Kyoto Club, Legambiente e Wwf bocciano il decreto “sblocca cantieri”

Vecchio armamentario che rende più opaco il settore dei lavori pubblici

[3 Maggio 2019]

Secondo Kyoto Club, Legambiente e Wwf, che hanno mandato oggi le loro osservazioni e proposte di emendamento ai membri delle commissioni ambiente e lavori pubblici del Senato che entro il 7 maggio, con fretta singolare, dovranno votare il provvedimento, «Il decreto Sblocca Cantieri (decreto legge n. 39/2019) manca il suo obiettivo e rischia di produrre come unico risultato il rendere meno trasparente il settore dei lavori pubblici nell’assegnazione dei lavori e dei subappalti, nella definizione e autorizzazione dei progetti, nella vigilanza sulle infiltrazioni della criminalità organizzata, con il rischio di pesanti ricadute sui costi economici e  ambientali a carico della comunità».

Le tre associazioni concentrano le loro critiche sulle modifiche introdotte dall’articolo 1 del decreto legge a numerose disposizioni del Codice degli Appalti e su quanto stabilito negli articoli 4 e 5 riguardo alla re-introduzione dei Commissari straordinari per la realizzazione delle infrastrutture prioritarie e alla Rigenerazione urbana.

Kyoto Club, Legambiente e Wwf denunciano: «un allentamento delle regole di trasparenza e vigilanza che devono improntare l’azione della pubblica amministrazione e degli operatori economici nel delicato settore dei lavori pubblici del nostro Paese; una sottovalutazione del rigore necessario nell’espletare le procedure autorizzative che garantiscano la piena informazione e partecipazione dei cittadini e la tutela di quei beni culturali, paesaggistici e ambientali, che costituiscono un patrimonio comune irrinunciabile; un ridimensionamento sistematico e ingiustificato del ruolo e delle funzioni di proposta ed elaborazione svolte dall’Autorità Nazionale Anticorruzione – Anac».

Le tre associazioni sono convinte che «La restaurazione del vecchio ordine promossa dal decreto “Sblocca Cantieri” viene completata da: la reintroduzione pro tempore (sono al 2021) dell’appalto integrato che affida pericolosamente ad un solo soggetto la progettazione ed esecuzione dei lavori, aspramente contestato dagli stessi operatori del settore e dall’Anac, la riesumazione dei Commissari Straordinari per le opera prioritarie, che possono operare anche in assenza di un  parere espresso dalle amministrazioni di tutela dei beni culturali e paesaggistici e compiere valutazioni ambientali in tempi contingentati, le proroghe sulla quota di lavori da mettere a gara per le concessioni autostradali, l’aumento del subappalto, gli allentamenti dei controlli e della soglia dei lavori a trattativa privata, la destrutturazione delle procedure autorizzative in materia di cosiddette “infrastrutture strategiche” (eredità  della legge Obiettivo), con l’eliminazione del doppio controllo in capo al Cipe».

Gli ambientalisti concludono facendo notare che in realtà si tratta di «Soluzioni in gran parte già  sperimentate in passato, che non sono state un volano per incrementare i lavori ma solo la scarsa qualità  delle opere pubbliche, non hanno prodotto innovazioni di prodotto e di processo, anzi hanno fatto registrare un aumento ingiustificato dei costi e gravi episodi di corruzione e concussione».