La pesca nel Mediterraneo sta per invertire la tendenza al sovrasfruttamento

Fao e GFCM: nonostante la maggior parte degli stock ittici resti sovrasfruttata, il numero di stock sovrasfruttati sta diminuendo per la prima volta da decenni

[14 Dicembre 2020]

Secondo il rapporto “The State of the Mediterranean and Black Sea fisheries, pubblicato dalla Fao e dalla General Fisheries Commission for the Mediterranean (GFCM), «Dopo decenni di crescente pressione umana sugli ecosistemi marini e sulle risorse ittiche nel Mediterraneo e nel Mar Nero, i dati più recenti suggeriscono che siamo finalmente il punto di invertire la tendenza per quanto riguarda lo sfruttamento eccessivo di stock ittici di così vitale importanza per la regione».

Infatti, fdal rapporto 2020 emerge che «Il 75% degli stock ittici è ancora sovrasfruttato, ma questa cifra è diminuita di oltre 10 punti percentuali dal 2014 al 2018. I tassi di sfruttamento sono diminuiti in proporzioni simili». Tenendo conto dei nuovi stock valutati, rispetto all’ultima edizione del rapporto del 2018 , il numero di stock ittici con una biomassa relativa elevata è raddoppiato.
La CGPM) è un organo statutario della Fao che opera sotto l’egida degli organi direttivi dell’Organizzazione e alla quale aderiscono  23 parti contraenti (Albania, Algeria, Bulgaria, Cipro, Croazia, Egitto, Spagna, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Libia, Malta, Marocco, Monaco, Montenegro, Romania, Slovenia, Siria, Tunisia , Turchia e Unione Europea) e 5 parti non contraenti cooperanti (Bosnia ed Erzegovina, Georgia, Giordania, Moldova e Ucraina). Il rapporto è stato preparato dai funzionari della Fao che lavorano nel segretariato CGPM e da un team  di specialisti, sulla base dei dati forniti anche dalle amministrazioni della pesca del Mediterraneo e del Mar Nero. rispetto all’analisi svolta dagli organi tecnico statutari della CGPM. La sua missione principale è garantire la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse marine viventi, nonché lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura.
La Fao evidenzia che «Sebbene la maggior parte degli stock rimanga sovrasfruttata, questa è la prima volta in diversi decenni che il CGPM è stato in grado di segnalare alcune tendenze positive. Tra gli stock prioritari, molti hanno visto migliorare la loro situazione. Questo è in particolare il caso del nasello europeo, che mostra segni di ripresa nel Mar Mediterraneo, e del rombo chiodato del Mar Nero, il cui tasso di sfruttamento è in calo, mentre la biomassa del suo stock riproduttivo ha continuato a riprendersi. negli ultimi quattro anni».

Il segretario esecutivo della CGPM, Abdellah Srour, è molto soddisfatto per i risultati ottenuti: «Grazie alla disponibilità degli esperti e dei membri della CGPM a trovare soluzioni ai problemi esistenti, possiamo per la prima volta dire che il settore sta finalmente mostrando segnali incoraggianti. Sappiamo che c’è ancora molta strada da fare per garantire la sostenibilità della pesca nella regione, ma siamo lieti di vedere che abbiamo iniziato a invertire la tendenza di alcune delle tendenze più inquietanti».

Islem Ben Ayed, presidente dell’Association tunisienne pour le développement de la pêche artisanale. Aggiunge che «La gestione sostenibile è un bene per gli stock ittici, ma non solo. La sostenibilità della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero è sinonimo di mantenimento dei posti di lavoro, accesso a cibi sani e conservazione del patrimonio culturale all’interno delle nostre comunità costiere, a beneficio delle generazioni a venire».
A novembre, i ministri della regione hanno ribadito il loro impegno politico «a favore del raggiungimento degli obiettivi della Dichiarazione MedFish4Ever e della Dichiarazione di Sofia, al fine di innalzare ulteriormente il loro livello ambizione nel quadro della futura strategia GFCM per il 2021-2025 e di contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di sviluppo sostenibile n.14».

Intanto, le misure di gestione messe in atto a livello nazionale e regionale hanno prodotto i loro effetti e portato a risultati significativi. Attualmente nella regione Mediterraneo – Mar Nero ci sono 10 piani pluriennali di gestione della pesca, che riguardano più di 4.000 pescherecci.
Il rapporto dimostra che «La pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero fornisce un contributo significativo alle economie regionali generando entrate dirette, promuovendo un aumento della spesa e fornendo posti di lavoro fondamentali. Il valore economico complessivo annuo della pesca nella regione è stimato a 9,4 miliardi di dollari. Il settore della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero fornisce 225.000 posti di lavoro a bordo e si stima che contribuisca al sostentamento di 785.000 persone in totale. In alcune parti di alcuni Paesi, tra cui Tunisia, Croazia e Marocco, quasi un residente costiero su 100 è un pescatore».
Mentre la pesca artigianale, con l’83% dei pescherecci e il 57% dei posti di lavoro, costituisce il segmento più ampio del settore della pesca nella regione, la sua quota del volume la cattura totale è di solo del 15%. Il frapporto evidenzia che «I pescatori artigianali generano meno del 30% di tutte le entrate dalla pesca, i loro mezzi di sussistenza sono precari e sono particolarmente vulnerabili a problemi o crisi che sorgono senza preavviso, come la pandemia Covid-19. Devono essere maggiormente supportati dallo Stato, il che implica l’istituzione di un quadro di protezione sociale più solido, compreso l’accesso alle prestazioni dell’assicurazione contro la disoccupazione».

Il rapporto fa luce anche sullo stato della forza lavoro nella pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Una forza lavoro che sta invecchiando rapidamente: «Quasi la metà dei lavoratori ha più di 40 anni e solo il 17% meno di 25, il che significa che dovremo intervenire a monte se vogliamo ancora contare. sulla manodopera qualificata in futuro».
Inoltre, il rapporto dimostra che «Sarà più che essenziale rafforzare la resilienza del settore della pesca di fronte alla pressione sempre maggiore esercitata sull’ambiente marino dai cambiamenti climatici e dalle attività umane».