L’urbanizzazione fa bene al clima e all’ambiente?

290 milioni di nuovi abitanti delle città cinesi beneficiano dell'equilibrio climatico creato da migrazione di massa e piantagione di foreste

[17 Marzo 2022]

L’urbanizzazione è un trend esplosivo e inarrestabile in gran parte del pianeta e in nessun Paese  come in Cina la migrazione rurale-urbana è avvenuta su una scala così massiccia: nonostante le limitazioni imposte dal governo centrale, negli ultimi 30 anni almeno 290 milioni di cinesi si sono trasferite dalle campagne nelle città.

L’urbanizzazione viene generalmente percepita come una tendenza che accompagna l’aumento delle emissioni di gas serra. Il presupposto è che quando le foreste, che sequestrano il carbonio, vengono abbattute per fare spazio alla crescita urbana, il carbonio che stoccano viene rilasciato e le emissioni di CO2 aumentano. Ma, contrariamente a quanto si credeva, lo studio “A large but transient carbon sink from urbanization and rural depopulation in China”, pubblicato recentemente su Nature Sustainability da un team internazionale di ricercatori,  ha dimostrato che «La massiccia emigrazione cinese dalle aree rurali alle città ha un effetto positivo sulle riserve di carbonio della Cina. L’urbanizzazione può anche svolgere un ruolo nel raggiungimento della neutralità climatica».

Per stimare lo sviluppo della biomassa, gli autori dello studioXiaoxin Zhang, Martin Brandt, Xiaowei Tong, Wenmin Zhang e Rasmus Fensholt dell’Institut for Geovidenskab og Naturforvaltning della Københavns Universitet; Philippe Ciais del Laboratoire des Sciences du Climat et de l’Environnement, France; Yuemin Yue e Kelin Wang dell’Accademia cinese delle scienze e Xiangming Xiao dell’università dell’Oklahoma – hanno utilizzato soprattutto la tecnologia “Remote Sensing”, con serie temporali di immagini satellitari della copertura arborea cinese. Hanno anche utilizzato dati demografici e sulla densità di popolazione. Infine, utilizzando mobile phone log data e osservazioni satellitari della luce notturna, sono stati in grado di calcolare se la percentuale della popolazione cinese registrata nelle aree rurali vive effettivamente nelle città. Ne è venuto fuori che «Gli ultimi due decenni di urbanizzazione in Cina hanno portato a un aumento della biomassa e degli stock di carbonio, sia nelle aree rurali che nelle città di recente sviluppo».

Xiaoxin evidenzia: «Anche se la crescita urbana è stata responsabile di una perdita di carbonio durante la prima metà del periodo, le iniziative di politiche green hanno compensato la perdita e portano a un effetto di bilanciamento generale. In effetti, è stato raggiunto un leggero surplus nel budget climatico».

All’università di Copenaghen spiegano che «Dal 2002 al 2010, le aree urbane della Cina hanno subito una perdita di carbonio dalla biomassa fuori terra equivalente a 20 milioni di tonnellate. Tuttavia, il bilancio combinato del carbonio dal 2002 al 2019 si è concluso con un aumento di 30 milioni di tonnellate di carbonio nelle aree urbane. Gli stock totali di carbonio fuori terra della Cina sono cresciuti di 290 milioni di tonnellate all’anno». E negli ultimi decenni la strategia di rimboschimento del governo comunista cinese ha prodotto miliardi di nuovi alberi e ha quindi svolto un ruolo chiave nel bilancio del carbonio del Paese.

Tuttavia, come fa notare la Xiaowei, «Le nuove piantagioni forestali non spiegano tutto. Man mano che le persone si spostano nelle aree urbane dense, lasciano dietro di loro ampi spazi di terreni. Questo allevia le pressioni sulla vegetazione naturale e consente alla nuova vegetazione di assorbire il carbonio. Allo stesso tempo, il flusso della popolazione dalle aree rurali ha fornito più spazio per piantare nuovi alberi in campagna».

E negli ultimi 10 anni la copertura arborea è cresciuta anche nelle città: la politica della “civiltà ecologica” del governo cinese ha fatto sì v che venissero creati nuovi parchi urbani,  piantati alberi, realizzati tetti verdi e giardini verticali e altre iniziative simili. Fensholt evidenzia che «Potrebbero esserci molte cose per le quali criticare la Cina, ma quando si tratta di incorporare spazi verdi nella pianificazione urbana, il Paese è molto avanzato. Un aumento dei pozzi di carbonio nelle aree urbane negli ultimi anni è molto probabilmente il risultato di una politica attiva di greening urbano. Questo compensa la CO2 rilasciata quando alberi e piante vengono abbattuti per lo sviluppo urbano. Suggerisce persino che, se lo sviluppo urbano viene progettato per essere sufficientemente verde, l’urbanizzazione può essere una componente integrante di una ricetta per ridurre le emissioni di CO2».

Le analisi dello studio dimostrano anche che i crescenti problemi delle città hanno avuto un impatto molto limitato sulle foreste della Cina: solo il 6% dell’espansione urbana è avvenuto a spese dei boschi. Invece, le nuove urbanizzazioni hanno sostituito principalmente i terreni agricoli (81%) e praterie (10%), «Tipi di vegetazione che hanno un potenziale di stoccaggio di carbonio basso rispetto alla copertura arborea», dicono i ricercatori.

Nonostante le città si siano estese soprattutto a danno di terreni agricoli, durante il periodo preso in esame dallo studio la superficie agricola cinese si è ridotta solo del 3,8%, in gran parte ciò è probabilmente dovuto all’intensificazione dell’agricoltura e all’aumento delle importazioni di cibo.

Brandt aggiunge: «C’è una narrazione secondo cui la crescente urbanizzazione distrugge semplicemente ampi tratti di vegetazione e sostituisce la vegetazione con cemento e asfalto. Dimostriamo che in Cina non è così».

Ma il team di ricercatori sottolinea che «Se la Cina vuole raggiungere il suo obiettivo di neutralità climatica entro il 2060, piantare alberi non sarà sufficiente». E Fensholt spiega che «C’è un limite su quanto e per quanto tempo gli alberi possono assorbire CO2. Ad un certo punto, una foresta matura smetterà completamente di catturare carbonio. Quindi, se la Cina vuole essere climaticamente neutrale, piantare più alberi non sarà sufficiente. Per questo motivo, per loro è fondamentale ridurre drasticamente le emissioni dei combustibili fossili. Tuttavia, in questo studio abbiamo osservato quello che potrebbe essere definito un kickstart della loro transizione verde».

Brandt è fiducioso: «Tutto sommato, i nostri dati provenienti dalla Cina dimostrano che, se vengono stabilite le giuste condizioni, è possibile espandere le città e allo stesso tempo aumentare la cattura del carbonio. Questo potrebbe servire da ispirazione per i Paesi a basso reddito che desiderano migliorare la propria impronta climatica e in generale le condizioni ambientali».

I ricercatori concludono avvertendo che «I risultati dello studio sono composti da componenti significative, ma non dall’intera equazione per l’impronta climatica della Cina nelle aree urbane. Tra l’altro, non si tiene conto dell’impronta delle importazioni alimentari».