Il punto di vista della coordinatrice, Mayela Reiqueruma

Liderazgo Juvenil, il progetto Cospe che sostiene la cultura indigena nell’Amazzonia colombiana

«Permette alla comunità di rafforzare la propria identità, coltivando piante medicinali e cibo tradizionale, senza comprare niente»

«Come indigena mi sento molto orgogliosa, non sono Cofan ma mi sento parte della comunità», ci dice Mayela Reiqueruma, del territorio cofan di UkumariKankhe (Colombia) e coordinatrice Liderazgo Juvenil, un progetto di Cospe che ha come obiettivo quello di promuovere un’economia legale e sostenibile, oltre che la partecipazione dei giovani delle comunità afro e indigene nei processi di prevenzione e protezione delle loro stesse comunità in un contesto, come quello colombiano, particolarmente difficile.

Proveniente da una zona che si chiama El encanto amazonico, Mayela appartiene al popolo Murui ma vive con il popolo Cofan dall’età di nove anni. «Da subito mi sono sentita ben accolta: essere indigena è unico, a volte mi sento triste a causa del conflitto armato, della deforestazione della madre terra, della contaminazione, così vediamo estinguersi la fauna e la flora che per noi indigeni è parte della famiglia».

È madre di due figlie: una ha sangue quichua di undici anni e l’altra è cofan di otto anni. Ha scelto di entrare a far parte del progetto per far sì che le sue figlie possano mantenere in vita la cultura cofan, affinché non si perda, e che nel futuro loro stesse sappiano come fare la loro parte: «Voglio che si rendano conto che se io partecipo alle riunioni, lasciandole con altre persone, è per la nostra vita, per il nostro territorio, e per il nostro ed il loro futuro. Questo è l’insegnamento che vorrei trasmettere loro».

«Mi sembra che questo progetto sia di grande supporto per le comunità indigene, perché molti di noi si sono allontanati dalle nostre terre per mancanza di lavoro», argomenta Mayela, secondo cui il progetto offre un’opportunità per rafforzare i legami all’interno della comunità: «È collettivo, non va beneficio soltanto della persona che ne prende parte ma della comunità intera».

Per lei questa è anche un’occasione per crescere come persona e supportare la sua comunità, mettendo a disposizione le proprie conoscenze. «Questo progetto permette alla comunità di rafforzare la propria identità. Piantando le piante medicinali, le piante alimentari, coltivare il proprio cibo tradizionale, senza comprare niente. Piantiamo alberi i cui semi possono essere utilizzati per il nostro artigianato, così non abbiamo necessità di comprarli in altri posti».

Per Mayela gestire il progetto è un modo per prendersi cura del popolo Cofan, oltre che per riappropriarsi della sue origini: «Mia nonna è una leader indigena Murui ed è artigiana, è la leader della comunità Murui di Jardines di Sucumbios e anche lei ha lottato tanto con i Cofan. Mi piace seguire le sue orme».

C’è una buona relazione tra i diversi popoli indigeni: inizia a partire dai bambini che vengono educati a relazionarsi con gli usi e i costumi delle altre culture. «Anche noi, come genitori, cerchiamo di fare la nostra parte, educandoli a relazioni di alleanza e solidarietà con gli altri popoli. Sono stata segretaria della comunità di Ukumari per tre anni: è così che ho iniziato a comprendere l’importanza di continuare a lottare per il territorio, per la cultura e di insegnare ai bambini a seguire queste orme».

Ci racconta che negli anni ha collaborato con diverse associazioni, occupandosi anche di mine antiuomo e di come questa esperienza l’abbia fatta riflettere: «Quando si va nei territori è triste vedere come i nostri compagni indigeni sono coinvolti nel conflitto armato e che sono lontani dalla famiglia perché non ci sono altre possibilità di continuare a vivere. Le mine antiuomo danneggiano la natura e quindi ora sono contenta di sostenere i miei compagni, i giovani, gli adulti ed aiutarli affinché non prendano questa strada. Ora sono la coordinatrice del gruppo Cospe».