Pesca e stock ittici del Mediterraneo e del Mar Nero: c’è qualche miglioramento

La sostenibilità può essere costosa a breve termine, ma non c'è niente di più costoso che rimanere senza pesce

[12 Dicembre 2018]

La pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero è minacciata nel lungo termine dagli effetti dell’inquinamento causato dalle attività antropiche, dal degrado degli habitat, dall’introduzione di specie invasive, dalla pesca eccessiva e dall’impatto del cambiamento climatico. Ma c’è finalmente qualche buona notizia: secondo il rapporto “The State of Mediterranean and Black Sea Fisheries”, pubblicato dalla General fisheries commission for the Mediterranean (Gfcm) e della Fao, e che è stato presentato in occasione del primo Fish Forum della Commissione Gfcm che è in corso alla Fao a Roma, «Nonostante le principali specie ittiche commerciali del Mediterraneo e del Mar Nero siano ancora sovra-sfruttate, negli ultimi anni si è ridotta la pressione facendo ben sperare  – per la prima volta – che si possano recuperare gli stock ittici. La percentuale di stock ittici sovra-sfruttati è diminuita del 10%, passando dall’88% nel 2014 al 78% nel 2016».

Gli stock pescati entro limiti biologicamente sostenibili includono principalmente specie pelagiche di piccole dimensioni (sardine e acciughe) e alcuni stock di triglie rosse e gamberetti rosa.

Ma il rapporto avverte che « Sono tuttavia necessari ulteriori sforzi per garantire la sostenibilità delle risorse ittiche a lungo termine. Ciò significa più sostegno alla pesca su piccola scala, che impiega la maggior parte dei pescatori e causa meno danni ambientali; riduzione delle catture accessorie e degli scarti; e l’introduzione di misure più drastiche come la riduzione significativa della pesca o la creazione di zone soggette a restrizioni (aree in cui le attività di pesca sono regolamentate).Quest’ultima iniziativa è particolarmente necessaria per salvaguardare le specie più pescate, come il nasello europeo, pescato quasi 6 volte oltre il suo livello sostenibile».

Infatti, il nasello europeo rimane la specie soggetta alla più alta pressione in tutto il Mediterraneo, seguita dal rombo nel Mar Nero e dal sugarello nel Mediterraneo.

La pesca di cattura marina nel Mediterraneo e nel Mar Nero produce un reddito annuo stimato di 2,8 miliardi di dollari e impiega direttamente poco meno di 250.000 persone. La Fao evidenzia che «A differenza di altre importanti zone di pesca, le attività di pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero non hanno vasti stock monospecifici e sfruttano invece una varietà di stock di pesci bentonici e pelagici, oltre a molluschi e crostacei».

nel 2017, la flotta peschereccia ufficialmente dichiarata nel Mediterraneo e nel Mar Nero comprendeva circa 86.500 navi, 6.200 unità in meno rispetto al 2014. I piccoli pescherecci costituiscono l’(3% della flotta da pesca nel Mediterraneo e  ben il  91% nel Mar Nero. E secondo i dati Fao «I pescherecci di piccole dimensioni generano la maggior parte dell’occupazione (59%) nel settore, ma generano solo il 26% delle entrate totali. I lavoratori delle navi di piccole dimensioni guadagnano solo il 50% circa di quanto guadagnano i lavoratori di pescherecci con reti da traino e reti a circuizione».

Il Mediterraneo e il Mar Nero sono una delle regioni più attentamente monitorate al mondo: le principali specie commerciali, circa il 50% delle catture totali, sono valutate scientificamente.

Il segretario esecutivo della Gfcm, Abdellah Srour, ha ricordato che «La pesca fornisce alla regione un importante equilibrio socio-economico ed è essenziale per porre fine a fame e povertà»,

Uno dei coordinatori del rapporto, il responsabile del dipartimento pesca della Fao Miguel Bernal, ha aggiunto: «La sostenibilità può essere costosa a breve termine, ma non c’è niente di più costoso che rimanere senza pesce».

Fao e Gfcm, affermano che «Nel complesso, i livelli di cattura di pesce sono rimasti stabili negli ultimi anni, ma sono significativamente inferiori rispetto agli anni ’80: 1,2 milioni di tonnellate nel 2016 rispetto a 2 milioni di tonnellate nel 1982. Gli 1,2 milioni di tonnellate comprendono 830.000 tonnellate di pesce catturato nel Mediterraneo e 390.000 tonnellate proveniente dal Mar Nero. La maggior parte delle catture è costituita da piccoli pelagici (sardine, acciughe che rappresentano un terzo di tutte le catture), sebbene la cattura sia composta da un numero elevato di specie rispetto ad altre aree del mondo».

A pescare più di tutti nel Mediterraneo/Mar nero nel 2014-2016 è la Turchia con 321.800 tonnellate e il 26% degli sbarchi totali rispetto al 31% nel 2013, seguita dall’Italia (185.300 tonnellate e 16% degli sbarchi, simile alla percentuale del 2013). Anche l’Algeria (96.300 tonnellate e 8% degli sbarchi, e la Grecia (65.700 tonnellate e il 5% degli sbarchi) mantengono le stesse percentuali del 2013. Invece, la Tunisia (185.300 tonnellate) e Croazia (74.400 tonnellate) mostrano un aumento rispetto al 2013 (dal 7 al 9% la Tunisia e dal 3% al 6% la Croazia). Gli sbarchi totali per la Spagna (78.200 tonnellate) sono diminuiti passando dall’8,5% al ​​7% del totale.

Tra le sotto-regioni, il Mar Nero continua a fornire il maggior contributo alle catture della produzione ittica, con il 32% del totale, seguito dal Mediterraneo occidentale (22% del totale), dal Mare Adriatico (16%) e dal Mediterraneo centrale e orientale (15% ciascuno).

Nel Mediterraneo ogni anno vengono scartate circa 230.000 tonnellate di pesce, circa il 18% delle catture totali. Nel Mar Nero, i rigetti sono stimati in circa 45.000 tonnellate, circa il 10-15% delle catture totali. Alcuni tipi di pesca producono più scarti: in alcune aree la pesca a strascico arriva a oltre il 40% in alcune aree, mentre nella piccola pesca artigianale gli scarti sono intorno al 10%.

Secondo il rapporto, «Le catture accidentali di specie vulnerabili sono eventi relativamente rari ma sono importanti perché le specie catturate presentano rischi di estinzione. Tra le specie vulnerabili più colpite dalle catture accidentali vi sono le tartarughe marine (che compaiono in 8 su 10 delle segnalazioni sulle catture accidentali) seguite da squali e vati tipi di razze (che figurano in 2 relazioni su 10 sulle catture accidentali ciascuna). Gli uccelli e i mammiferi marini rappresentano il numero più basso di catture accidentali e sono solo occasionalmente inclusi nelle segnalazioni di catture accidentali».