Riceviamo e pubblichiamo
Consultazioni sul Piano regionale cave, le proposte di Legambiente Carrara
[13 Ottobre 2016]
La Regione ha avviato le consultazioni con gli enti per la formazione del Piano Regionale Cave (PRC) e la sua VAS (Valutazione Ambientale Strategica). Sebbene la partecipazione del pubblico e delle associazioni sia prevista solo nel maggio 2018, Legambiente ha presentato un corposo contributo, ritenendo essenziale che le proprie proposte siano considerate in questa prima fase; a piano già adottato, infatti, sarebbero certamente rigettate (se non altro perché ne comporterebbero lo stravolgimento).
Il PRC, dovendo integrarsi con le altre programmazioni e pianificazioni (dal livello europeo a quello locale), deve infatti recepire quelle indicazioni del Master Plan del Carrione per la riduzione del rischio alluvionale che interagiscono con l’attività estrattiva. A tal fine, Legambiente, sviluppando tali indicazioni, propone:
- il completo smantellamento di tutti i ravaneti esistenti, da sottoporre a vagliatura per eliminare marmettola e terre, e la loro ricostruzione con le sole scaglie. Per la loro elevata permeabilità, infatti, i ravaneti così ripuliti funzionerebbero da spugne che, assorbendo grandi volumi d’acqua e restituendoli poi lentamente al deflusso superficiale, ridurrebbero il rischio idraulico. L’intervento, indispensabile anche per porre fine all’inquinamento delle sorgenti, deve essere accompagnato dal divieto assoluto di creare nuovi ravaneti e di alimentare quelli esistenti: lo scarico delle sole scaglie (prive di frazioni fini) può essere ammesso solo per la creazione di ravaneti permeabili finalizzati a ridurre il rischio alluvionale (quindi solo su progetto pubblico);
- prescrizione “cave pulite come uno specchio”: perfetta e costante pulizia di tutte le superfici di cava (piazzali, bancate, versanti); anche le rampe di cava e le vie d’arroccamento dovranno essere smantellate e ricostruite senza alcuna frazione fine, pena la revoca dell’autorizzazione. In assenza di questa prescrizione, infatti, l’efficacia (e i costi) del grandioso intervento di bonifica dei ravaneti (la vera “grande opera” di cui ha bisogno il nostro territorio) sarebbe vanificata da nuovi apporti di marmettola e di terre provenienti dalle cave;
- spostamento a quote più elevate di tutte le strade di fondo valle che hanno occupato interamente o parzialmente gli alvei preesistenti e ripristino di questi ultimi, realizzando alvei larghi, sinuosi, con fondo e sponde naturali e dotati di scabrezza. Ciò permetterebbe di conseguire la riduzione del rischio idraulico, il miglioramento paesaggistico e il ripristino della funzionalità dei sistemi fluviali alterati.
Tra i vantaggi di tali misure, con i costi a carico delle cave nell’ambito delle prescrizioni all’autorizzazione, vi sono un notevole incremento dell’occupazione, il conseguimento di certificazioni ambientali e il lancio di etichette locali capaci di innalzare l’identità del prodotto tipico.
Il PRC dovrà inoltre prevedere strumenti di controllo adeguati a garantirne l’efficacia, onde evitare il ripetersi dell’esperienza fallimentare del PRAER (Piano Regionale Attività Estrattive) che, pur fissando la percentuale minima del 25% in blocchi, ha di fatto tollerato per un decennio violazioni clamorose (cave con oltre il 90% di detriti, altre con abbandono abusivo di detriti al monte) da parte dei tre quarti delle cave.
A tal fine Legambiente chiede che:sul sito della regione e del comune, siano pubblicati annualmente i quantitativi di materiali escavati, cava per cava, comprensiva della loro denominazione;
- tale rapporto sia accompagnato, per ogni cava che non rispetti il rapporto blocchi/detriti o presenti altre anomalie, dalle relative motivazioni e dalle misure adottate dalla pubblica amministrazione per ricondurre la cava al rispetto delle regole;
- siano previste sanzioni nei confronti sia delle cave inadempienti sia dei funzionari comunali e/o regionali che non si siano attivati per ripristinare il rispetto del PRC.
Il PRC dovrebbe inoltre escludere dalle aree a destinazione estrattiva i giacimenti con elevata fratturazione. Ne sono un esempio le cave Canalbianco, Amministrazione, Polvaccio, Battaglino, Tecchione, tra loro contigue, a formare un’ampia fascia nel bacino di Torano, che da dieci anni estraggono oltre il 90% di detriti; tenuto anche conto della cointeressenza di una multinazionale del carbonato, è difficile non pensare ad un caso clamoroso di uso improprio (produzione di carbonato, anziché di blocchi).
Considerato che l’impatto ambientale delle cave di marmi pregiati non differisce da quello delle cave di marmo di basso valore, è opportuno che il PRC, nell’ottica di massimizzare i benefici e ridurre l’impatto, privilegi l’escavazione dei marmi pregiati. Nell’individuazione delle aree a destinazione estrattiva dovrebbe pertanto inserire marmi di minor valore solo se garantiscono percentuali in blocchi ben superiori al 25%. Analogamente, la percentuale di almeno il 25% in blocchi dovrebbe essere sensibilmente aumentata per le cave in galleria.
Legambiente propone infine di utilizzare, tra gli indicatori previsti dal PRC per il monitoraggio ambientale: la percentuale di cave sporche; la percentuale di ravaneti con materiali fini; la torbidità fluviale dopo piogge; la torbidità nelle sorgenti dopo piogge; l’adozione della prescrizione ‘cave pulite come uno specchio’.
Tra gli obiettivi del PRC vi sono la sostenibilità ambientale e la promozione di modalità di coltivazione rispettose degli equilibri ambientali. Al proposito, Legambiente ritiene fondamentale che la regione acquisisca piena consapevolezza che la causa dei pesanti intorbidamenti da marmettola delle acque superficiali e sotterranee non sta (solo) nella violazione delle prescrizioni ambientali da parte delle cave ma, ancor prima, nell’inadeguatezza delle prescrizioni stesse: in poche parole, le autorizzazioni all’escavazione incorporano una vera e propria ‘licenza a inquinare’.
Per la valutazione dei risultati del PRC, pertanto, il monitoraggio dovrebbe misurare l’efficacia delle misure prescritte alle cave dalla pubblica amministrazione. Accogliendo questo indicatore l’amministrazione pubblica dimostrerebbe di accettare la sfida di verificare pubblicamente la propria volontà e capacità, misurando e divulgando sia i propri limiti (prescrizioni inadeguate e insufficienza dei relativi controlli e sanzioni, ecc.) che le misure correttive assunte.
di Legambiente Carrara