Difendere il domani, nel 2019 record di ambientalisti e difensori della terra uccisi: 212 (VIDEO)

La crisi climatica e le minacce contro chi lotta in prima linea per fermarla. Colombia e Filippine i Paesi più pericolosi

[31 Luglio 2020]

La crisi climatica è la più grande minaccia globale ed esistenziale che l’umanità deve affrontare ma, mentre si intensifica ed esacerba molti degli altri gravi problemi del mondo – dalla disuguaglianza economica all’ingiustizia razziale e alla diffusione delle malattie zoonotiche – nonostante le evidenze sempre e più chiare del ruolo essenziale che svolgono gli ambientalisti e i difensori della terra, imprese, finanza e governi non riescono a salvaguardare il loro lavoro vitale e pacifico di chi da anni è in prima linea contro il disastro climatico.

Lo conferma ancora una volta il nuovo rapporto “Defending Tomorrow: The climate crisis and threats against land and environmental defendersdi Global Witness che riporta la cifre della repressione sistematica di sfida le imprese che, liberandosi di ogni ostacolo che incontrano sul loro cammino distruggono foreste, cieli, zone umide, oceani e hotspot della biodiversità.

Il rapporto dimostra che il 2019 è stato l’anno con il numero più alto di sempre di vittime: «sono stati uccisi 212 difensori della terra e dell’ambiente, in media più di quattro persone a settimana» dice  Global Witness. Dato che molti casi spesso non vengono documentati e che i desaparecidos s non si contano, a livello globale il numero reale di omicidi è stato probabilmente molto più elevato.

Sorprendentemente, oltre la metà di tutti gli omicidi segnalati l’anno scorso sono avvenuti in soli due Paesi: Colombia e Filippine.  «Entrambi hanno visto un aumento degli attacchi contro i difensori della terra e dell’ambiente dal 2018, con in Colombia nel 2019 un picco di 64 omicidi di attivisti: il più alto mai registrato nel Paese da Global Witness». Tutti i rapporti dimostrano che in Colombia negli ultimi anni gli assassinii di leader della comunità e sociali è aumentato drammaticamente. L’United Nations Human Rights Office evidenzia diverse ragioni per questa crescente ondata di violenza, a cominciare dai problemi posti dall’attuazione dell’Accordo di pace del 2016, compresa la riforma agraria e programmi volti a incoraggiare gli agricoltori a passare dalle colture illegali a quelle legali. E iI rapporto sottolinea che «I conseguenti cambiamenti nelle dinamiche di potere locali stanno aumentando la violenza», con le bande armate di destra che controllano il narcotraffico e l’esercito che attaccano gli ex guerriglieri delle Farc e le comunità locali.

Le Filippine del presidente neofascista Rodrigo Duterte sono diventate ancora più letali per gli attivisti ambientali e si confermano come uno dei peggiori posti in Asia dove essere ambientalisti. Ma  Global Witness fa notare che «Le cose nel 2019 sono anche peggiorate, con il numero di omicidi che sono saliti a 43. L’inesorabile diffamazione dei difensori da parte del governo e la diffusa impunità per i loro aggressori potrebbero aver causato questo l’incremento».

Tra questi omicidi c’è anche quello di Datu Kaylo Bontolan, un leader Manobo assassinato nelle Filippine dopo essersi opposto all’estrazione illegale nell’area.  è stato uno dei tanti indigeni uccisi nel 2019, rivendicando il loro diritto all’autodeterminazione e che proteggono le loro terre ancestrali da chi cerca di sfruttare le loro risorse naturali.

Oltre due terzi degli omicidi dei difensori dell’ambiente è avvenuto in America Latina che, dal 20120, da quando  Global Witness pubblica il suo rapporto annuale, si è costantemente confermata come la regione più colpita. Nel 2019, la sola regione amazzonica ha visto 33 morti. In Brasile, quasi il 90% delle uccisioni sono avvenute in Amazzonia. In Honduras, gli omicidi sono aumentati da 4 nel 2018 a 14 l’anno scorso, rendendolo il Paese più pericoloso nel 2019 in base alla popolazione.

Con 50 difensori uccisi nel 2019, l’industria mineraria è stata la più mortale. Ma anche l’agroindustria continua a mietere vittime con 34 difensori uccisi, l’85% dei quali in Asia. Ma e stata la deforestazione il settore con il più alto aumento di omicidi a livello globale: l’85% in più di attacchi contro chi si oppone alla distruzione delle foreste e 24 difensori dell’ambiente uccisi nel 2019.

L’Europa si conferma la regione meno colpita, con due persone uccise nel 2019, entrambe impegnate a fermare il disboscamento illegale in Romania. Uno degli assassinati era di Liviu Pop, un ranger che proteggeva una delle più grandi foreste primordiali essenziali per il clima in Europa e che è stato ucciso dalle bande criminali organizzate stanno decimando quelle foreste.

Con il 40% delle vittime che appartengono alle comunità indigene, I popoli indigeni continuano a correre un rischio sproporzionato di rappresaglie. «Tra il 2015 e il 2019 oltre un terzo di tutti gli attacchi mortali ha colpito gli indigeni – fa notare il rapporto – – anche se le comunità indigene rappresentano solo il 5% della popolazione mondiale.

Un difensore dell’ambiente su 10 ucciso era una donna. «Spesso la spina dorsale della loro comunità – spiega  Global Witness – le donne tendono ad assumersi maggiormente la responsabilità di prendersi cura dei bambini e dei parenti anziani, oltre a cercare di guadagnarsi da vivere e lavorare come attiviste. Le donne che agiscono e parlano possono anche affrontare minacce specifiche di genere, compresa la violenza sessuale. Possono anche essere prese di mira se altri membri della loro famiglia sono difensori dell’ambiente.

Il simbolo della lotta delle donne è Angelica Ortiz, una Wayuu di La Guajira, che per anni si era opposta alla più grande miniera di carbone in America Latina per proteggere il diritto all’acqua delle comunità che vivono in una delle regioni più povere della Colombia e che è stata minacciata di morte e molestata.

In media,  dal dicembre 2015, quando è stato firmato l’Accordo di Parigi sul clima, accendendo la speranza di una nuova era di progresso climatico,  ogni settimana sono stati uccisi 4 attivisti ambientali e innumerevoli altri sono messi a tacere da attacchi violenti, arresti, minacce di morte, violenza sessuale o cause legali.

Rachel Cox di Global Witness denuncia: «L’industria agroalimentare e il petrolio, il gas e l’estrazione mineraria sono stati costantemente i principali motori di attacchi contro i difensori della terra e dell’ambiente e sono anche le industrie che ci spingono ulteriormente sulla via del cambiamento climatico attraverso la deforestazione e l’aumento delle emissioni di carbonio. Molte delle peggiori violazioni dei diritti umani e ambientali del mondo sono causate dallo sfruttamento delle risorse naturali e dalla corruzione nel sistema politico ed economico globale. I difensori della terra e dell’ambiente sono le persone che prendono posizione contro tutto questo. Se vogliamo davvero fare piani per una ripresa verde che ponga al centro la sicurezza, la salute e il benessere delle persone, dobbiamo affrontare le cause profonde degli attacchi ai difensori e seguirli nella protezione dell’ambiente e nell’arrestare la distruzione climatica».

Ricerche recenti dimostrano che le comunità indigene e locali di tutto il mondo gestiscono foreste che stoccano carbonio equivalente a 33 volte le nostre attuali emissioni annuali, sebbene anche questa cifra sbalorditiva sia probabilmente sottovalutata.   Allo stesso tempo, la ricerca sta dimostrando chiaramente che le terre gestite dagli indigeni hanno tassi di deforestazione più bassi e migliori risultati di conservazione rispetto alle zone di protezione che escludono le popolazioni indigene.  Il lato oscuro di questi fatti è che anche le comunità indigene subiscono un numero molto sproporzionato di attacchi ai difensori. La proprietà incerta della terra, le pratiche commerciali irresponsabili e le politiche governative che privilegiano le economie estrattive a scapito dei diritti umani stanno mettendo a rischio queste persone e la loro terra. Affrontare questi problemi dovrebbe essere in testa agli sforzi mondiali per affrontare i cambiamenti climatici. Ma allo stato attuale, corriamo il rischio di perdere un’enorme opportunità. La domanda, per tutti noi, è se vogliamo costruire un futuro migliore e più verde per il nostro pianeta e la sua gente. La risposta sta nel seguire la leadership, le campagne e le soluzioni che i difensori della terra e dell’ambiente hanno affinato per generazioni».

Nonostante debbano affrontare queste minacce violente e la criminalizzazione, nel 2019 i difensori dell’ambiente di tutto il mondo hanno comunque ottenuto numerosi successi, a testimonianza della loro capacità di resistenza, forza e determinazione nel proteggere i loro diritti, l’ambiente e il nostro clima globale.

In Ecuador, gli indios della tribù Waorani hanno ottenuto una sentenza storica che ha impedito al governo di mettere all’asta il loro territorio per l’esplorazione di petrolio e gas. In Indonesia, dopo una lotta decennale. la comunità indigena Dayak Iban del Borneo centrale si è assicurata la proprietà legale di 10.000 ettari di terra.

In un caso portato di fronte alla Corte suprema del Regno Unito dalle comunità colpite da una gigantesca miniera di rame nello Zambia, un giudice ha deciso che la denuncia può essere accolta nei tribunali inglesi, il che potrebbe avere implicazioni più ampie per le imprese che non rispettano gli impegni presi verso le comunità e l’ambiente.

Global Witness  conclude: «Dobbiamo ascoltare le richieste dei difensori della terra e dell’ambiente e amplificarle. Ispirati dal loro coraggio e leadership, dobbiamo spingere chi è al potere – aziende, finanzieri e governi – ad affrontare le cause profonde del problema, supportare e salvaguardare i difensori e creare regolamenti che garantiscano che i progetti e le operazioni vengano eseguiti con la dovuta diligenza, trasparenza e il consenso libero. preventivo e informato».

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