Una grande catastrofe vulcanica è più probabile di altri rischi di cui ci preoccupiamo, ma viene ignorata

«I rischi di una massiccia eruzione che devasti la società globale sono significativi. L'attuale sottoinvestimento nella risposta a questo rischio è semplicemente sconsiderato»

[24 Agosto 2022]

Secondo lo studio “Huge volcanic eruptions: time to prepare”, pubblicato su Nature dal vulcanologo Michael Cassidy dell’Università di Birmingham e da Lara Mani del Centre for the study of existential risk (CSER) dell’Università di  Cambridge, «Il mondo è “tristemente impreparato” per una massiccia eruzione vulcanica e le probabili ripercussioni sulle catene di approvvigionamento globali, sul clima e sul cibo».

Secondo Cassidy e la Mani, «Esiste un ampio malinteso sul fatto che i rischi di grandi eruzioni siano bassi» e «L’attuale mancanza di investimenti governativi nel monitoraggio e nella risposta a potenziali disastri vulcanici è sconsiderata».

Però, i ricercatori sostengono che è possibile adottare misure per proteggerci  dalla devastazione vulcanica che vanno da una migliore sorveglianza a una maggiore istruzione dell’opinione pubblica, fino alla manipolazione del magma, ma le risorse necessarie per farlo si fanno aspettare.

La Mani spiega che «I dati raccolti dalle carote di ghiaccio sulla frequenza delle eruzioni nel tempo più remoto suggeriscono che c’è una possibilità su sei di un’esplosione di magnitudo 7 nei prossimi cento anni. Questo è un tiro di dadi. Tali gigantesche eruzioni hanno causato bruschi cambiamenti climatici e il collasso di civiltà in un lontano passato».

La ricercatrice confronta il rischio di un’eruzione gigante con quello di un asteroide largo 1 km che si schianti sulla Terra e ed evidenzia che «Tali eventi avrebbero conseguenze climatiche simili, ma la probabilità di una catastrofe vulcanica è centinaia di volte superiore alle possibilità combinate di una collisione di un asteroide o di una cometa. Ogni anno, centinaia di milioni di dollari vengono pompati nella prevenzione delle minacce di asteroidi, ma c’è una grave mancanza di finanziamenti e coordinamento globali per la preparazione a una catastrofe vulcanica. Questo deve urgentemente cambiare. Stiamo completamente sottovalutando il rischio per le nostre società rappresentato dai vulcani».

L’eruzione sottomarina avvenuta a Tonga a gennaio è stata la più grande mai registrata strumentalmente. I ricercatori sostengono che «Se fosse durata più a lungo, se avesse rilasciato più ceneri e gas, o se si fosse verificata in un’area piena di infrastrutture critiche, come il Mediterraneo, le onde d’urto globali avrebbero potuto essere devastanti».

La Mani ricorda che «L’eruzione di Tonga è stata l’equivalente vulcanico di un asteroide che ha appena colpito la Terra e deve essere trattata come un campanello d’allarme».

Gli esperti del CSER citano ricerche recenti che, analizzando tracce dei picchi di zolfo in antichi campioni di ghiaccio,  hanno rilevato la regolarità delle principali eruzioni. Un’eruzione da 10 a 100 volte più grande dell’esplosione di Tonga si verifica una volta ogni 625 anni, il doppio di quanto si pensasse in precedenza. Cassidy aggiunge che «L’ultima eruzione di magnitudo 7 è stata nel 1815 in Indonesia. Si stima che localmente siano morte circa 100.000 persone e che le temperature globali siano scese in media di un grado, causando massicci fallimenti dei raccolti che hanno portato a carestie, rivolte violente ed epidemie in quello che fu noto come l’anno senza estate. Ora viviamo in un mondo con 8 volte la popolazione e con oltre 40 volte il livello degli scambi di allora. Le nostre complesse reti globali potrebbero renderci ancora più vulnerabili agli shock di una grande eruzione».

Secondo gli esperti, le perdite finanziarie dovute a una gigantesca eruzione vulcanica sarebbero dell’ordine di migliaia di miliardi di dollari, con perdite paragonabili a quelle causate da una pandemia. La Mani e Cassidy delineano le iniziative che secondo loro devono essere intraprese per aiutare a prevedere e gestire la possibilità di un’eruzione che alteri il pianeta e per aiutare a mitigare i danni causati da eruzioni più piccole e più frequenti. La principale è una più accurata individuazione dei rischi: «Conosciamo solo le posizioni di una manciata delle 97 eruzioni classificate come di grande magnitudo nell'”indice di esplosività del vulcano” negli ultimi 60.000 anni. Ciò significa che potrebbero esserci dozzine di pericolosi vulcani sparsi in tutto il mondo con un potenziale di distruzione estremo, dei quali l’umanità non ha idea».

Secondo Cassidy, «Potremmo non sapere di eruzioni anche relativamente recenti a causa della mancanza di ricerca sui fondali marini e lacustri, in particolare nelle regioni trascurate come il sud-est asiatico. Ivulcani possono restare dormienti per molto tempo, ma essere comunque capaci di una distruzione improvvisa e straordinaria».

Il monitoraggio deve essere migliorato: gli esperti del CSER dicono che «Solo il 27% delle eruzioni avvenute dal 1950 aveva un sismometro nelle vicinanze e solo un terzo di questi dati è stato nuovamente inserito nel database globale per “volcanic unrest”».

La Mani ricorda che «I vulcanologi richiedono un satellite dedicato al monitoraggio dei vulcani da oltre vent’anni. A volte dobbiamo fare affidamento sulla generosità delle compagnie satellitari private per avere rapidamente immagini».

E gli esperti chiedono anche una maggiore ricerca sulla “geoingegneria” dei vulcani, il che comporta anche la necessità di studiare i mezzi per contrastare gli aerosol rilasciati da una massiccia eruzione, che potrebbe portare a un “inverno vulcanico”. Dicono anche che «Dovrebbe essere intrapreso un lavoro per indagare sulla manipolazione delle sacche di magma sotto i vulcani attivi».

La Mani conclude: «Influire direttamente sul comportamento vulcanico può sembrare inconcepibile, ma fino alla formazione del NASA Planetary Defense Coordination Office nel  2016, lo è stato anche la deflessione degli asteroidi. I rischi di una massiccia eruzione che devasti la società globale sono significativi. L’attuale sottoinvestimento nella risposta a questo rischio è semplicemente sconsiderato».