sulla Olivetti, dalla crescita sino alla sua caduta, per passare poi al caso Cokeapuania e al progetto di reindustrializzazione dell’area condotto dall’Asi.

Importanti nell’analizzare un arco temporale così ampio sono stati i giornali locali e nazionali, i documenti concessi da privati, dalla biblioteca camerale di Carrara, dalla biblioteca civica di Massa e dalle fonti dirette di testimoni che hanno vissuto quel periodo storico. Un tentativo di ridar vita alla storia locale apuana, ricomponendo un quadro molto spesso pieno di luci ed ombre. Nell’analisi complessiva si evince come l’emorragia occupazionale, creatasi dalle dismissioni industriali, non abbiano trovato una fine, ma anzi si sono susseguite a catena, provocando tassi disoccupazionali elevati sia nella componente maschile, sia in quella femminile. Attualmente sul futuro del distretto industriale apuano si parla sempre più di una valorizzazione delle macro-aree, ossia di una sinergia tra i territori della Toscana e della Liguria. Un’idea quest’ultima sorta nel corso della fine degli anni ’50, ma che mai venne prese seriamente in considerazione dalle autorità, ed oggi fattore importante per la creazione di un polo industriale all’avanguardia. Si è verificato dagli anni’80, la creazione di numerose micro-imprese le quali però difficilmente sono riuscite ad aumentare i livelli di occupazione del territorio. Unitamente, vi è stata un’espansione del settore terziario, quello legato ai servizi, il quale però non è riuscito ad esplodere in maniera completa, in quanto privo di un tessuto economico locale abbastanza forte ed omogeneo, ed al contrario molto fragile e disomogeneo, al quale ha fatto seguito la burocratizzazione delle autorità politiche locali e nazionali (vedi SIN).

Del resto proprio nella parte finale, Marchini affronta uno dei temi molto discussi negli anni sessanta e costituito dalla possibilità di “allargare” i confini della Zona industriale apuana, inserendola in una macroarea tosco-ligure in grado di sviluppare sinergie importanti e di attrarre investimenti di grossa taglia. La duplice dialettica esistente fra il territorio apuano e le due aree di riferimento istuzionale, Toscana e Liguria, e fra quel territorio, il governo centrale e l’Europa costruiscono infatti il canovaccio di una storia che si protrarrà per altri quarant’anni da quella data. In questo senso, la Zona Industriale Apuana non ha vissuto direttamente la stagione dei distretti toscani, presentando un modello che ne ha fatto una delle tante Toscane economiche, ma non certamente quella più simile al modello toscano coltivato in sede regionale negli anni settanta e ottanta.

Matteo Marchini è nato a Massa il 1 aprile 1986. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, presso l’Università degli Studi di Pisa, attualmente prosegue gli studi di laurea magistrale presso la medesima facoltà. È giornalista pubblicista e collabora con la testata giornalistica on-line QuotidianoApuano, Associazione Mediapuana.