Bioeconomia delle foreste: Italia in forte ritardo su pianificazione, gestione sostenibile e valorizzazione delle filiere

Il punto di Legambiente: 18% del territorio forestale sottoposto a pianificazione, il 9% con certificazione. Oltre l’80% del fabbisogno nazionale proviene dall’estero

[27 Ottobre 2022]

Dal report “Bioeconomia delle Foreste” presentato oggi da Legambiente emerge che «L’Italia è in forte ritardo nella pianificazione e gestione forestale e nella valorizzazione delle filiere forestali del made in Italy. Nonostante il nostro Paese vanti una superficie boscata pari al 36,7% del territorio nazionale e un sistema di tutela tra i più stringenti in Europa, solo il 18% delle foreste italiane è sottoposto a pianificazione (regionale o locale), mentre la certificazione forestale interessa appena il 9% dei nostri boschi. Preoccupa, inoltre, la forte dipendenza per l’approvvigionamento di legname e semilavorati dall’estero, da cui l’Italia importa oltre l’80% del suo fabbisogno: un commercio che non ha eguali in Europa, con un impatto ecologico ed emissioni in altri Paesi, e che a livello globale è al centro di traffici illegali e deforestazione con un fatturato inferiore solo al traffico di stupefacenti».

Una denuncia  che Legambienta ha fatto oggi, a 4 anni dalla tempesta Vaia che nel 2018 distrusse 41 mila ettari di boschi e schiantò a terra 8,7 milioni di m3 di legname nel Nord Est del Paese,  al  V Forum nazionale “La Bioeconomia delle Foreste. Conservare, ricostruire, rigenerare” che ha fatto il punto sul patrimonio boschivo italiano, indicando col  suo ultimo report le principali azioni da mettere in campo per una gestione forestale sostenibile.

Il Cigno Verde evidenzia che «La mancata pianificazione e gestione forestale sostenibile, l’illegalità riscontrata nella filiera legno-energia, ma anche la dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento della risorsa – che rischia di aggravare la deforestazione su scala globale – incidono pesantemente sui ritardi accumulati dall’Italia per raggiungere gli obiettivi su clima e biodiversità al 2030».

Per colmare questi ritardi, l’associazione ambientalista dice che «E’ necessario agire subito, accelerando in primis nell’applicazione della Strategia nazionale forestale, promuovendo la nascita di un Cluster Legno Nazionale per rafforzare il made in Italy e aumentando la produzione interna di prodotti forestali di qualità per ridurre la dipendenza dall’estero e contribuire in tal modo alla decarbonizzazione. Le foreste sono un patrimonio ambientale che potrebbe giocare un ruolo diverso nel comparto del legno arredo, seconda manifattura del Paese la cui filiera del riciclo post-consumo vale oggi circa 2 miliardi di euro e oltre 11 mila posti di lavoro.   Un patrimonio da non disperdere ma da valorizzare soprattutto in termini di bioeconomia».

Il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, ha ricordato che «Lo scorso marzo è stata approvata la Strategia forestale nazionale che è il fondamento su cui imprimere una svolta per gestire in maniera sostenibile il nostro patrimonio boschivo. Un patrimonio che non è soltanto il principale serbatoio naturale di carbonio di cui disponiamo, ma anche generatore di un valore sociale ed economico da capitalizzare tramite una pianificazione adeguata  Occorre però che la strategia sia attuata velocemente per raggiungere i target al 2030 di aumento della capacità di assorbimento della CO2 di superfici e suoli forestali e di rafforzamento della bioeconomia circolare, rendendo trasparenti il settore e le filiere produttive. Il Next Generation EU, la Strategia dell’UE per le foreste, il clima e la biodiversità e le politiche comunitarie per l’agricoltura, d’altra parte, ci offrono l’opportunità di valorizzare sia i boschi che le filiere forestali».

Altro tema al centro del Forum di oggi è quello dei rischi per le foreste italiane che ospitano quasi la metà delle specie animali e vegetali di tutta Europa e una variegata biodiversità forestale, con specie legnose endemiche. L’ammontare complessivo di carbonio immagazzinato negli ecosistemi forestali italiani è inoltre pari a 1,24 Gt (miliardi di tonnellate).   Legambiente sottolinea che «Calamità naturali ed eventi climatici estremi sono sempre più frequenti e hanno reso le foreste italiane più fragili, vulnerabili e meno resilienti. Minacce che possono portare a conseguenze devastanti per la sopravvivenza e l’efficienza di particolari ecosistemi forestali, ma anche per il loro valore economico e sociale».

Dall’analisi dei dati dell’ultimo aggiornamento dell’Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi forestali di carbonio (INFC), si evidenzia come il 4,3% dei nostri boschi sia interessato da danni più o meno evidenti su una porzione della copertura superiore al 30%, dato su cui hanno inciso sia gli incendi devastanti (dal 2017 al 2021) che la tempesta Vaia del 2018.

Il rapporto spiega che «Le principali cause di danno sono fitopatie causate da insetti, funghi, batteri, micoplasmi e virus (33,8% della superficie del bosco con danni su almeno il 30% della copertura), eventi climatici estremi quali tempeste di vento, alluvioni, nevicate molto abbondanti (26,5%) e incendi del soprassuolo e del sottobosco (rispettivamente 20,7% e 1,9%). Questi dati ufficiali, però, non tengono conto della poca trasparenza della filiera burocratica che sovraintende il sistema delle autorizzazioni per l’utilizzo produttivo del nostro patrimonio boschivo che, per un inefficiente sistema di raccolta dei dati sulle autorizzazioni ai tagli, non è in grado di garantire un conseguente sistema di controlli e verifiche legali.

Antonio Nicoletti, responsabile aree protette di Legambiente, aggiunge: «Gli ecosistemi forestali sono essenziali per ridurre i rischi e mitigare le minacce della crisi climatica, sono un patrimonio strategico per il raggiungimento della neutralità climatica al 2050, per la salvaguardia della biodiversità e dei territori e per il potenziamento delle filiere made in Italy a esso connesse. Per questo è fondamentale una gestione sostenibile e responsabile, ma soprattutto competente e consapevole, che punti al ruolo multifunzionale dei boschi. I prodotti a base legno, in particolare, sono importanti per la transizione dell’Ue verso un’economia a impatto climatico zero e, nel breve periodo, serve valorizzare tutte quelle filiere in grado di contribuire alla decarbonizzazione».

Per superare i ritardi e raggiungere con immediatezza gli obiettivi previsti, Legambiente propone: «Un incremento della diversità forestale per frenare gli effetti del climate change; più boschi con popolamenti maturi e senescenti e la costituzione della rete delle foreste primarie e vetuste, con l’obiettivo di tutelare il 30% del territorio, destinare a riserva integrale il 10% delle foreste e realizzare hot-spot di biodiversità forestale; un incremento di monitoraggio, ricerca e conoscenza degli ecosistemi forestali; prevenzione dei rischi naturali e riduzione delle minacce per le foreste, attraverso un sistema di prevenzione multirischio e un efficace sistema d’intervento di protezione civile in ambito forestale; foreste urbane per rigenerare le città e combattere la crisi climatica; pianificazione forestale obbligatoria e certificazione. Più legno nei processi produttivi e uso a cascata per fini energetici, promuovendo l’utilizzo di materiali di origine forestale in sostituzione di materiali di origine fossile e il cemento nel settore delle costruzioni, e un uso della biomassa forestale per produrre energia rinnovabile che rispetti il principio di uso a cascata delle risorse forestali e provenga da filiere corte; bioeconomia circolare, biodiversità e infrastrutture verdi, destinando in particolare risorse ordinarie per il settore forestale a investimenti e agevolazioni per giovani imprese che investono in green jobs e a bonus fiscali per il ripristino degli ecosistemi; la definizione di una strategia di contrasto a commercio illegale e deforestazione».