DL semplificazioni: «Aggirare gare e ridurre controlli ambientali non è la strada per accelerare le opere»

Le osservazioni di 7 associazioni ambientaliste: il governo ripropone vecchi meccanismi che in passato non hanno dato risultati

[31 Luglio 2020]

«L’arrivo di oltre 208 miliardi di euro all’Italia nell’ambito del Recovery Fund deciso dall’ultimo Consiglio europeo deve essere l’occasione per il nostro Paese per confermare la propria coerenza con le scelte dell’European Green Dealdimostrando anche di voler rendere più efficace ed efficiente l’azione amministrativa imponendo una svolta al modo in cui l’Italia impiega i finanziamenti pubblici: rispettando i diritti all’informazione e partecipazione del pubblico interessato; sapendo selezionare le vere priorità di intervento di interesse nazionale e destinando a queste finanziamenti certi e realmente disponibili; migliorando radicalmente gli strumenti programmatori e la qualità dei progetti; compiendo le migliori scelte dal punto di vista della sostenibilità ambientale e sociale; rafforzando i controlli e le valutazioni ex ante ed ex post.

Il cosiddetto Decreto Semplificazioni (dl n. 76/2020 – Atto Senato 1883) all’esame della I Commissione (Affari costituzionali) e della VIII Commissione (Lavori Pubblici) di Palazzo Madama ha in gran parte mancato queste fondamentali promesse».

Lo evidenziano Federazione Pro Natura, Greenpeace Italia, Kyoto Club, INU, Legambiente, TCI e Wwf  che, in questi giorni, hanno inviato un corposo Documento di osservazioni e richieste di emendamento integrativi e migliorativi a 21 articoli, su 64, del decreto. Critiche ribadite dalle 7 Associazioni ambientaliste nell’Audizione che si è svolta il 28 luglio davanti alle Commissioni congiunte a Palazzo Madama

Il termine degli emendamenti nelle Commissioni congiunte è il 4 agosto e nel documento e nelle dichiaraizoni in Commissione le associazioni hanno fatto notare, con rammarico, che «Nell’articolato si ripropongono alcuni dei meccanismi che negli ultimi 40 anni non hanno portato alcun cambio di passo nella capacità di intervento del Paese. Nonostante le esperienze e le vicende (anche giudiziarie) che sin dai Mondiali di Calcio e dagli eventi dedicati a Colombo hanno portato alla legge Obiettivo e quindi all’ormai superato Codice Appalti 2006, anche con il cosiddetto Decreto Semplificazioni si ripropongono meccanismi già dimostratisi inefficaci (visto che a consuntivo nel 2015, dopo 15 anni di legge Obiettivo è risultato essere completato solo il 4% delle cosiddette infrastrutture strategiche). Questo per non dire dei tentativi di elusione delle procedure comunitaria per l’assegnazione delle opere pubbliche che hanno portato a numerosi contenziosi».

Le associazioni fanno notare che «Se dunque, da un lato, non si può negare l’esigenza di processi più snelli, da un altro non si può non ammettere che nel nostro Paese, la semplificazione e l’accelerazione dei meccanismi decisionali, la forzatura delle norme  urbanistiche, territoriali, paesaggistiche e ambientali, la sistematica sottovalutazione della informazione e partecipazione del pubblico e del patrimonio di conoscenze del territorio rappresentato dai cittadini, ha aumentato consumo del suolo, rischio geologico, intaccato un patrimonio paesistico e naturalistico di rilevanza mondiale. Questo modo di procedere, che ha ispirato anche il decreto Sblocca Cantieri del 2019, come sottolineato dal Presidente dell’ANAC, Franco Merloni nella sua relazione annuale 2019 alla Camera dei Deputati dello scorso 2 luglio allarga le maglie degli affidamenti diretti senza produrre alcun beneficio concreto mentre i problemi vanno ricercati nelle fasi preliminari dell’affidamento, ad esempio nella carente programmazione e progettazione e in quella successiva dell’esecuzione».

Le associazioni condividono da anni e sposano le valutazioni critiche del Presidente dell’Autorità Anticorruzione e chiedono una svolta che: «1) rafforzi e responsabilizzi l’azione la pubblica amministrazione, 2) riduca i livelli e i processi decisionali e gli organismi ad essi preposti, 3) chiarisca i rapporti tra centro e periferia, 4) introduca elementi di valutazione preventiva e successiva degli interventi, 5) rafforzi i meccanismi di vigilanza e controllo su iter autorizzativi resi più fluidi (è uno scandalo ad esempio che il Sistema nazionale per la protezione ambientale, preposto da 4 anni ai controlli, debbano ancora oggi operare in invarianza dei costi rispetto alla riforma del 2016)».

Federazione Pro Natura, Greenpeace Italia, Kyoto Club, INU, Legambiente, TCI e Wwf  rilevano che con il Decreto Sempificazioni il governo ha scelto «La strada di una perenne incertezza normativa (denunciata anche da ANAC), che non fa bene né alle imprese, né alla P.A., né ai cittadini, intervenendo su ben 50 diverse norme su materia delicate e strategiche introducendo: ennesime modifiche od elusioni del Codice degli appalti del 2016 (sono 12 gli articoli su cui si interviene sul D.Lgs. n. 50/2016, dopo modifiche che si sono succedute ogni anno dal 2017 ad oggi); ulteriori forzature temporanee o permanenti dei meccanismi decisionali della Conferenza dei Servizi (sono 9 gli articoli modificati della legge n. 241/1990); uno stillicidio di modifiche al Testo Unico dell’Edilizia (13 gli articoli modificati del DPR 380 2001); diffuse e in alcuni casi pesanti modifiche al Codice dell’ambiente (sono ben 16 gli articoli modificati). Ma il paradosso è che gli estensori del decreto non hanno sfruttato appieno i meccanismi acceleratori previsti a legislazione vigente, come risulta evidente dal fatto che: a) sia per le procedure aperte che per quelle ristrette di affidamento lavori esistono già meccanismi nel Codice Appalti 2016 che riducono da 35 sino a 10 giorni le procedure di assegnazione da avvio bando (artt. 60, 61 e 63 del D.Lgs. n. 50/2016); nell’ambito della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale invece di accanirsi sui tempi dedicati alla consultazione dei cittadini (60 giorni) si potrebbero tagliare di ben 90 giorni i tempi concessi nell’ambito della procedura VIA ai proponenti dei progetti per inutili controdeduzioni e integrazioni nelle procedure ordinarie (arrtt. 20 e 24 del D.Lgs n. 152/2006) e di altri 60 giorni (!) nel caso dei provvedimenti unici (art. 27 del D.Lfgs n. 152/2006); non si introduce alcun correttivo nelle norme relative alla programmazione e alla progettazione delle opere per dare certezze sui meccanismi selettivi delle opere, sulla loro copertura economica e finanziaria (programmazione) e sulla produzione dei Piani Economico Finanziari e dell’Analisi Costi Benefici comparata delle alternative di intervento (progettazione)».

Invece, a giudizio delle associazioni, «Si compiono scelte che mettono a rischio il terrItorio e le casse pubbliche, come già avvenuto in passato, rendendo più opachi i mercati degli appalti e le procedure decisionali con un elevato rischio di legalità proprio quando al Paese vengono destinati ingentissimi finanziamenti. Scelte, che vanno ben oltre a quanto già previsto dal decreto Sblocca Cantieri (dl n. 32/2019) e fortemente criticato. Scelte che possono avere pesanti ricadute sul territorio, sul tessuto sociale e sulle casse pubbliche come quelle di: sospendere sino al 31 luglio 2021, il ricorso alle procedure aperte di gara anche per gli affidamenti di forniture, servizi lavori pubblici sotto e soprasoglia generalizzando il ricorso a procedure ristrette e negoziate, che per l’Europa devono rimanere un’eccezione; allargare in maniera abnorme la competenza dei Commissari, nati per gestire un numero limitato di interventi prioritari nazionali, anche ad opere in ambito regionali e locale, consentendo così di intervenire in deroga alle norme sugli appalti e ambientali su un numero imprecisato di opere; rendere ancora più incerti i criteri di qualifica degli operatori e meno trasparente la filiera dei subpappalti per i lavori pubblici, controllata in ampie zone del Paese dalla criminalità organizzata; abusare dello strumento delle Conferenze di Servizi semplificata e/o simultanea in cui valga il silenzio assenso anche per le amministrazioni preposte alla tutela sanitaria, culturale, paesaggistica e ambientale; favorire ulteriore consumo di suolo, con l’introduzione della libertà di cambiare “sedime”, e quindi di realizzare costruzioni ex novo inaree diverse da quella dove si è demolito, negli interventi di demolizione e ricostruzione, nell’ambito della rigenerazione urbana; intimare ai funzionari pubblici di procedere alla stipulazione dei contratti, alla conclusione della fase decisionale, alla esecuzione delle opere, ventilando la responsabilità erariale e disciplinare del responsabile del procedimento in caso di “inerzia”; interventi arbitrari sull’autonomia del giudice amministrativo (a cui, pur in presenza di norme già esistenti viene chiesto di tenere conto della priorità alla realizzazione delle opere), della magistratura contabile (che sino al 31/7/2021 non dovrebbe tenere conto del danno erariale provocato per colpa, ma solo per dolo), del giudice penale (con una modifica all’articolo 323 del CP sull’abuso d’ufficio che chiede di valutare se esistano o no margini di discrezionalità nell’operato del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio)».

Le Associazioni, che comunque hanno segnalato anche gli articoli del provvedimento che ritengono condivisibili e che in alcuni casi vanno solo migliorati, invitano caldamente  le Commissioni competenti del Senato a «Non ricadere negli errori del passato riproponendo procedure che renderanno impossibile intervenire nelle qualità progettuali, che generalizzando le priorità fanno sì che nulla sarà veramente prioritario, che favoriscono interessi che nulla centrano con quelli pubblici, che rischiano di uscire dal solco comunitario non solo rispetto agli standard di sostenibilità dello sviluppo, ma anche rispetto alle garanzie e alle regole che necessariamente devono essere seguite, soprattutto quando ci si appresta a gestire e ad impegnare una quantità di denaro senza precedenti».