Wwf: l’8 luglio è il Fish Dependence Day europeo

Un italiano consuma circa 29 Kg di pesce «Troppa poca attenzione a etichette, differenziazione e taglia dei prodotti che scegliamo»

[8 Luglio 2021]

Il Fish Dependence Day  è il momento dell’anno in cui l’Europa esaurisce l’equivalente della propria produzione annua interna di pesce, molluschi e crostacei e quindi segna il limite oltre il quale i consumatori europei terminano “virtualmente” il consumo di pesce pescato nei mari della regione e iniziano a utilizzare quello d’importazione e questo momento arriva proprio a luglio, nel periodo in cui siamo più abituati a mettere in tavola ricette a base di pesce.

Il Wwf ricorda che «Ciò significa che se nei primi 6 mesi dell’anno avessimo consumato solo risorse dei nostri mari, da luglio alla fine dell’anno queste non sarebbero più disponibili e l’Europa dovrebbe ricorrere alle importazioni per sostenere la crescente richiesta dei consumatori. La domanda europea di prodotti ittici è infatti troppo alta: se ogni cittadino europeo consuma in media circa 23 chili di pesce l’anno, i consumatori italiani si mostrano ancora più appassionati di questo alimento, con i loro 29 chili di pesce pro capite l’anno».

Per questo il Wwf rilancia la campagna #DoEatBetter che a luglio fornirà utili consigli a tutti i consumatori che non vogliono rinunciare ai prodotti del mare, per comportarsi consapevolmente e saper scegliere in maniera informata e senza troppe difficoltà i prodotti giusti da mettere in tavola.

Il Panda ricorda che «Il Fish Dependence day negli ultimi tre decenni è stato anticipato di anno in anno, un segnale dell’impoverimento progressivo delle risorse e connesso alla crisi globale della pesca». Il Wwf lancia l’allarme, sottolineando «Il drammatico stato in cui versano gli oceani e in particolare il Mar Mediterraneo, non più in grado di sostenere i livelli di domanda del mercato. Il 75% degli stock ittici monitorati nel Mare nostrum risulta sfruttato al di sopra della loro capacità di rigenerarsi, mentre a livello globale sono circa il 33% gli stock ittici monitorati che risultano sovrasfruttati. Condizioni acuite dagli altri impatti cui è soggetto l’ecosistema marino, in primo luogo il cambiamento climatico».

Giulia Prato, responsabile mare di Wwf Italia, avverte che «Se non riusciremo a invertire questo trend, il rischio sempre più probabile è di andare verso il collasso degli stock ittici, con gravi conseguenze su tutto l’ecosistema marino. Il mese di luglio diventa quindi un momento clou per invitare l’intero settore ad adottare comportamenti più responsabili. Stiamo mettendo a rischio la sopravvivenza delle risorse naturali marine e con loro tutte le comunità che vivono di pesca come fonte di cibo e di reddito, dai villaggi del Mediterraneo fino agli arcipelaghi indonesiani. Si tratta di circa 800 milioni di persone. Mai come oggi, dopo quasi due anni di pandemia, è stato di così vitale importanza mettere in atto comportamenti sostenibili per la salvaguardia degli ecosistemi marini e delle comunità che da essi dipendono. Un approccio omnicomprensivo alla tutela degli ecosistemi marini è infatti l’unica soluzione possibile per creare un mercato più sostenibile, condizione imprescindibile per il benessere delle future generazioni e l’integrità degli habitat marini».
Il Wwf conclude ricordando di essere «Impegnato a promuovere una pesca più sostenibile a 360 gradi: con i pescatori locali affinché pratichino attività di pesca più sostenibili in termini ecologici e socio-economici e perché si impegnino in pratiche di diversificazione delle loro attività come quella del pescaturismo. Un settore tradizionale per il nostro paese come quello della piccola pesca ha un forte bisogno di coinvolgere le nuove generazioni nello sviluppo di pratiche sempre più responsabili. Le stesse pratiche locali che devono però essere supportate da una legislazione che riconosca e formalizzi la cogestione delle risorse tra pescatori, enti di ricerca, istituzioni e società civile a livello locale. In questo ambito le istituzioni nazionali e sovranazionali sono attori di fondamentale importanza perché si possano porre le giuste basi per attuare regolamentazioni e controlli in contrasto con la pesca illegale, non regolamentata e non riportata (IUU) e a tutela di chi invece opera in maniera responsabile. Indispensabile è anche il coinvolgimento attivo delle aziende che operano nel settore, perché si impegnino nella trasformazione delle proprie filiere, modificando le loro attività verso metodi di approvvigionamento e tracciabilità più sostenibili, dal mare al piatto».