Videogiochi, nuovi orizzonti per riconnettersi alla natura: il caso Animal crossing

La saga Nintendo ha venduto nel mondo 26,4 mln di copie, e secondo una nuova ricerca può segnare una strada inedita per moltiplicare le opportunità della comunicazione ambientalista

[26 Maggio 2022]

La comunità scientifica è concorde nell’affermare che l’essere umano è la causa principale della sesta estinzione di massa che stiamo vivendo. È evidente dunque che, in un così delicato momento storico, ci sia bisogno di un coinvolgimento collettivo ai fini della tutela ambientale che attraversi i diversi settori della società. Oltrepassando i limiti tradizionali delle diverse discipline, oggi gli ambientalisti possono esplorare nuove frontiere e comunicare ad un’audience più ampia i valori della salvaguardia ambientale.

Il recente studio di Fisher, Yoh, Kubo e Rundle pubblicato dalla rivista scientifica People & Nature mostra che un metodo innovativo per farlo sono i videogiochi, dal momento che ci sono circa 2,7 miliardi di videogiocatori nel mondo.

Nel marzo 2020, la casa di produzione giapponese Nintendo ha lanciato l’ultimo capitolo della saga Animal crossing, che ha venduto nel mondo 26,4 milioni di copie. Le premesse del gioco sono inusuali: i giocatori devono creare un’isola, coltivare piante, catturare animali selvatici e donare al museo fossili e specie rare di animali.

In Animal crossing: new horizons (da qui in poi abbreviato in Acnh) il giocatore controlla il suo personaggio umano, che vive in città o isole abitate da soli animali antropomorfi. Le interazioni con loro sono fondamentali: lo scopo del gioco infatti non è vincere, ma portare a termine piccole sfide più o meno rapide, come donare insetti e pesci al museo. Le azioni concluse generano punteggi alti o bassi nel sistema di rating; questi punteggi possono essere alzati tramite altre azioni ecologiche come riciclare la spazzatura. Quando i giocatori donano al museo, il guardiano dispensa informazioni sulla fauna selvatica e la biodiversità.

Si è dimostrato che il tempo di gioco non frenetico ha un impatto positivo sulla salute mentale dei giocatori. Inoltre, in Acnh, rispetto ai capitoli precedenti della saga, sono stati raggiunti nuovi livelli di inclusione: si può ora cambiare il proprio colore della pelle e decidere in quale emisfero del mondo giocare.

Un fattore importante del gioco è la già accennata pratica del catturare insetti e pesci. Nella cultura giapponese, tale pratica si chiama mushi, e fa parte del folklore locale. Visti gli alti livelli di urbanizzazione del Giappone però, molti bambini non sono più connessi a questi animali come in passato.

In questo senso, Acnh offre due opportunità: la prima è quella di riconnettere i bambini giapponesi alla natura e alle proprie tradizioni, la seconda è quella di illustrare pratiche culturali e specie autoctone giapponesi ai giocatori al di fuori del Giappone, comunicando la biodiversità della zona. Infatti, la preservazione della biodiversità va considerata sia in termini locali che in termini globali, e il primo passo verso il desiderio di conservazione è la conoscenza.

Un’altra pratica importante di sensibilizzazione riguarda la preservazione di animali rari. In Acnh, infatti, più del 40% delle specie presenti sono elencate nella reale Lista rossa dello Iucn, l’Unione internazionale per la conservazione della natura; questa caratteristica permette ai giocatori di imparare quali specie sono a rischio estinzione e i rischi del loro commercio.

Inoltre, Acnh educa alla rivalutazione del legno marcio. Nei giochi precedenti non aveva valore, in quest’edizione invece è valorizzato in quanto fondamentale per la proliferazione di invertebrati e funghi. La valorizzazione delle funzioni ecologiche del legno marcio può portare ad una rivalutazione del suo valore anche nella vita reale.

Evidenziando i legami oltreoceano che il gioco ha creato, gli autori dello studio riportano come la Ong americana Monterey bay aquarium abbia disegnato la propria isola Acnh, utilizzata per trasmettere episodi divulgativi con biologi marini, entomologi e altri specialisti del settore. Da qui si evince la grande adattabilità del gioco, che può fare da ponte tra diverse culture.

Infine, i ricercatori evidenziano anche eventuali problemi che il gioco presenta. Per esempio, nonostante i comportamenti eco-friendly come la diffusione del mushi, il gioco presenta anche casi di entomofobia: quasi tutti i cittadini antropomorfi sono mammiferi e il guardiano prova ribrezzo per alcuni degli insetti che vengono portati al museo.

È importante tenere a mente però che tanto nel gioco quanto nella vita reale le persone possono essere informate e sviluppare un certo tipo di consapevolezza ambientale, ma non è detto che, in fin dei conti, decidano di agire di conseguenza. Tuttavia, questo non significa che l’ambientalismo debba rimanere confinato. Dovrebbe invece raggiungere il numero più alto di persone, perché è una pratica sociale che più è popolare più viene apprezzata.

Perciò non c’è dubbio che videogiochi come Animal crossing siano diventati una nuova opportunità per la comunicazione ambientalista e che il loro potenziale di trasformare esperienze virtuali in azioni reali sia tangibile.

di Ludovica Montecchio per greenreport.it