Il centenario della morte del Maestro è nel 2024, e ci sono 9,5 mln di euro per celebrarlo

Come rendere Puccini un attrattore di turismo sostenibile per Versilia e Lucchesia

Non serve rilanciare la promozione ma innovare, ripensando l’heritage pucciniano tramite un progetto unitario e una vera “call for ideas” di turismo culturale e creativo

In Versilia e Lucchesia sono in molti a nutrire aspettative sui 9,5 milioni di euro – stanziati a suo tempo dal Governo Draghi – per celebrare nel 2024 il centenario della morte di Giacomo Puccini. Il pensiero va in particolare alle ricadute sul turismo. Ma sono aspettative realistiche? E se sì, a quali condizioni?

In un territorio che non si distingue certo per la sostenibilità del modello di sviluppo turistico, il “turismo pucciniano” potrebbe veramente contribuire ad aprire nuove opportunità. Oggi ciò non accade.

Puccini non è un autonomo attrattore di flussi di visitatori. L’unica eccezione è costituita dal Festival di Torre del Lago, grazie al prestigio delle produzioni e all’eccezionalità del luogo, ma il Festival si svolge necessariamente d’estate e non può, ad esempio, contribuire alla destagionalizzazione. Si sovrappone al modello esistente, non lo corregge.

Quanto ai luoghi pucciniani, essi sono interessati da un turismo di nicchia, composto da pellegrini della cultura, che hanno già una qualche conoscenza della vita e delle opere del Maestro e ricercano l’emozione di immergersi nel paesaggio sonoro delle sue opere.

L’urgente e doveroso impegno ad intervenire per la conservazione ed il restauro dei luoghi non muterà le caratteristiche di questo mercato. Il Puccini-monumento sarà salvaguardato e tirato a lucido, ma solo per essere esibito allo stesso pubblico di ieri.

Fare di Puccini un attrattore di turismo sostenibile ha in realtà due requisiti importanti e – riteniamo – ineludibili.

Il primo è quello di ripensare l’heritage pucciniano. C’è infatti una realtà storica di Puccini (come viene studiata e raccontata appunto dagli storici), c’è la realtà artistica delle sue opere (come la analizzano i musicologi e ce la trasmettono i musicisti) e c’è – da non confondere – il suo heritage, ovvero la sua eredità. È quello che è stato definito “l’uso contemporaneo del passato”: ciò che in Puccini troviamo che sia importante oggi per noi, per aiutarci ad interpretare il nostro tempo e costruire quello futuro.

Puccini è una personalità di tale ricchezza e complessità che la ridefinizione del suo heritage non dovrebbe risultare difficile. Dobbiamo prima di tutto liberarci dalla melensa retorica delle “melodie immortali” e delle “fragili eroine”; molte sono le narrazioni che il genio di Puccinici potrà suggerire.

Quella di una via italiana alla modernità, nazionale senza essere nazionalista, globale senza essere globalista; quella di una visione della donna, attraverso le protagoniste delle sue opere, che ne esalta la dignità e il coraggio, anche di fronte alla violenza maschile; quella di un rapporto forte con la natura, la simbiosi tra l’artista e il suo lago (proprio quel dramma ecologico che è poi diventato Massaciuccoli).

Il secondo requisito sta nel comprendere che il problema non è quello di rilanciare la promozione, con l’ennesimo dispiego di professionisti della comunicazione e con grandi eventi predestinati ad un rapidissimo oblio. La sfida, invece, è di innovare il prodotto.

Più che meta di pellegrinaggio, i luoghi pucciniani dovrebbero diventare terreno di esplorazione e di scoperta o – come si dice nel marketing turistico – di una esperienza memorabile. Come? Metodi e tecnologie sono ampiamente disponibili nello strumentario di un aggiornato turismo culturale.

Potrebbero però mancare due ingredienti. C’è bisogno innanzi tutto di un progetto unitario nella sua concezione, un’esperienza che si articoli coerentemente sul territorio (e quindi contribuisca concretamente alla diffusione spaziale, oltre che temporale, delle presenze turistiche). Ciò non sono – per essere chiari – gli “itinerari”, con cui a posteriori si cerca di restituire una parvenza unificante allo spezzatino progettuale.

Inoltre, c’è bisogno di idee nuove. Agli attuali stakeholder, forti delle rendite di posizione che legittimano le loro pretese nella spartizione dei fondi, si potrebbe chiedere di accantonare generosamente un po’ di risorse e, con una visione illuminata del proprio interesse, aprire l’arena progettuale con una vera “call for ideas”. L’obiettivo potrebbe essere quello di sollecitare ed accompagnare progetti imprenditoriali innovativi di turismo culturale e creativo, ad esempio riprendendo le metodologie sperimentate con ottimi risultati da Invitalia. E crediamo che al Maestro non dispiacerebbe affatto di essere ancora oggi, cent’anni dopo, l’emblema di un’Italia che guarda al futuro, anche nel turismo.