Ogni 20 anni raddoppiamo la massa della parte "antropica" del mondo prodotta dall'uomo e la curva sale ancora

Pianeta Terra 2020: la massa dei materiali prodotti dall’uomo è uguale alla biomassa del pianeta

Stiamo producendo cose a una velocità di oltre 30 gigatonnellate (30.000.000.000 di tonnellate) all'anno

[10 Dicembre 2020]

In questo infausto 2020, sulla Terra la massa di tutti i materiali prodotti dall’uomo – cemento, acciaio, asfalto, plastica, ecc. – è cresciuta fino a raggiungere la massa di tutta la vita sul pianeta, la sua biomassa. A dirlo a è il nuovo studio “Global human-made mass exceeds all living biomass”, pubblicato su Nature dai  ricercatori israeliani Emily Elhacham, Liad Ben-Uri, Jonathan Grozovski, Yinon M. Bar-On e Ron Milo del Department of plant and environmental sciences del Weizmann Institute of Science, che rivela che ormai siamo – e abbiamo probabilmente superato – questo punto di svolta, mentre gli esseri umani stanno attualmente aggiungendo nuovi edifici, strade, veicoli e prodotti a una velocità che raddoppia ogni 20 anni, portandoci a vivere in una “giungla di cemento” che entro il 2040 si prevede raggiungerà oltre due teratonnellate (cioè due milioni di milioni di tonnellate), o più del doppio della massa degli esseri viventi. Questo significa che ora l’umanità sta ora producendo roba a una velocità di oltre 30 gigatonnellate (30.000.000.000 di tonnellate) all’anno.

Lo studio, condotto dai team di Milo  e di Elhacham e Ben Uri, dimostra anche all’inizio del XX secolo, la “massa di origine antropica” equivaleva a solo il 3% circa della biomassa totale. Come siamo passati dal 3% a una massa equivalente in poco più di un secolo? I ricercatori israeliani rispondono che «Non solo noi umani abbiamo quadruplicato questa cifra negli anni successivi, ma le cose che produciamo hanno superato di gran lunga la crescita della popolazione: oggi, in media, per ogni persona sul globo, ogni settimana viene prodotta una quantità di massa antropica maggiore del loro peso corporeo».

Una crescita che si osserva in modo marcato dagli anni ’50 in poi, quando divennero ampiamente disponibili materiali da costruzione come il cemento e gli aggregati, ma anche quando iniziarono a diffondersi altri materiali oggi onnipresenti, come l’alluminio e la plastica. I ricercatori ricordano che «Nella “grande accelerazione” seguita alla seconda guerra mondiale, spaziose case unifamiliari, strade ed edifici per uffici a più piani si sono diffusi negli Stati Uniti, in Europa e in altri Paesi. Tale accelerazione è in corso da oltre 6 decenni e quei due materiali, in particolare, costituiscono una componente importante della crescita della massa antropica».

Allo stesso tempo, il peso degli esseri viventi è diminuito, a causa soprattutto della perdita di vita vegetale nelle foreste e negli spazi naturali.

Milo spiega che «Lo studio fornisce una sorta di “quadro generale” del pianeta nel 2020. Questa panoramica può fornire una comprensione cruciale del nostro ruolo principale nel plasmare la faccia della Terra nell’attuale era dell’Antropocene. Il messaggio sia per i responsabili politici che per l’opinione pubblica in generale è che non possiamo liquidare come minuscolo il nostro ruolo rispetto all’enorme Terra. Siamo già un protagonista importante e penso che da questo derivi na responsabilità condivisa».

Lo studio  definisce la dinamica dei materiali prodotti dall’uomo come un “metabolismo socio-economico” planetario e invita a fare un ulteriore confronto con il modo in cui i materiali naturali fluiscono attraverso i cicli di vita e geologici del pianeta. «Mettendo a confronto la massa e la biomassa prodotte dall’uomo nell’ultimo secolo, mettiamo a fuoco un’ulteriore dimensione del crescente impatto dell’attività umana sul nostro pianeta», ha detto la Elhacham.

Per Milo, «Questo studio dimostra fino a che punto la nostra impronta globale si è espansa oltre la nostra” misura delle scarpe”. Ci auguriamo che una volta che avremo tutti questi dati alquanto scioccanti davanti ai nostri occhi, potremo, come specie, comportarci in modo più responsabile».

Per far capire semplicemente quale sia l’insostenibile impatto antropico sul pianeta Terra, Milo ed Elhacham hanno collaborato con il designer grafico Itai Raveh per creare un sito web, Anthropomass.org, che spiega queste cifre in termini chiari e semplici.

Milo ha detto in un’intervista a BBC News: «Il significato è simbolico, nel senso che ci dice qualcosa sul ruolo principale che l’umanità svolge ora nel plasmare il mondo e lo stato della Terra che ci circonda. E’ un motivo per tutti noi per riflettere sul nostro ruolo, su quanto consumiamo e su come possiamo cercare di ottenere un migliore equilibrio tra il mondo vivente e l’umanità».

Lo studio del Weizmann Institute of Science è stato rilanciato con grande rilievo anche dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) e Beniamino Gioli, dell’Istituto di Bioeconomia del Cnr, ha commentato: «Come scritto, l’aumento di tale massa si ripercute ovviamente anche a livello ambientale tramite le emissioni dirette e indirette dei gas serra.  La sfida che abbiamo di fronte sarà “quella di diminuire questo impatto attraverso azioni molteplici e multi-disciplinari senza penalizzare lo sviluppo economico. Una delle chiavi sarà proprio quella di sostituire quote di massa “antropogenica”, ossia degli oggetti di fabbricazione umana, con quote di massa “biogenica” per svolgere talune funzioni delle nostre società: si pensi alla bio-edilizia con l’introduzione di materiali legnosi in luogo dei materiali a base di cemento; o al settore delle bio-plastiche, con la sostituzione di prodotti a base di petrolio con prodotti a base di risorse biologiche, quali gli scarti dell’agricoltura. L’utilizzo di queste risorse infatti, permette di arrivare a dei prodotti sfruttando processi naturali in luogo dell’impiego di processi artificiali, con conseguente riduzione delle emissioni di gas serra. Il settore delle costruzioni da solo è responsabile del 39% delle emissioni di CO2 e utilizzare il legno come materiale da costruzione, al posto del cemento, potrebbe più che dimezzare questo dato. Occorre una urgente transizione verso un nuovo modello di società».