Green roof, ecco come convertire i tetti delle case in isole verdi: il caso Osnabrück

Sabattoli (Aiforia): «Assorbono maggiore CO2, aiutano a ridurre le inondazioni dovute a forti precipitazioni, aumentano l’isolamento termico dell’edificio portando quindi un risparmio economico, inoltre aumentano la biodiversità nel contesto urbano»

Le città continuano a riscaldarsi, ma la diffusione dei tetti verdi può essere una soluzione efficace: le aree verdi sono, infatti, più fresche e favoriscono una climatizzazione migliore rispetto a un tetto tradizionale che si riscalda rapidamente e conserva il calore per molto tempo. Producono inoltre una riduzione dei danni alle infrastrutture legati alle forti piogge e aumentano la biodiversità nell’area urbana. Grazie ai tetti verdi la città diventa più verde, più sana e più vivibile.

In questa prospettiva, la città di Osnabrück ha messo a disposizione dei suoi abitanti un catasto interattivo di “Green roof” o tetti verdi, per verificare se la superficie del loro tetto è adatta al rinverdimento e indicare quali potrebbero essere gli effetti positivi della trasformazione del tetto sul clima urbano.

Ne abbiamo parlato con Giulia Sabattoli, parte del team di “Aiforia” e responsabile del coordinamento del programma “Study Visit Friburgo”.

“Aiforia” è un’agenzia internazionale per la sostenibilità e, insieme a Cospe Onlus e ad altri 4 partner europei, promuove il progetto Nabi (Nature-based innovations for urban forest and rainwater ranagement), che si propone di promuovere buone pratiche per il contrasto al cambiamento climatico. Potresti raccontarci del tuo ruolo all’interno dell’ente e di come Aiforia contribuisce a diffondere soluzioni innovative in relazione al consumo sostenibile, la pianificazione urbana e i progetti ambientali?

«Aiforia è una piccola agenzia nella quale, attualmente, siamo in quattro persone a lavorare. Da dieci anni Aiforia si occupa di promuovere lo sviluppo sostenibile e lo fa attraverso tre attività: la partecipazione a progetti europei, le visite tecniche a Friburgo e la consulenza sulla mobilità sostenibile. Per quanto riguarda i progetti europei, attualmente, per darvi qualche esempio, collaboriamo con un progetto che promuove la moda sostenibile tra i giovani, accompagnandoli verso un consumo più cosciente rispetto a ciò che oggi il mondo dell’industria fashion rappresenta. Facciamo anche parte di un programma che si occupa di integrare e sostenere quelle società fondate da persone con background interculturale in Germania per promuovere una sostenibilità a 360°.

Noi siamo un’agenzia tedesca che si trova a Friburgo, nella parte sud-ovest della Germania, famosa per essere stata nominata dal 2010 Green city d’Europa, grazie alle scelte prese, spesso in anticipo rispetto ai trend europei, in termini di sostenibilità applicata a diversi settori.

Siamo una delle quattro agenzie che collabora direttamente con il Comune e, grazie alle richieste di visita che esso riceve, ci occupiamo di accogliere studenti di scuole universitarie, delegazioni e ricercatori, e spiegare attraverso delle visite tecniche come la città di Friburgo sia riuscita a ottenere il titolo di città verde d’Europa nell’arco di vent’anni. Ci impegniamo a far vedere come la green economy è stata sviluppata a Friburgo, non trascurando attività legate a scelte politiche che vanno dalla mobilità sostenibile all’alimentazione regionale bio e alla partecipazione dei cittadini.

Da ultimo, legati al mercato italiano, stiamo lavorando su un’attività di consulenza sul tema mobilità sostenibile per far comprendere lo stretto legame tra sostenibilità ambientale e miglioramento della qualità della vita delle persone».

Potresti parlarci della buona pratica inerente i tetti verdi nella città di Osnabrück? Per quali necessità essa nasce? Quali sono, a tuo avviso, gli elementi più innovativi della pratica?

«Il cambiamento climatico si sente tanto qui quanto in Italia e le città hanno registrato alti aumenti di temperatura: Osnabrück +1,6°C negli ultimi 60 anni, nonostante ci troviamo nella parte quasi più al nord dell’Europa. Allo stesso tempo, c’è stato un aumento del problema legato alle precipitazioni: assenti per lunghi periodi o molto presenti per altri. A questo, si aggiunge la massiccia cementificazione che negli anni ha colpito le città rendendo le aree urbane un fitto insieme di cemento e palazzi, privo di aree verdi.

Questo ha fatto sì che le città si trasformassero in isole di calore, dove l’aumento della temperatura viene ulteriormente percepito proprio a causa del cemento. Questo materiale infatti non è in grado di disperdere il calore, che una volta assorbito permane a lungo. I tetti verdi contrastano in parte anche gli effetti negativi che spesso le forti piogge portano agli edifici, essendo in grado di assorbire parte dell’acqua piovana. Insomma, i vantaggi di questa misura sono numerosissimi: assorbono maggiore CO2, aiutano a ridurre le inondazioni dovute a forti precipitazioni, aumentano l’isolamento termico dell’edificio, portando quindi un risparmio economico sui costi per il riscaldamento o il raffreddamento. Inoltre aumentano la biodiversità nel contesto urbano, migliorandone l’estetica e garantendo in generale una miglior qualità della vita degli abitanti».

Uno dei punti di forza di questa pratica è di certo la replicabilità. In che modo pensi si possa raggiungere questo obiettivo anche in altri contesti europei?

«È sicuramente replicabile e potenzialmente – in una misura che oscilla tra un minimo ed un massimo –, molti tetti possono essere convertiti: ci sono state già altre città in Germania che hanno creato lo stesso progetto con l’obiettivo di far capire al cittadino in che forma può essere fatta questa conversione. Questa misura è già stata applicata – e può sicuramente essere replicata  – anche in altri contesti europei, essenziale è avere amministrazioni pronte a prendere in considerazione questa possibilità e soprattutto in grado di comunicarla e promuoverla ai propri cittadini».

Come hanno risposto le cittadine, i cittadini e la comunità tutta al progetto? Quali le principali difficoltà?

«Uno dei punti di forza di questo progetto è sicuramente l’accessibilità. Normalmente in Germania la burocrazia è molto complessa e con tempistiche molto lunghe. In questo caso invece si è cercato di snellire il più possibile il processo burocratico, rendendo il procedimento a portata di pochi click. Questo ha favorito lo sviluppo e l’adesione al progetto da parte di un gran numero di cittadini.

Quello che è stato fatto è stato creare un catasto on-line per cui ogni cittadino possa, attraverso il sito internet, comodamente guardare da casa se il proprio tetto sia convertibile o meno, e in quale misura. Una volta compreso questo e se soddisfa i requisiti di finanziamento, la procedura può così iniziare. Allo stesso tempo, attraverso un questionario on-line, si può esprimere il proprio interesse a poter partecipare a questo programma e segnalerei punti ulteriormente migliorabili. Chiunque intenda contribuire a una città resiliente ai cambiamenti climatici può ricevere un sostegno finanziario attraverso il programma di finanziamento Grün statt Grün, grazie al quale i proprietari privati e le istituzioni sono rimborsati fino al 60%, le aziende a seconda delle loro dimensioni e le misure nel centro città considerate particolarmente meritevoli di finanziamento possono ricevere una maggiorazione fino al 10%.

Un aspetto migliorabile è il coinvolgimento delle grandi aziende che hanno sede ad Osnabrück. Al momento il progetto ha visto coinvolti più i privati (interessati a convertire il proprio tetto, una delle facciate o semplicemente una zona pavimentata nelle loro proprietà) o le piccole aziende locali, più legate al territorio e più sensibili a partecipare in prima persona al miglioramento del contesto urbano in cui si trovano. Le grandi aziende invece sono spesso poco legate al posto in cui si trovano, hanno processi decisionali più complicati e sono probabilmente più orientate a dei vantaggi riscontrabili a breve termine.

Un altro aspetto da migliorare è cercare di rendere più stabile il progetto. Essendo infatti legato a fondi comunali, quindi risorse limitate e instabili nel tempo, è difficile pronosticare per quanto tempo questo progetto potrà essere portato avanti. A questo proposito la città di Osnabrück ha iniziato a valutare la possibilità di aderire a bandi regionali, nazionali ed europei per ricevere fondi a supporto di questo progetto. La possibilità di replicarla c’è ed è concreta, e quindi la speranza è che anche altre realtà ne siano affascinate e che scelgano di investire i fondi in queste dinamiche di politiche ecologiche».

Sei a conoscenza di esperienze simili in Italia? Se sì, in che cosa si differenziano?

«Conosco casi singoli, nati per lo più da iniziative private o piccole aziende che sono per lo più incentivate da privati o piccole aziende che vogliono attuare la riconversione per sensibilità personale o per sancire un miglioramento urbano nei confronti del panorama locale. Ciò che non ho trovato nelle realtà italiane – ma ammetto di non aver cercato abbastanza È il coinvolgimento diretto di amministrazioni in un progetto del genere. L’unica esperienza di cui sono venuta a conoscenza è quella della città di Milano, che sta partecipando all’interno di un bando europeo alla creazione di un programma che ha come focus la riconversione a tetto verde di diversi edifici. Forse le difficoltà di molte amministrazioni italiane potrebbero essere legate all’onere economico che misure del genere comportano e all’interesse verso azioni i cui risultati siano visibili a breve termine».

Quali sono a tuo avviso le principali politiche e pratiche che in Germania promuovo questo tipo di esperienze? Che differenze ci sono con altri paesi europei, in particolare con l’Italia?

«Credo che le pratiche presenti in Germania a favore di questo tipo di esperienze siano di due tipi. In primo luogo, lo stato, le regioni e le singole amministrazioni riconoscono la necessità di investire in politiche a favore di uno sviluppo sostenibile, cercando di sensibilizzare i propri cittadini. In secondo luogo, grazie ai buoni standard di qualità della vita raggiunti (anche attraverso la determinazione del salario minimo, tasse universitarie contenute, etc.) vi è una predisposizione maggiore anche da parte dei singoli all’implementazione di misure a lungo termine, rivolte al futuro».

Quali sono i programmi per il futuro di “Aiforia”? Avete altri progetti relativi alla sostenibilità ambientale in atto o in procinto di essere sviluppati?

«Come agenzia ci stiamo concentrando sulla consulenza sulla consulenza a comuni italiani per la mobilità sostenibile. A questo proposito, vorrei soffermarmi su un altro aspetto che si è dimostrato fondamentale purtroppo in questi ultimi anni di pandemia: lo spazio e come viene utilizzato. Spesso le nostre città non sono state programmate a misura d’uomo, ma a misura d’auto. Questo rende le città meno sostenibili, ma soprattutto meno godibili e vivibili. Bisogna cercare invece di creare una svolta in questo modo di agire affinare il proprio sguardo ambientale. Infine, stiamo partendo con un nuovo progetto che si chiama Green cities of Youth: increasing the role of young people in the development of sustainable cities che ha come partner la Spagna e la Romania. Ha l’obiettivo di sviluppare città sostenibili collaborando con chi dovrà viverle nel prossimo futuro: i giovani. Attraverso questo progetto Erasmus Plus infatti, saranno proprio gli adolescenti a poter avanzare delle proposte al fine di creare città più sostenibili e più resilienti. Come ultima cosa dico anche che quello che è possibile fare – e che il coronavirus ha dimostrato – è di concepire diversamente gli spazi. Molto spesso, infatti, essi non sono pensati per le persone, ma solamente per gli oggetti – le automobili ad esempio – e questo provoca un impoverimento di tutto e di certo nessuno scatto innovativo. Bisogna cercare di convertire questa idea e affinare il proprio sguardo ambientale».

di Cospe per greenreport.it

Per maggiori informazioni sul progetto Nabi, è possibile consultare il sito Cospe:

https://www.cospe.org/temi/ambientenuoveeconomie/61753/nabi-nature-based-innovations-for-urban-forest-and-rainwater-management/