Riesplode l’infinita guerra per le risorse minerarie nella Repubblica democratica del Congo

Onu: una pace duratura richiede una risoluzione politica delle cause profonde del conflitto

[28 Ottobre 2022]

Durante la recente riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla situazione nella regione dei Grandi Laghi, l’inviato speciale delle Nazioni Unite Huang Xia si è detto molto preoccupato per «La persistenza delle attività dei gruppi armati nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo (RdC)» e ha spiegato che, 7 mesi dopo il suo ultimo intervento davanti al Consiglio di sicurezza, «La regione è ancora alle prese con l’instabilità, dovuta all’attivismo dei gruppi armati, che costituisce una delle sue maggiori sfide».

Quella che gli africani chiamano la “Terza guerra mondiale del Congo”, iniziata ormai quasi 40 anni fa, è riesplosa con la rinascita del Mouvement du 23 mars (M23), un gruppo armato che opera nella provincia del Nord Kivu, che a giugno si è impadronito della città di Bunagana, al confine con l’Uganda, e le cui offensive hanno appena causato nuove vittime e lo sfollamento di migliaia di civili nel territorio di Rutshuru.

Il 20 ottobre, oltre 23.000 persone sfollate a causa dei combattimenti scoppiati nel Nord Kivu tra la Forces Armées de la République Démocratique du Congo (FARDC)  e i miliziani del M23 a Rangira nel territorio di Rutshuru. Tra i profughi ci sono anche le circa 2.500 persone che hanno attraversato il confine con l’Uganda. Ma già nei giorni precedenti decine di persone provenienti da Bunagana, Kabindi e Tchengerero erano entrate in Uganda. Dall’inizio di settembre, il governo ugandese ha chiuso tutti i siti di transito dei profughi e ha chiesto ai profughi congolesi di trasferirsi  nel campo profughi di Nakivale.

Secondo l’Onu, la ripresa delle ostilità rischia di limitare l’accesso umanitario in alcune aree, in particolare a Ntamugenga e Kalengera dove è in costruzione un nuovo sito per sfollati. La chiusura della importante strada Rutshuru-Goma ostacolerà ulteriormente la consegna di aiuti umanitari ai civili bisognosi nelle regioni di Rutshuru e Kiwanja. Già a partire da marzo, gli scontri tra l’esercito congolese e il M23 avevano causato lo sfollamento di almeno 186.000 persone, portando il numero totale degli sfollati nel territorio di Rutshuru a oltre 396.000.

Huang  ha sottolineato che «La persistenza delle attività delle Forces démocratiques alliées (ADF), delle  Forces démocratiques de libération du Rwanda (FDLR), della Résistance pour un Etat de droit (RED Tabara) e del M23, alimenta l’insicurezza nell’est della Repubblica democratica del Congo ma riaccende anche sfiducia e tensioni tra i Paesi della regione, in particolare tra Repubblica democratica del Congo e il Rwanda. Questo attivismo mette a repentaglio le conquiste degli ultimi anni in termini di cooperazione bilaterale e regionale auspicata dall’Accordo quadro di Addis Abeba.

L’inviato speciale dell’Onu ha ricordato che «Lo sfruttamento e il commercio illeciti delle risorse naturali continuano ad alimentare il circolo vizioso degli scontri tra le comunità, le attività dei gruppi armati e la loro strumentalizzazione da parte delle reti criminali transfrontaliere. Auspico che gli autori di questi crimini e delle violazioni dei diritti umani, commesse in particolare dai gruppi armati, siano perseguiti efficacemente, al fine di porre fine al ripetersi della violenza nella regione».

La situazione umanitaria nella regione dei grandi laghi africani è ancora drammatica: l’United Nations High Commissioner for Refugees  (UNHCR)  conta oltre 4,9 milioni di rifugiati e richiedenti asilo che sono fuggiti a causa della violenza e di fattori legati al clima. 12 milioni di persone sono attualmente sfollate in Burundi, Repubblica Centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Sud Sudan e Uganda.

Huang ha elogiato la mobilitazione degli Stati dell’East African Community  (EAC) per il processo di pace, riferendosi in particolare al ruolo svolto dal Kenya nel tentativo di risolvere il conflitto nella RdC orientale, dove RdC e il Rwanda, si accusano a vicenda di essere collusi con gruppi armati. L’approccio combina sforzi non militari, come le due consultazioni di aprile e maggio a Nairobi con 56 gruppi armati e rappresentanti della società civile congolese, e militari, con il dispiegamento di una forza regionale dell’EAC per scoraggiare i gruppi che si rifiutano di partecipare ai colloqui in Kenya.

L’inviato speciale ha chiesto «Un migliore coordinamento tra le varie truppe dispiegate sul territorio congolese e la forza di pace della rappresentata dalla Mission de l’Organisation des Nations Unies pour la stabilisation en République Démocratique du Congo (Monusco)» e ha anchee incoraggiato il coordinamento degli sforzi di mediazione nella regione, guidati dal presidente dell’Angola e dell’International Conference on the Great Lakes Region (ICGLR) João Lourenço, il presidente del Burundi e dell’EAC Évariste Ndayishimiye, e il governo del Kenya e ha inoltre sottolineato il desiderio di dialogo manifestato dai due Presidenti della Repubblica democratica del Congo Félix Tshisekedi e del Rwanda Paul Kagame, ma ha anche chiesto «Azioni concrete. La nomina del Coordinatore del meccanismo di verifica ad hoc è un passo incoraggiante». Questo meccanismo riunisce esperti di diversi Paesi dell’ICGLR responsabili delle indagini sugli scontri armati e gli attacchi ai civili. L’inviato speciale ha auspicato che «Altri meccanismi e misure di rafforzamento della fiducia previsti nella road map di Luanda firmata nel 2021 per la pace nella Repubblica Centrafricana vengano attuati rapidamente» e, ricordando che «Una pace duratura è possibile solo attraverso una soluzione politica delle cause profonde del conflitto», ha particolarmente apprezzato l’impegno degli Stati in iniziative non militari, prendendo atto dei cinque incontri di informazione dei Paesi membri del Groupe de contact et de coordination, un gruppo creato dagli Stati della regione per risolvere il conflitto nell’est della RdC, in vista del dispiegamento di una cellula operativa che supporterà la Forza regionale dell’EAC. Per questo, ha accolto con favore il primo dispiegamento di questa cellula nella provincia del Sud Kivu, con l’obiettivo di avviare contatti con i gruppi armati per facilitare il loro disarmo e il loro rimpatrio volontario, e ha citato «Altri esempi del dinamismo della cooperazione regionale, illustrati dall’adesione della RdC all’EAC, la cooperazione in materia di sicurezza tra il Burundi e la RdC; sforzi di riavvicinamento tra Uganda e Rwanda e il rafforzamento della cooperazione giudiziaria nella regione dei Grandi Laghi».

Huang ha sottolineato che «La stabilizzazione della regione dipende anche dalla sua capacità di trasformare la sua ricchezza mineraria, di importanza strategica per la transizione energetica, in un vettore di sviluppo sostenibile e inclusivo». Per questo ha ricordato le sue iniziative con il segretario esecutivo dell’ICGLR e i diversi Paesi produttori e acquirenti, «A favore di una migliore governance nello sfruttamento di questi minerali».