L’accavallarsi delle crisi ha aggravato il gap occupazionale globale

Espandere la protezione sociale per conseguire la giustizia sociale e affrontare le crescenti disparità tra i Paesi ad alto e basso reddito

[1 Giugno 2023]

Secondo il nuovo rapporto “ILO Monitor on the world of work. Eleventh edition” dell’International labour organization (ILO), «L’accavallarsi delle crisi, unitamente all’aumento dei livelli di debito, stanno colpendo in modo sproporzionato i Paesi in via di sviluppo, aggravando il gap occupazionale globale tra i Paesi ad alto reddito e quelli a basso reddito e ampliando le disuguaglianze esistenti, esacerbate dalla pandemia di Covid-19».

Se per il 2023 si prevede una diminuzione della disoccupazione globale al di sotto dei livelli pre-pandemia – a 191 milioni, corrispondenti a un tasso di disoccupazione globale del 5,3% –  dall’altro, il rapporto dimostra però che i Paesi a basso reddito rimangono molto indietro nel processo di ripresa e l’ILO evidenzia che «Difficilmente i Paesi a basso reddito dell’Africa e della regione araba riusciranno a ritornare, entro quest’anno, ai livelli di disoccupazione precedenti alla pandemia. Per il Nord Africa, si prevede che il tasso di disoccupazione nel 2023 sarà dell’11,2% (10,9% nel 2019); per l’Africa subsahariana, del 6,3% (5,7% nel 2019); e per gli Stati arabi del 9,3% (8,7% nel 2019)».

Altre regioni sono riuscite a ridurre i loro tassi significativamente al di sotto dei livelli pre-crisi, con il 6,7% in America latina e nei Caraibi (8% nel 2019), il 6,3% in Europa settentrionale, meridionale e occidentale (7% nel 2019) e il 7,8% in Asia centrale e occidentale (9,2% nel 2019).

Va detto che il concetto di disoccupazione varia a seconda dei Paesi e che in quelli in via di sviluppo è considerato occupato anche chi lavora nell’economia “informale”. Infatti, oltre ai tassi di disoccupazione, l’ILO ha sviluppato un nuovo indicatore, il “jobs gap”,  che formnisce  una misura più accurata della domanda di lavoro non soddisfatta, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo e che rileva tutte le persone che vorrebbero lavorare ma non hanno un lavoro.

Il rapporto sottolinea che «Le variazioni relative al gap occupazionale evidenziano ulteriormente tale divario a livello globale. I Paesi a basso reddito registrano il più alto tasso di divario occupazionale, che raggiunge il livello allarmante del 21,5%, mentre nei Paesi a medio reddito, il tasso è leggermente superiore all’11%. I Paesi ad alto reddito registrano i tassi più bassi, pari all’8,2%. Inoltre, i Paesi a basso reddito sono l’unico gruppo di reddito che ha visto un aumento a lungo termine del tasso del jobs gap, dal 19,1% nel 2005 al 21,5% nel 2023».
LILO avverte che «L’aumento dei livelli di debito rappresenta un’ulteriore sfida per i Paesi in via di sviluppo, restringendo notevolmente le possibilità di intervento. I vincoli finanziari e fiscali ostacolano le politiche contro le minacce quali conflitti, disastri naturali e crisi economiche che tendono a rafforzarsi a vicenda, aggravando il gap occupazionale».

Secondo il rapporto, «I Paesi in via di sviluppo a basso reddito che si trovano in una situazione di sofferenza debitoria devono far fronte a un divario occupazionale significativamente più elevato, che raggiungerà il 25,7% nel 2023, rispetto all’11% dei Paesi in via di sviluppo a basso rischio di sofferenza debitoria».

E, mentre fa notare che non sono state colmate le gravi lacune delle politiche di protezione sociale nei Paesi in via di sviluppo, il rapporto fornisce nuovi elementi a conferma del fatto che «Un aumento degli investimenti porterebbe grandi benefici economici, sociali e occupazionali e ridurrebbe il divario occupazionale globale».

L’ILO Monitor esamina le pensioni di vecchiaia di base, soprattutto nei Paesi a reddito medio-basso e basso, dove solo il 38,6% e il 23,2% delle persone anziane riceve una pensione, rispetto al 77,5%  a livello globale e rileva che «L’introduzione di pensioni di vecchiaia universali di base nei Paesi in via di sviluppo farebbe aumentare il PIL pro capite del 14,8% entro 10 anni e ridurrebbe la povertà estrema (percentuale di persone che vivono con meno di 2,15 dollari al giorno) di 6 punti percentuali: una drastica riduzione rispetto all’attuale tasso del 15,5%. Il finanziamento della protezione sociale è una sfida impegnativa, ma non impossibile. Per i Paesi in via di sviluppo, il costo annuale per erogare pensioni di vecchiaia al livello delle soglie di povertà nazionali sarebbe pari all’1,6% del PIL».

Il rapporto fornisce solidi argomenti a favore di «Un sostegno finanziario globale per la creazione di posti di lavoro e il rafforzamento della protezione sociale in un periodo di molteplici crisi ed emergenze, per garantire che la ripresa e la ricostruzione siano inclusive e sostengano una trasformazione strutturale a lungo termine. Il rapporto sottolinea l’importanza cruciale di dedicare un margine di bilancio agli investimenti sociali nei paesi a basso reddito. Questo aspetto deve essere considerato con urgenza nell’ambito dell’attuale discussione globale sulla riforma dell’architettura finanziaria internazionale».

Il direttore generale dell’ILO, Gilbert F. Houngbo, ha concluso: «I risultati di questo rapporto ci ricordano con chiarezza le crescenti disuguaglianze globali. Investire nelle persone promuovendo l’occupazione e rafforzando la protezione sociale contribuirà a ridurre il divario tra nazioni e popolazioni ricche e povere. Per questo motivo l’ILO sta lanciando una Global Coalition for Social Justice. La Coalizione, che vedrà la partecipazione di numerosi organismi multilaterali e stakeholders, contribuirà a fare della giustizia sociale la chiave di volta della ripresa globale e a renderla una priorità per le politiche e le azioni nazionali, regionali e globali».