Sudan: in Darfur saccheggiato deposito Onu, 730.000 persone rimaste senza cibo

In Sudan crescono le proteste contro il governo militare golpista e le violenze, gli stupri e i profughi

[31 Dicembre 2021]

Il Segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha condannato fermamente «i continui saccheggi e attacchi contro le strutture, le attrezzature e le forniture delle Nazioni Unite donate alle autorità sudanesi per uso civile a El Fasher, nel Darfur».

Come ha spiegato in un briefing con la stampa il portavoce del segretario generale, Stéphane Dujarric,  «La sera del 28 dicembre 2021 è stata attaccata anche una struttura del World Food Programme (WFP). Sono state saccheggiate oltre 1.900 tonnellate di prodotti alimentari che avrebbero dovuto sfamare 730.000 persone vulnerabili per un mese».

Il capo dell’Onu si è rammaricato per la perdita di aiuti e altre attrezzature e forniture destinate a beneficio delle comunità del Darfur e ha invitato il governo militare golpista del Sudan a «Ristabilire l’ordine e a garantire che le proprietà e i beni dell’ex missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite e dell’Unione africana in Darfur, UNAMID, siano utilizzati esclusivamente per uso civile, in conformità con l’accordo quadro firmato dal governo con le Nazioni Unite nel marzo di quest’anno». Inoltre, Guterres ha invitato le autorità sudanesi a «Facilitare l’ambiente di lavoro sicuro e il passaggio per le restanti operazioni delle Nazioni Unite a El Fasher», esprimendo anche la sua gratitudine al personale civile e in uniforme delle Nazioni Unite che è rimasto sul territorio in queste difficili circostanze.

Anche la coordinatrice umanitaria in Sudan, Khardiata Lo N’diaye, ha condannato il saccheggio ricordando che «Si trattava di assistenza alimentare destinata alle persone più vulnerabili del Sudan. L’assistenza umanitaria non dovrebbe mai essere un obiettivo».

Attualmente, in Sudan una persona su tre, circa 14,3 milioni di esseri umani, ha bisogno di assistenza umanitaria. Secondo il 2022 Humanitarian Response Plan, «Il 25% di queste persone ha bisogno di sicurezza alimentare e mezzi di sussistenza» e la N’diaye ha spiegato che «Un attacco come questo impedisce gravemente la capacità di fornire alle persone che ne hanno più bisogno.  Chiediamo urgentemente a tutte le parti di aderire ai principi umanitari e consentire la fornitura sicura di assistenza salvavita».

Il saccheggio, eseguito da milizie armate non identificate ma ben attrezzate, è avvenuto mentre il WFP, l’agenzia Onu Premio Nobel per la Pace 2020 colpita, deve far fronte a «carenze di fondi senza precedenti, stimate in 358 milioni di dollari» e mentre in Sudan non cessano le proteste contro i militari golpisti e i loro complici civili. All’inizio di dicembre,  migliaia di persone sono scese in piazza per celebrare il terzo anniversario della rivolta che nell’aprile 2019 ha portato al rovesciamento del presidente Omar al-Bashir, che aveva governato per 30 anni, prima con un golpe militare e poi con continue frodi elettorali e repressione. I manifestanti che si sono diretti verso il palazzo presidenziale hanno anche protestato contro il colpo di stato militare di ottobre e contro l’accordo politico firmato il 21 novembre tra i militari golpisti e alcuni collaborazionisti.  Allora, le Agenzie Onu avevano espresso  «Profonda preoccupazione  per i  rapporti credibili di gravi violazioni dei diritti umani, compreso l’uso di stupri e stupri di gruppo di donne e ragazze,  impiegate per disperdere i manifestanti».

Il 7 dicembre, durante una conferenza stampa, il coordinatore dell’United Nations High Commission for Refugees (UNHCR) per il Darfur, Toby Harward, aveva detto che «L’ Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati è profondamente preoccupata per l’escalation di violenza nella regione del Darfur, in Sudan, che da novembre ha provocato lo sfollamento migliaia di persone, anche attraverso il confine con il Ciad. Quasi 10.000 sono fuggiti da un’ondata di violenza intercomunitaria nella località di Jebel Moon, nello Stato del Darfur occidentale. Oltre 2.000 di loro, per lo più donne e bambini, hanno cercato rifugio nel vicino Ciad».

Nei primi giorni di dicembre, durante una missione di valutazione a Jebel Moon, l’UNHCR e i suoi partner hanno fornito un rifugio di emergenza a 1.600 famiglie appena sfollate e altri generi di prima necessità, tra cui taniche, teli di plastica, coperte, materassini, set da cucina e zanzariere. Ma Harward avvertiva che «La tensione resta alta a Jebel Moon e negli ultimi giorni si sono verificati incidenti violenti in altre località del Darfur occidentale, tra cui El Geneina il 5 dicembre. I nostri team stanno anche ricevendo allarmanti segnalazioni da altre parti del Darfur su distruzione di villaggi, violenza sessuale e furto di bestiame. L’UNHCR teme che con l’aumento della frequenza di tali attacchi, la situazione umanitaria nella regione peggiorerà».

Il coordinatore dell’UNHCR ha anche evidenziato quale è il quadro climatico e ambientale dietro questi scontri e saccheggi: «La violenza in corso, unita a una stagione delle piogge scarsa e all’infestazione di parassiti, ha anche interrotto la stagione agricola in tutto il Darfur. Gli agricoltori sfollati hanno dichiarato al personale dell’UNHCR di essere preoccupati per un totale fallimento del loro raccolto, sollevando ulteriori preoccupazioni sulla sicurezza alimentare. Con un numero crescente di civili a rischio, l’UNHCR e i suoi partner stanno incontrando le autorità statali e i leader della comunità per discutere del deterioramento della situazione della sicurezza, garantire un accesso sicuro a tutte le aree colpite e rafforzare il coordinamento della risposta umanitaria».

In Ciad, i nuovi profughi sudanesi ​​hanno trovato rifugio in cinque località vicino al confine. Hanno urgente bisogno di cibo, acqua e riparo. Il poverissimo e instabile Ciad – governato da aprile da un’altra giunta militare golpista – ospita 520.000 rifugiati, il 70% dei quali provenienti dal Sudan.

Il Sudan ha circa 3 milioni di sfollati interni, di cui oltre l’80% vive nei cinque Stati del Darfur dove, nel 2021 sono stati segnalati oltre 200 episodi di violenza, che hanno portato a nuovi sfollamenti.

Il 23 dicembre, Kambou Fofana, direttore regionale ad interim dell’Unicef  per il Medio Oriente e il Nord Africa, aveva confermato la gravità della situazione e denunciato che «L’aumento della violenza intercomunitaria nel Darfur occidentale, più recentemente a Jebel Moon, ha provocato un alto numero di morti, compresi i bambini. Le famiglie continuano a essere sfollate e in fuga dalla violenza. Abbiamo anche ricevuto segnalazioni di violenza di genere nell’area. Durante le proteste a Khartoum all’inizio della settimana, bambini e donne erano tra i feriti. Stiamo seguendo da vicino le strazianti segnalazioni di stupri di donne e ragazze durante le proteste. L’Unicef chiede a tutte le autorità del Sudan di proteggere tutti i bambini da ogni forma di violenza e danno, anche durante i conflitti e gli eventi politici. L’uso eccessivo della forza contro i civili non è necessario e va evitato, sempre».

Secondo le autorità statali, dopo il saccheggio del deposito WFP a El Fasher, il 29 dicembre la situazione della sicurezza era stata ripristinata.   La N’diaye ha ringraziato le autorità locali per aver impedito il peggioramento della situazione, ma ha invitato il governo golpista a «Intensificare gli sforzi per proteggere e salvaguardare le strutture e i beni umanitari». MA sembra proprio che i militari, che hanno giustificato il loro golpe con il ristabilimento della sicurezza e dell’ordine, non siano in grado di mantenere sicurezza e ordine se non reprimendo e violentando gli oppositori e lasciando campo libero alle milizie armate e ai saccheggiatori,