L’industria della pesca dà lavoro a mezzo milione di persone, ma i pescatori sono sempre più vecchi

Diminuisce la pesca eccessiva nel Mediterraneo, ma le pressioni sulle risorse ittiche restano forti

Nuovo rapporto Fao/GFCM evidenzia la necessità di misure di gestione più incisive

[7 Dicembre 2022]

Secondo il rapporto “The State of Mediterranean and Black Sea Fisheries 2022” (SoMFi), pubblicato da Fao e General Fisheries Commission for the Mediterranean (GFCM  – Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo), «Nell’ultimo decennio, la pesca eccessiva si è ridotta drasticamente nel Mediterraneo e nel Mar Nero, ma lo sfruttamento delle specie più commerciali è ancora lungi dall’essere sostenibile».

Il SoMFi)registra «Una diminuzione dello sfruttamento eccessivo delle risorse nella regione, soprattutto con riferimento alle specie più importanti, che sono oggetto di piani di gestione multilaterali» ma avverte che «Nonostante ciò, il 73% delle specie commerciali è ancora interessato da una pesca eccessiva, mentre la pressione della pesca, pur essendo diminuita nel tempo, continua a essere doppia rispetto al volume considerato sostenibile».

Il nuovo Segretario esecutivo della GFCM, Miguel Bernal, ha spiegato  che «Nella Strategia per il 2030, i membri della GFCM hanno fissato nuovi obiettivi per far fronte a tale criticità. Sono consapevoli che è fondamentale invertire la tendenza al declino delle risorse acquatiche, così come indispensabile è collegare i risultati afferenti alla redditività con quelli relativi alla sostenibilità. La nuova strategia offre una visione ambiziosa e richiede un impegno collettivo più coraggioso rispetto al passato».

Dal nuovo rapporto biennale Fao/ GFCM emerge che «Nel settore della pesca, la produzione è crollata di circa il 15% dal 2020, in parte a causa della pandemia Covid-19», e che «Una tendenza analoga ha interessato i redditi e i posti di lavoro in questo settore produttivo».

La pubblicazione del rapporto avviene proprio mentre a Montreal, in Canada. Inizia la 15esima Conferenza delle parti della Convention on biological diversity (COP15 Cbd) che deve negoziare il nuovo  post-2020 Global Biodiversity Framework che sarà anche l’occasione per porre in evidenza il significativo contributo della pesca all’utilizzo sostenibile della biodiversità e alla sua conservazione.

Grazie al consolidamento degli standard qualitativi avvenuto negli ultimi due anni, la nuova edizione del rapporto SoMFi analizza per la prima volta i trend nel settore della pesca a livello regionale ed evidenzia che «Anche se la maggior parte delle principali specie commerciali non è ancora sfruttata in maniera sostenibile, per quasi tutte si registra un allentamento della pressione della pesca a livelli al di sotto della media regionale. Gli stock di nasello europeo nel Mediterraneo, rombo chiodato nel Mar Nero e sogliola comune nel Mare Adriatico, che rientrano in uno o più piani di gestione, sono interessati da una netta riduzione della pesca eccessiva, al punto che alcune di queste specie mostrano già segni di ricostituzione della biomassa».
La GFCM, che è un’organizzazione regionale della Fao specializzata nella gestione della pesca, è costituita da 23 Paesi membri e ha come obiettivo principale quello di garantire la conservazione e un uso sostenibile delle risorse marine viventi, nonché uno sviluppo sostenibile dell’acquacoltura. Ha messo in atto 10 piani pluriennali di gestione della pesca, rivolti a stock ittici prioritari, con il coinvolgimento di quasi 7 000 pescherecci. Ha anche istituito 10 zone di pesca regolamentata, che stanno contribuendo a ridurre lo sfruttamento e a migliorare la conservazione degli stock e degli ecosistemi di acque profonde in un’area di oltre 1,7 milioni di chilometri quadrati nel Mediterraneo e nel Mar Nero.
Manuel Barange, direttore della Divisione della pesca e dell’acquacoltura della Fao, ha sottolineato che «Il rapporto SoMFi pone in evidenza le difficoltà insite nel garantire la sostenibilità in questa regione di particolare criticità. Il Mediterraneo e il Mar Nero sono tra le zone di pesca più sfruttate al mondo, ma sono anche le aree in cui, di recente, si è osservato uno straordinario impegno nella gestione efficace delle risorse. Una Trasformazione blu del settore della pesca rappresenta l’unico modo per garantire che tale attività continui a sostenere la produzione di cibo e la sussistenza delle generazioni presenti e future».
Nel Mediterraneo e nel Mar Nero la pesca produce introiti per 2,9 miliardi di dollari all’anno e la nella sua catena di valore  lavorano circa mezzo milione di persone: in media, uno ogni 1 000 abitanti delle zone costiere della regione è un pescatore e in alcune aree il dato può essere fino a dieci volte maggiore. Ma il rapporto avverte che «La forza lavoro sta invecchiando. Nel 2020 più della metà di tutti gli equipaggi aveva più di 40 anni, mentre i giovani di età inferiore ai 25 anni erano soltanto il 10%». E, stando ai più recenti dati contenuti nel rapporto SoMFi, «Il fenomeno si sta aggravando».
L’82% dei pescherecci del Mediterraneo e Mar Nero  esercita la pesca artigianale, che fornisce il 59% dei posti di lavoro. Il settore della piccola pesca dà anche lavoro al più alto numero di giovani, ma i pescatori artigianali guadagnano solitamente la metà dello stipendio dei pescatori delle flotte industriali.