I cambiamenti nell’uso del suolo possono aumentare i rischi di epidemia

Spezzano l'equilibrio delle comunità animali e le specie che portano malattie sembrano trarne beneficio

[6 Agosto 2020]

I risultati dello studio “Zoonotic host diversity increases in human-dominated ecosystems”, pubblicato su Nature da un team di ricercatori britannici potrebbero avere implicazioni per le future  ricadute delle malattie zoonotiche con me l’attuale pandemia di Covid-19.

Utilizzando il database della biodiversità Projecting Responses of Ecological Diversity in Changing Terrestrial Systems (PREDICTS) i ricercatori di University College London (UCL), Zoological Society of London (ZSL), università di Oxford e Imperial College London, hanno studiato i dati di 6.801 comunità ecologiche di 6 continenti e hanno scoperto che «Gli animali noti per trasportare agenti patogeni (microrganismi che causano malattie) che possono infettare gli esseri umani erano più comuni nei territori intensamente utilizzati dalle persone».

Un risultato ottenuto grazie a un dataset di 184 studi che comprendevano quasi 7.000 specie, 376 delle quali sono note per trasportare agenti patogeni che infettano anche gli esseri umani. Alla luce s di questi dati, i ricercatori affermano che «per ridurre il rischio di futuri ricadute di malattie infettive, potrebbe essere necessario modificare il modo in cui utilizziamo la terra in tutto il mondo.

La trasformazione di foreste, praterie e deserti in città, periferie e terreni agricoli ha spinto molti animali selvatici verso l’estinzione. Animali con una durata di vita breve ma con un forte tasso riproduttivo e che possono sopravvivere nella maggior parte degli ambienti, come ratti e piccioni, hanno prosperato a scapito di animali longevi come i rinoceronti, che per sopravvivere hanno bisogno di habitat particolari. Per esempio, alcuni roditori che trasportano una serie di virus, prosperano negli spazi urbani, dove altre specie sono scomparse.

Il principale autore dello studio, Rory Gibb dell’UCL Centre for Biodiversity & Environment Research, spiega che «Il modo in cui gli esseri umani cambiano i territori in tutto il mondo, dalle foreste naturali ai terreni agricoli, ad esempio, ha un impatto costante su molte specie di animali selvatici, causandone il declino mentre alcune altre persistono o aumentano. I nostri risultati dimostrano che gli animali che rimangono negli ambienti più dominati dall’uomo sono quelli che hanno maggiori probabilità di portare malattie infettive che possono far ammalare le persone».

Le specie che ospitano patogeni zoonotici che possono fare il salto di specie dagli animali alle persone, presenti negli ambienti influenzati dall’uomo (disturbati) costituiscono una percentuale più alta delle specie animali rispetto alle comunità ecologiche presenti negli abitat più selvaggi. Lo stesso rapporto è presente per gli animali che tendono a trasportare più agenti patogeni di qualsiasi tipo, indipendentemente dal fatto che possano infettare o meno l’uomo.

Invece, negli ambienti disturbati la maggior parte delle altre specie di animali selvatici è in numero inferiore che negli habitat naturali. Secondo i ricercatori, «Questo suggerisce che fattori simili possono influenzare sia la capacità di una specie di tollerare l’uomo sia la probabilità che abbia malattie potenzialmente zoonotiche».

Un altro degli autori dello studio, David Redding dello ZSL Institute of Zoology e dell’UCL Center for Biodiversity & Environment Research, ricorda che «Altri studi hanno scoperto che i focolai delle malattie infettive zoonotiche emergenti sembrano essere sempre più comuni: i nostri risultati potrebbero aiutare a spiegare tale modello, chiarendo i processi di cambiamento ecologico che sono alla base e che interagiscono per portare ai rischi di infezione».

Kate Jones, dell’UCL Center for Biodiversity & Environment Research, aggiunge che «Il cambiamento globale nell’utilizzo del suolo è caratterizzato principalmente dalla conversione dei territori naturali per l’agricoltura, in particolare per la produzione alimentare. I nostri risultati sottolineano la necessità di gestire i territori agricoli per proteggere la salute della popolazione locale, garantendo al contempo la loro sicurezza alimentare».

I ricercatori affermano che «Mentre ci sono numerosi altri fattori che influenzano i rischi di malattie emergenti, i risultati indicano strategie che potrebbero aiutare a mitigare il rischio di ulteriori focolai di malattie infettive paragonabili al Covid-19.

Jones evidenzia: «Poiché si prevede che i terreni agricoli e urbani continueranno ad espandersi nei prossimi decenni, dovremmo rafforzare la sorveglianza delle malattie e la fornitura di assistenza sanitaria in quelle aree che stanno subendo molti cambiamenti del suolo, poiché è sempre più probabile che ci siano animali che potrebbe ospitare agenti patogeni nocivi».

Redding conclude: «I nostri risultati forniscono un contesto per pensare a come gestire i cambiamenti nell’uso del suolo in modo più sostenibile, in modi che tengano conto dei potenziali rischi non solo per la biodiversità, ma anche per la salute umana».