Dopo il terremoto, l’embargo contro la Siria di Assad colpisce profughi, oppositori, kurdi e palestinesi

L’appello dell’Onu: situazione drammatica. In Turchia proteste contro il governo di Erdogan

[8 Febbraio 2023]

Finora si stima che più di 8.000 persone siano rimaste uccise nel devastante terremoto e nelle fortissime scosse dui assestamento che hanno colpito Turchia e Siria, i feriti si contano a decine di migliaia e nessuno sa davvero cosa sia successo nei villaggi più remoti dell’area, mentre la popolazione krda  della Turchia denuncia di essere stata in gran parte abbadonata al proprio destino da un governo islamista e xenofobo che l’aveva emarginata e attaccata militarmente anche prima del terremoto. Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus si è detto scioccato dalle immagini e dai rapporti provenienti dalla Turchia e dalla Repubblica araba siriana e ha sottolineato che «Naturalmente, ciò che questi numeri non ci dicono è il dolore e la perdita che stanno vivendo le famiglie in questo momento che hanno perso una madre, un padre, una figlia, un figlio sotto le macerie, o che non sanno se i loro cari sono vivi o morti. I numeri non ci raccontano la situazione di pericolo che ora affrontano molte famiglie, avendo perso tutto, costrette a dormire fuori in pieno inverno. Ormai è una corsa contro il tempo. Ogni minuto, ogni ora che passa, le possibilità di trovare sopravvissuti vivi diminuiscono. Le continue scosse di assestamento, le rigide condizioni invernali, i danni alle strade, alle centrali elettriche, alle comunicazioni e ad altre infrastrutture continuano a ostacolare l’accesso e altri sforzi di ricerca e soccorso. I funzionari nazionali di entrambi i paesi stanno conducendo operazioni di ricerca e soccorso, anticipando al contempo la crescente necessità di cure traumatologiche per curare i feriti. L’obiettivo iniziale è salvare vite umane e curare le ferite».

Ghebreyesus ha sottolineato che «Siamo particolarmente preoccupati per le aree in cui non disponiamo ancora di informazioni. La mappatura dei danni è in corso, per capire dove dobbiamo concentrare la nostra attenzione. Operiamo senza rimpianti, con team di gestione degli incidenti rapidamente istituiti a livello nazionale, regionale e globale. Stiamo mobilitando forniture di emergenza e abbiamo attivato la rete di s<team medici di emergenza dell’Oms per fornire assistenza sanitaria essenziale ai feriti e ai più vulnerabili».

Dal suo hub medico di Dubai, l’Oms ha inviato tre voli charter verso Turchia e Siria (che è sotto embargo) con forniture mediche, compresi i principali kit per traumi chirurgici e  Ghebreyesus  gha assicurato che «Lavoreremo a stretto contatto con tutti i partner per sostenere le autorità di entrambi i Paesi, nelle ore e nei giorni critici a venire, e nei mesi e negli anni a venire, mentre entrambi i Paesi si riprenderanno e ricostruiranno». Poi ha fatto un palese riferimento alla necessità di mandare aiuti internazionali anche in Siria: «Ai nostri fratelli e sorelle della Turchia e della Repubblica araba siriana diciamo: siamo tutti con voi in questo momento di indicibile dolore. Questo è un momento in cui dobbiamo unirci in solidarietà, come un’unica umanità, per salvare vite umane e alleviare la sofferenza di persone che hanno già sofferto così tanto».

Intanto, come prima risposta al terremoto, l’Onu annunciato una sovvenzione di 25 milioni di dollari dell’ United Nations Central Emergency Response Fund (CERF) per dare il via alla risposta umanitaria e fornire urgente assistenza salvavita nella regione. Si tratta di una goccia nel mare della disperazione, poco più di un dollaro a persona, visto che la stessa Oms ha detto che i turchi e i siriani colpiti sono almeno 20 milioni.

Il vicesegretario generale dell’Onu per gli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi di emergenza, Martin Griffiths, ha evidenziato che «Mentre le persone nella regione affrontano le conseguenze devastanti di questa tragedia, vogliamo dire loro che non sono sole. La comunità umanitaria li sosterrà in ogni fase dell’uscita da questa crisi».

Gli edifici crollati in Turchia sono migliaia e Jens Laerke, portavoce dell’Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) dell’Onu, ha ricordato che «I bisogni della Siria sono enormi» anche in Siria, in particolare ad Aleppo, Latakia, Hama, nella campagna di Idlib e Tartus: «Dopo aver sopportato i massicci terremoti iniziali, le comunità traumatizzate in Siria hanno dovuto affrontare più di 200 scosse di assestamento». Il portavoce dell’Unicf James Elder ha aggiunto che «Questo ovviamente è arrivato nel momento peggiore possibile per molti, molti bambini vulnerabili in quelle aree che avevano già bisogno di sostegno umanitario. Sono andati a letto normalmente, sono stati svegliati dalle urla dei vicini, dai vetri rotti e dal rumore terrificante del cemento che si sgretolava.

Dopo 13 anni di guerra, la crisi economica e umanitaria in tutta la Siria era già devastante, ma a preoccupare sono soprattutto le condizioni di chi è sopravvissuto al terremoto nelle aree controllate dall’opposizione armata siriana. Dalle milizie h<jihadiste e dall’esercito turco e dai suoi mercenari. Si tratta spesso di profughi che erano già stati costretti a fuggire più volte dalle loro case a causa della guerra o di kurdi che si sono trovati intrappolati in aree conquistate dai soldati turchi e dai loro tagliagole.

Elder ha spiegato che «Era già una situazione di emergenza in tutto il nord-ovest della Siria, dove quattro milioni di persone ricevono sostegno umanitario. Le comunità sono alle prese con un’epidemia di colera, un inverno brutale e, naturalmente, un conflitto in corso».

Per l’United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) «Nelle 10 province turche colpite dai terremoti La situazione è tragica. In alcune di queste province colpite in Turchia, il 50% delle persone sono ora rifugiati», mentre, il portavoce dell’UNHCR Matthew Saltmarsh ha descritto l’emergenza terremoto in Siria come  «Un colpo di martello per le popolazioni sfollate che non possono lavorare e i cui risparmi sono stati esauriti. Siamo nel cuore dell’inverno, abbiamo assistito a tempeste di neve e, naturalmente, la guerra va avanti da oltre un decennio».

Mentre le squadre internazionali di ricerca e salvataggio arrivano nell’enorme cratere di un terremoto gigantesco e sono coordinate dall’OCHA, Laerke ha sottolineato ieri che «C’è una finestra di circa sette giorni… in cui troveremo sopravvissuti. Può succedere più tardi, ma è davvero fondamentale che queste squadre agiscano il prima possibile».

A parte i danni materiali alle strade e alle infrastrutture pubbliche che stanno rendendo più difficile il lavoro dei soccorritori, anche la terribile situazione economica della Siria ha rallentato i soccorsi. Tommaso Della Longa, portavoce della Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa (IFRC), ha fatto notare che «Gli sforzi di ricerca e salvataggio sono attualmente ostacolati dalla mancanza di attrezzature per rimuovere i detriti. C’è una grave mancanza di carburante in tutta la Siria e questo ha ostacolato il funzionamento di macchinari pesanti, il trasporto di personale e i servizi di ambulanza di emergenza».

Secondo l’UNHCR, in Turchia sono già migliaia le persone soccorse da squadre di emergenza coordinate dall’Autorità turca per la gestione dei disastri e delle emergenze (AFAD), ma si scontano anni di abbandono politico di un’area a maggioranza kurda e di un’urbanizzazione caotica in cui l’abuso è la norma.

Poi c’è il dramma dimenticato dei profughi palestinesi. . Circa 438.000 rifugiati palestinesi vivono nei 12 campi profughi della Siria e la Siria settentrionale ospita 62.000 rifugiati palestinesi a Latakia, Neirab, Ein-el Tal e Hama. Secondo l’United Nations Relief and Works Agency (UNRWA), «Circa il 90% delle famiglie di rifugiati palestinesi in Siria ha bisogno di assistenza umanitaria a causa dei terremoti».

Comunque il personale umanitario, comnptreso quello italiano, e al lavoro in mezzo a inferni di macerie, fango e freddo. Margaret Harris, portavoce dell’OMS ha detto che «Siamo stati in grado di spostare kit chirurgici e per traumi oltre confine da Gaziantep, dove ovviamente abbiamo preposizionato le forniture e siamo stati in grado di rifornire 16 ospedali in Siria, nelle aree colpite in Siria, già a partire dal 6 febbraio».

Rilanciando l’appello del segretario generale dell’Onu António Guterres a tutti i Paesi affinché «Sostengano tutti coloro che hanno già un disperato bisogno di aiuti umanitari», Laerke ha chiesto aiuto per tutti coloro che ne hanno bisogno e – di fatto – di sospendere l’embargo contro il regime di Bashir al-Assad che sta diventando un embargo anche contro chi si oppone al regime: «E’ imperativo che tutti la vedano per quella che è: una crisi umanitaria in cui sono in gioco vite umane. Per favore, non politicizzare nulla di tutto questo, portiamo gli aiuti alle persone che ne hanno così disperatamente bisogno».