Sono oltre 4mila i dibattiti svolti sinora sul territorio, e tra un mese inizierà la sintesi politica. Fiscalità, transizione ecologica, organizzazione dello Stato e cittadinanza i grandi temi affrontati

Ecco come sta andando il Grande dibattito nazionale in Francia

Si tratta di rispondere alla protesta dei Gilet gialli e canalizzarla verso una nuova democrazia partecipativa. Missione impossibile? Emmanuel Macron si gioca tutto in questa sfida

Come aveva promesso nelle prime fasi della mobilitazione dei Gilet gialli, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, ha lanciato il “Grand débat national” che si sta svolgendo in quasi tutti i comuni francesi, nei territori d’oltremare e all’estero per i francesi espatriati (in Italia il primo si è tenuto questo sabato a Milano). Il 14 gennaio ha fatto conoscere la sua Lettera ai francesi e il 15 ha aperto il Grande dibattito a Grand-Bourtheroulde, Comune di 3.500 abitanti in Normandia, insieme a 600 dei 2.884 sindaci della regione. Una riunione fiume durata più di 6 ore, nella quale si sono alternati i sindaci che più volte, per più di un’ora, hanno presentato i loro problemi e Macron che ha risposto loro per altrettanto tempo.

La riunione, dopo l’accoglienza un po’ fredda dei sindaci in prevalenza di comuni rurali, dove la protesta dei Gilet gialli ha avuto le sue radici, si è conclusa con un applauso finale, tutti in piedi, durato qualche minuto, a Macron che alla fine ha parlato di «inventare una nuova forma di democrazia» e di «una Repubblica della deliberazione permanente», cosciente che «questo dibattito è un rischio». In effetti questo è il problema principale di questa iniziativa, cioè il suo risultato finale.

Il “débat public” è previsto Oltralpe da una legge del 1995 per le opere aventi un impatto ambientale importante, ma, oltre a questo, la Francia ha una tradizione in “dibattiti” che rimettono in questione l’assetto costituito dei poteri, a partire dalla rivoluzione del 1789-94, passando per la Comune di Parigi del 1871, gli scioperi generali del maggio-giugno del 1936, il maggio del ’68, per arrivare al movimento “Nuit debout” contro la riforma del lavoro del 2016.

Insomma nella società francese sotto il generale desiderio d’ordine e di direzione univoca e ben organizzata, di influenza cartesiana, cova una tendenza anarchica o contestatrice dei privilegi, che come un fiume carsico si nasconde per riemergere, come ora con i Gilet gialli. L’idea di Macron è quella di cavalcare questa tendenza per portarla a modificare in modo controllato la società, per “trasformare insieme a voi le collere in soluzioni”. Ci riuscirà? Questa in sintesi è la grande sfida dei prossimi mesi sulla quale gioca il suo quinquennio presidenziale e il suo possibile rinnovo.

Uno degli orientamenti forti del programma di governo di Macron è quello della transizione ecologica, che dovrebbe portare la Francia ad uno sviluppo sostenibile. Questa transizione, con le sue conseguenze, come la tassa sui carburanti, è stato il motivo iniziale che ha fatto scatenare la protesta dei Gilet gialli perché ritenuto una sorta di obiettivo dei ricchi abitanti delle città (ribattezzati bobos, borghesi bohème)  imposto alla popolazione povera e rurale che si vede costretta a usare la vecchia auto diesel per i lunghi spostamenti sul territorio agricolo dove, data la bassa densità abitativa, esistono pochi servizi di trasporto pubblico. Ma a questa protesta si sono aggiunti poi gli altri grandi temi delle tasse e della democrazia partecipativa, che hanno finito per prevaricare.

È per questo che la Lettera del presidente Macron inquadra i quattro temi principali entro i quali si sta indirizzando il dibattito: la fiscalità e le spese pubbliche, l’organizzazione dello Stato e dei servizi pubblici, la transizione ecologica, la democrazia e la cittadinanza. Come si nota la transizione ecologica ha fatto spazio a temi più direttamente sentiti dalla popolazione perché legati al tenore di vita, cioè ai salari al netto delle tasse, e all’accesso ai servizi pubblici. L’ultimo tema, quello della cittadinanza, è anche quello più ambizioso perché vorrebbe indicare le nuove forme di democrazia partecipativa compatibili con quella rappresentativa.

Il dibattito si svolge con la raccolta dei problemi nei Cahiers de doléances, come nel 1789, presso i Comuni, nei quali cominciano ad apparire le principali rivendicazioni, come giustizia sociale e fiscale, con assemblee dei cittadini organizzate dai sindaci, e con riunioni dei sindaci in alcune delle quali è prevista la partecipazione di Macron, o del primo ministro Édouard Philippe, o di altri ministri.

I sindaci francesi sono 35mila di cui 32mila a capo di comuni con meno di 2mila abitanti (in genere rurali), quindi con una conoscenza diretta della popolazione. Come dice Macron nella sua Lettera “I sindaci avranno un ruolo essenziale perché sono i vostri rappresentanti eletti e quindi il legittimo intermediario dell’espressione dei cittadini”. C’erano state frizioni con Macron accusato di voler ridurre i finanziamenti ai comuni, ma l’attuale ricorso ai sindaci come corpo intermedio indica l’idea che si debbano abbandonare le contrapposizioni ideologiche per stare sui problemi; inoltre con questa mossa Macron entra nei territori rurali tipicamente dominati dal Rassemblement national (ex Front national) di Marine Le Pen.

Una Commissione di garanti controlla l’indipendenza del Grande dibattito che viene gestito da una piattaforma su internet dove sono registrati ufficialmente tutti i 4mila dibattiti svolti sinora. I cittadini possono compilare dei questionari, lasciare i propri commenti e vedere quelli altrui e le sintesi dei dibattiti svolti. In polemica con il dibattito ufficiale i Gilet gialli hanno lanciato un sito intitolato “Le Vrai Débat” nel quale si svolge un dibattito con una sorta di votazione sulle varie proposte con pareri pro e contro. Un dibattito, quello dei Gilet, che si svolge solo sulla rete, diverso da quello ufficiale nel quale occorre prendere la parola in pubblico, e non è una differenza da poco per il coinvolgimento nella partecipazione.

Il Grande dibattito ha già dato i primi risultati politici facendo risalire la popolarità di Macron dal 23% di dicembre al 37% attuale di opinioni favorevoli. Questo dimostra l’apprezzamento dei francesi per l’opportunità che viene data loro, ma anche la relativa stima di Macron che nei dibattiti si dimostra competente su tutti gli argomenti e abile nell’arrivare a sintesi. Anche Lren, La République En Marche – ovvero il partito di Macron – sembra in risalita nei sondaggi, dal 19% di dicembre al quasi 22% di gennaio (in arancione nel grafico linkato). Da questi risultati nascono le accuse delle opposizioni sia di destra che di sinistra che il Grande dibattito non sia altro che la campagna elettorale di Macron a spese dello Stato.

La fase dei dibattiti si concluderà il 15 marzo. Poi ci sarà la fase della sintesi, preceduta da assemblee regionali composte anche da cittadini scelti con sorteggio, che si terranno a partire dal 1 marzo. Un lavoro enorme perché occorre mettere insieme i 9mila Cahiers de doléances, i risultati dei dibattiti, e i contributi nel sito internet dal quale emerge già una prima graduatoria dei 4 grandi temi proposti: 34% fiscalità, 25% transizione ecologica, 21% organizzazione dello Stato, e 19% cittadinanza. Questo lavoro di sintesi (svolto anche con le tecniche di data analytics) dovrà orientare la fase successiva di proposta politica e forse di leggi da approvare prima delle elezioni europee del 26 maggio. Si tratta di rispondere alla protesta dei Gilet e canalizzarla verso una nuova democrazia partecipativa. Missione impossibile? Macron si gioca tutto in questa sfida.