Ancora troppo inquinamento atmosferico in molti stati europei

C’è molto da fare per rispettare le indicazioni dell’Oms per tutelare la salute delle persone: i dati dell’Agenzia europea per l’ambiente

Secondo i dati ufficiali dell’Agenzia europea dell’ambiente, la maggior parte degli Stati membri dell’Unione europea (UE) ha superato nel 2019 almeno uno o più dei limiti stabiliti dalle norme europee per gli inquinanti nell’aria ambiente. Sono i dati rilevati attraverso oltre 4.500 stazioni di monitoraggio in 40 Paesi del Vecchio Continente.

I dati dell’EEA mostrano che l’inquinamento atmosferico rappresenta ancora un grave rischio per la salute degli europei. L’OMS ha stabilito linee guida sulla qualità dell’aria per proteggere la salute umana dagli impatti degli inquinanti atmosferici. Questi orientamenti risalgono al 2005 e si basano sulle migliori prove scientifiche disponibili all’epoca.

Il 22 settembre l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha presentato le nuove linee guida sulla qualità dell’aria. Le linee guida aggiornate, forniscono raccomandazioni relativamente a sei inquinanti atmosferici. Si concentrano, infatti, sui cosiddetti inquinanti classici, il particolato (PM2,5 e PM10), l’ozono (O3), il biossido di azoto (NO2), il biossido di zolfo (SO2) e il monossido di carbonio (CO). Quando si interviene per ridurre questi inquinanti si ha anche un impatto su altri inquinanti.
Sulla base delle ampie prove scientifiche attualmente disponibili, le linee guida individuano i livelli di qualità dell’aria necessari per proteggere la salute pubblica a livello mondiale.

100 società scientifiche nazionali ed internazionali chiedono ai governi di attuare drastiche politiche per la riduzione dell’inquinamento atmosferico, come indicato dalle Linee Guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità appena pubblicate.
Le direttive dell’UE sulla qualità dell’aria ambiente fissano valori massimi (limite e obiettivo) per i livelli di concentrazione per un totale di 13 inquinanti atmosferici.

Nell’Europa centrale e orientale, la combustione di combustibili solidi per il riscaldamento domestico e l’industria comportano elevate concentrazioni di particolato fine e grossolano, nonché di benzo[a]pirene, noto cancerogeno. L’esposizione al particolato fine provoca malattie cardiovascolari, tumori ai polmoni e altre malattie che portano a decessi prematuri.

Nelle città più grandi, elevate concentrazioni di biossido di azoto persistono a causa del traffico stradale, un inquinante questo che causa asma e problemi respiratori. Soprattutto nell’Europa meridionale, gli inquinanti emessi dalle attività umane reagiscono al calore e alla luce solare per produrre alte concentrazioni di ozono a livello del suolo, che producono malattie cardiovascolari e irritazione degli occhi, del naso e della gola.

I principali dati dell’Agenzia europea per l’ambiente

Particolato (PM10): 21 paesi (di cui 16 Stati membri dell’UE) hanno registrato concentrazioni superiori al valore limite giornaliero dell’UE nel 2019, mentre 31 paesi hanno registrato concentrazioni superiori agli orientamenti più rigorosi dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

Il PM10 sono particelle di diametro uguale o inferiore a 10 µm. Sono emesse principalmente dai combustibili per il riscaldamento domestico, altre fonti importanti sono le attività industriali, l’agricoltura e i trasporti stradali. Alcune provengono anche da fonti naturali come il sale marino o la polvere sahariana e, infine, alcuni si formano nell’atmosfera dalla combinazione di diversi gas.

Sebbene i superamenti del valore limite giornaliero dell’UE siano diffusi in tutto il continente, le concentrazioni più elevate sono state riscontrate in alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale e nell’Italia settentrionale. Nella maggior parte dei paesi del l’Europa centrale e orientale, i combustibili solidi, come il carbone, sono ampiamente utilizzati per il riscaldamento domestico e in alcuni impianti industriali e centrali elettriche. La Pianura Padana, nel nord Italia, è un’area densamente popolata e industrializzata con condizioni meteorologiche specifiche che favoriscono l’accumulo di inquinanti atmosferici nell’atmosfera.

Secondo i dati forniti dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) nel 2020 in Italia il numero di stazioni di monitoraggio che hanno registrato un valore medio annuo superiore al limite di legge sono state solamente 2  su un totale di 534; un quadro generale positivo riguardo al rispetto del limite di legge, ed analogo alla situazione registrata anche negli altri paesi europei.

La situazione è decisamente più problematica se si confrontano i dati rilevati con il valore raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (del 2005), essendo la metà del limite di legge. In questo caso le stazioni di monitoraggio che l’hanno superato nel 2020 sono state 324 (60%) e le recenti nuove linee guida OMS riducono ulteriormente il valore raccomandato da non superare.

Particolato fine (PM2,5): 7 paesi (di cui 4 Stati membri dell’UE) hanno registrato concentrazioni superiori al valore limite annuale dell’UE nel 2019, mentre 28 paesi hanno registrato concentrazioni superiori all’orientamento dell’OMS del 2005.
Il PM2.5 sono particelle con diametro uguale o inferiore a 2,5 µm. Sono emesse principalmente dai combustibili per il riscaldamento domestico, dalle attività industriali e dal trasporto su strada. Come per il PM10, possono anche provenire da fonti naturali e possono formarsi nell’atmosfera. Le emissioni agricole di ammoniaca contribuiscono in modo significativo alla formazione di particelle nell’atmosfera.

Le concentrazioni più elevate sono state riscontrate nell’Europa centrale e orientale e nell’Italia settentrionale. Come per il PM10, l’uso di combustibili solidi è la ragione principale della situazione nell’Europa centrale e orientale, insieme a un parco veicoli più vecchio. Nel nord Italia, le alte concentrazioni sono dovute alla combinazione di un’alta densità di emissioni antropiche e condizioni meteorologiche che favoriscono l’accumulo di inquinanti atmosferici nell’atmosfera.

Nel 2020, secondo i dati SNPA, il numero di stazioni di monitoraggio che hanno registrato un valore medio annuo superiore al limite di legge sono state un numero piuttosto contenuto, 5 (1,7%), su un totale di 296, anche se leggermente superiore a quello che si era avuto nel 2019, quando erano state solamente 4 su 290 stazioni complessive (1,4%); in ogni caso è confermato un quadro generale decisamente positivo riguardo al rispetto del limite di legge.

Se si confrontano i dati rilevati con il valore raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (2005), e stazioni di monitoraggio che l’hanno superato nel 2020 sono state 230 (77,7%), in miglioramento però rispetto al 2019, quando era le stazioni di monitoraggio che avevano superato i 10 µg/m3 erano state 235 su 290 (81%). Peraltro va sottolineato che le nuove linee guida OMS riducono ulteriormente il valore raccomandato da non superare, e quindi il quadro che ne emerge è ancora più complesso.

Biossido di azoto (NO2): 22 paesi (di cui 18 Stati membri dell’UE) hanno registrato concentrazioni superiori al valore limite annuale dell’UE nel 2019, che è lo stesso orientamento dell’OMS del 2005.

La principale fonte di biossido di azoto (NO2) è il trasporto su strada, che emette NO2 vicino al suolo e per lo più in aree densamente popolate, contribuendo all’esposizione della popolazione. Altre fonti importanti sono i processi di combustione nell’industria e l’approvvigionamento energetico.

Le concentrazioni più elevate sono state riscontrate in tutta Europa nelle città più grandi con un volume di traffico elevato. L’impatto delle misure di blocco relative al COVID-19 durante il lockdown hanno chiaramente confermato che per questo inquinante atmosferico la principale fonte è il trasporto su strada.

Nel 2020, secondo i dati SNPA,  il numero di stazioni di monitoraggio che hanno registrato un valore medio annuo superiore al limite di legge sono state un numero ridotto, 14 (2,4%), su un totale di 595, in diminuzione rispetto al 2019, quando erano state 31 su 581 stazioni complessive (5%); è quindi confermato un quadro generale decisamente positivo riguardo al rispetto del limite di legge che fino ad ora coincideva con il valore raccomandato dall’OMS, ma che con le nuove linee guida è stato ridotto fortemente, e quindi anche per questo inquinante è facile prevedere che i valori OMS non saranno rispettati in gran parte delle stazioni di monitoraggio.