Tonga dopo l’esplosione del vulcano sottomarino

L’Onu al lavoro per fornire assistenza alle isole colpite dallo tsunami e ricoperte di cenere. Gli scienziati cercano di capire cosa è successo e come

[18 Gennaio 2022]

Dopo lo tsunami causato dalla gigantesca esplosione del vulcano sottomarino Hunga-Tonga-Hunga-Ha’apai avvenuta il 15 gennaio, l’United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) segnala danni infrastrutturali significativi intorno a Tongatapu, l’isola principale del regno di Tonga.

L’agenzia Onu  ha detto ieri che «Non ci sono stati contatti dal gruppo di isole Ha’apai e siamo particolarmente preoccupati per due piccole isole basse – Mango e Fonoi – a seguito di voli di sorveglianza [rrealizzati da aerei da ricognizione di Nuova Zelanda e Australia] che hanno confermato ingenti danni alla proprietà. Sono stati segnalati ingenti danni alla proprietà anche sulle spiagge occidentali di Tongatapu con diversi resort e case distrutte e/o gravemente danneggiate».

Fino a ieri non risultavano vittime alle Tonga, ma solo due persone restano disperse, ma oggi Radio New Zealand ha riferito che il governo tongano ha confermato nella sua prima dichiarazione ufficiale dopo le eruzioni vulcaniche che tre persone sono morte: una ciascuna sulle isole di Mango e Nomuka, mentre la cittadina britannica Angela Glover ha trovato la morte a Tongatapu, l’isola principale delle Tonga . Il governo  ha anche confermato che tutte le case dell’isola di Mango sono state spazzate via da uno tsunami causato dall’eruzione vulcanica di sabato e che la popolazione delle isole di Mango, Atata e Fonoifua è stata completamente evacuata e che le forniture d’acqua sono state gravemente danneggiate ovunque.

Probabilmente il bilancio delle vittime  aumenterà, anche perché gravi danni sono stati segnalati anche sulla costa occidentale di Tongatapu, dove è stato dichiarato lo stato di emergenza.

Negli altri Stati insulari e territori vicini alle Tonga, Fiji, Samoa, Samoa Americane, Vanuatu, Isole Salomone, gli allarmi tsunami sono stati revocati senza che finora siano stati segnalati gravi effetti, a parte inondazioni limitate.

L’OCHA sottolinea che «Sebbene non abbiamo un quadro chiaro delle esigenze umanitarie dovute alle difficoltà di comunicazione, le autorità tongane hanno chiesto assistenza immediata, in particolare per l’acqua dolce e il cibo, mentre le valutazioni continuano».

I governi della Nuova Zelanda e dell’Australia hanno annunciato finanziamenti di emergenza per le risposta immediata e aiuti. Dall’Australia sta per salpare una nave con rifornimenti di soccorso.

La Croce Rossa ha offerto assistenza e il Secretariat of the Pacific Community, l’organizzazione internazionale per lo sviluppo che comprende 22 Paesi e Territori insulari del Pacifico, sta fornendo supporto tecnico sull’impatto dell’eruzione del vulcano e della ricaduta delle ceneri. Lo staff del Pacific Humanitarian Team sta lavorando con partner sul campo e controparti nazionali. ù A Tonga le linee telefoniche locali sono state riparate, ma l’OCHA ha detto che «Il ripristino delle connessioni telefoniche internazionali e del servizio Internet rimane complicato dopo che l’eruzione ha interrotto un importantissimo cavo sottomarino per le comunicazioni. Domenica le autorità del regno di Tonga hanno schierato la marina nazionale nel gruppo di isole Ha’apai.

Le agenzie Onu che lavorano a Tonga, come Unfpa, Unicef, Fao, IOM e Oms, stanno fornendo supporto e il cluster logistico, guidato dal Wold food programme (WFP), sta lavorando per portare rifornimenti di soccorso nelle aree colpite  e possibilmente aumentare il personale, in stretto coordinamento con le autorità competenti a Tonga , partner umanitari e Paesi donatori.

L’OCHA fornisce supporto per la comunicazione al National Emergency Management Office di Tonga, che guida le valutazioni e la risposta del governo, in stretta collaborazione con la Tonga Red Cross Society. La ETC initiative,  che riunisce 29 organizzazioni umanitarie, private e governativo che lavorano per fornire servizi di comunicazione condivisa in caso di emergenza ha mobilitato team dell’unità di risposta rapida che possono essere mobilitati entro 48 ore dall’inizio di un’emergenza per lavorare con i partner locali per riconnettere le comunità, rispondendo a un massimo di 10 situazioni di crisi all’anno. In genere, riconoscendo il ruolo vitale svolto dalle comunicazioni in caso di emergenza, i team ETC aiutano a ripristinare le reti mobili e la connettività Internet per le popolazioni colpite, impostando al contempo sistemi di sicurezza o rimettendo in onda le stazioni radio.

Jonathan Veitch, di Unicef Pacific. ha annunciato che l’Unicef è pronta a collaborare con il governo e i suoi partner per garantire che alle famiglie e ai bambini venga fornito urgente sostegno salvavita: «Siamo pronti a fornire supporto umanitario al governo di Tonga e alla sua popolazione colpita dall’eruzione vulcanica e dallo tsunami. L’Unicef lavorerà con il governo, le organizzazioni della società civile e altri partner di sviluppo per garantire sforzi di risposta immediati sul campo, che includono la fornitura di acqua pulita e forniture sanitarie di emergenza per i bambini e le famiglie colpite».

L’evento ha letteralmente toccato ogni angolo del pianeta e un’onda di pressione si è diffusa in tutte le direzioni per completare una circumnavigazione completa: le onde d’urto dell’eruzione di sabato sono state sentite fino in Alaska, mentre le onde dello tsunami hanno inondato le coste giapponesi e statunitensi, uccidendo due persone in Perù.

Gli scienziati si stanno chiedendo perché l’eruzione sia stata così potente. Vogliono anche capire come si è creato lo tsunami. Le risposte a entrambe queste domande riguardano la futura preparazione ai rischi, anche sei, in questo momento questi dettagli più fini sono molto meno importanti delle esigenze immediate degli isolani colpiti dall’eruzione esplosiva che hanno visto  le loro vite sono state sconvolte da inondazioni catastrofiche e dalla caduta di cenere.

Il nome Hunga-Tonga Hunga-Ha’apai (HT-HH) si riferisce alle due strutture dell’isola, a circa 65 km a nord della capitale di Tonga, Nuku’alofa, che raggiungevano un altezza di circa 100 metri  sopra la superficie dell’Oceano Pacifico. Quel che non era evidente all’osservatore casuale era la montagna vulcanica nascosta sott’acqua che si ergeva a circa 1.800 metri sopra il fondo del mare. Infatti, le isole HT-HH rappresentavano solo la parte più alta del bordo di una caldera di 6 km di diametro ed è stato in questa caldera sommersa che il magma ricco di gas è entrato in contatto con l’acqua di mare fredda con effetti devastanti.

Shane Cronin, dell’università di Auckland, che ha condotto uno studio dettagliato su  questo vulcano, ha detto a BBC News che «La profondità dell’acqua è stata fondamentale.

La vetta della caldera si trova a circa 150-200 metri sotto il livello del mare. Questa è la profondità giusta perché ci siano interazioni abbastanza forti ed esplosive tra il magma e l’acqua di mare. Una volta che si arriva molto più in profondità, quello che tende ad accadere è che c’è troppa acqua di mare e sopprime quell’attività esplosiva». Co ronin ha evidenziato che un grande evento era previsto: «L’ultima grande eruzione risale all’anno 1100 d.C., e prima c’era stato un episodio importante 1.800 anni fa. Su questa base il ciclo di ripetizione è stato di circa 900 anni. Questo è ora».

Lo tsunami potrebbe essere stato creato in diversi modi. Più vicino, dove le onde alte più di un metro sono state registrate dal mareografo di Nuku’alofa, qualche componente sarebbe derivato dalla roccia e cenere inizialmente lanciate in alto nel cielo, per poi ridiscendere nell’oceano provocando le onde. Quel che gli scienziati non possono escludere in questa fase è che l’energia estrema a scatenatasi nell’evento non abbia causato anche una sorta di cedimento del fianco sottomarino del vulcano. Qualcosa di simile si verificò nel 2018 ad Anak Krakatau in Indonesia. Per Vicki Ferrini, del Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University, «Questa è sicuramente una possibilità. Nei dati che abbiamo raccolto nel 2016, è possibile vedere molti grossi pezzi solidificati che sembravano essere scivolati lungo il fianco del vulcano in passato. Quindi, con un’esplosione di queste dimensioni, non sarei certo sorpresa se si fossero spostate ulteriori ampie sezioni di materiale consolidato. La cosa buona è che abbiamo i dati di base per fare un confronto quando torniamo dentro, ma solo quando è sicuro».

Si discute molto anche si u come l’onda d’urto possa aver contribuito agli effetti registrati fino in America e in Giappone. Dave Tappin, del British Geological Survey, spiega che «L’idea è che l’improvviso cambiamento nella pressione dell’aria colpisca la superficie dell’oceano. Questo può cambiare l’elevazione nell’oceano da millimetri a centimetri, e quando questo si avvicina alla terraferma, se le condizioni sono giuste, può generare tsunami. Sappiamo che è successo ad esempio nella grande eruzione del Krakatau nel 1883. Ci stiamo lavorando proprio ora. Fortunatamente, negli ultimi 20 anni, abbiamo sviluppato la matematica per modellare numericamente questi eventi per comprenderli meglio».

Quel che è così straordinario in quell’onda di pressione è la distanza percorsa: il barometro di Reading ha registrato un totale di tre impulsi entro le 7:00 ora del Regno Unito di lunedì. Ma Giles Harrison, dell’università di Readin, non sembra molto sorpreso: «Queste cose viaggiano alla velocità del suono, quindi sabato sera molte persone si sono messe in fila aspettandosi qualcosa. Ed è quello che è successo: un leggero aumento della pressione (circa 1,5 millibar) seguito da una diminuzione della durata di circa mezz’ora. La distanza da Tonga al Regno Unito è di circa 16.500 km e con un intervallo di circa 14 ore, questo ti dà il tipo di velocità che ti aspetteresti, a circa 300 metri al secondo. Ci sono parallelismi con l’evento Krakatoa del 1883. I meteorologi vittoriani hanno riportato segnali simili».

Nelle prossime settimane e mesi, quando l’attività si interromperà a Hunga-Tonga Hunga-Ha’apai, i ricercatori potranno avvicinarsi per esaminare i resti delle due isole. La maggior parte della loro massa sopra l’acqua è scomparsa, non sorprendentemente data la potenza dell’esplosione.

Ma anche per Tappin ora la preoccupazione più grande fornire  assistenza alle isole colpite nell’arcipelago di Tonga: «Le immagini satellitari ivelano danni considerevoli. E ci sono problemi a lungo termine che derivano da tutta quella cenere. Avrà un impatto sull’agricoltura e sulla qualità dell’acqua».

Il presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Abdulla Shahid, sta seguendo da vicino gli sviluppi nella regione, e la sua portavoce, Paulina Kubiak, ha detto che «Il presidente è sollevato dal fatto che finora non ci siano state segnalazioni confermate di morti o feriti gravi».

Shahid proviene dalle Maldive, un altro picciolo Stato insulare che rischia di scomparire nel mare che sale spinto dal riscaldamento globale, e ha evidenziato che «L’eruzione a Tonga dimostra ancora una volta la vulnerabilità dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS) ai disastri naturali, come gli tsunami».

La Kubiak ha aggiunto che «Quando si tratta di SIDS, le opzioni di risposta usuali sono limitate. Il territorio più elevato  è limitato. L’acqua sotterranea è facilmente contaminata e quasi tutte le infrastrutture si trovano vicino alla costa. Quello di cui abbiamo bisogno sono sforzi per migliorare la resilienza, come delineato nel  Sendai Framework on Disaster Risk Reduction  e ulteriormente specificato nell’Agenda 2030».

Shahid ha concluso: «Il disastro è l’ennesimo caso in cui è necessaria la solidarietà internazionale,  una volta che il governo tongano avrà identificato il sostegno di cui ha bisogno».