L’Oms dichiara emergenza internazionale l’epidemia di Ebola nella Repubblica Democratica del Congo

Un’epidemia ignorata dalla comunità internazionale che potrebbe estendersi al resto della Rdc e ai Paesi vicini

[18 Luglio 2019]

Il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha dichiarato emergenza di salute pubblica di preoccupazione internazionale (Public health emergency of international concern – Pheic), l’epidemia di malattia da virus Ebola (EVD) nella Repubblica democratica del Congo (Rdc): «E’ tempo che il mondo ne prenda atto e raddoppi i suoi sforzi. Dobbiamo lavorare insieme in solidarietà con la Rdc per porre fine a questo focolaio e costruire un sistema sanitario miglior. Per quasi un anno è stato fatto un lavoro straordinario nelle circostanze più difficili. Lo dobbiamo tutti a questi soccorritori –  provenienti non solo dall’Oms ma anche da governi, partner e comunità – che si sono assunti il peso maggiore». La dichiarazione di Pheic per l’Ebola arriva dopo un meeting dell’International Health Regulations Emergency Committee for EVD nella Rdc che si è tenuta a Ginevra. Presentando le sue raccomandazioni il Comitato ha citato i recenti sviluppi dell’epidemia, compreso il primo caso confermato a Goma, una città della Rdc di quasi 2 milioni di persone al confine con il Rwanda, che à la porta di accesso dell’Africa centro-orientale al resto della Rdc e al mondo. Attualmente, a Goma sono stati vaccinati  contro Ebola circa 3,000 operatori sanitari e nella Rdc dall’inizio dell’epidemia sono morte più di 1.650 e ogni giorno si segnalano in media 12 nuovi casi di EVD. Il focolaio di Ebola resta ancora limitato alle province del Nord-Kivu e dell’Ituri, ma l’Oms valuta come molto elevato il rischio di propagazione alle vicine province della Rdc e agli Stati confinanti. Il ministro della salute della Rdc, Oly Ilunga, ha ricordato che «Il secondo focolaio della nalattia da virus Ebola è una crisi di salute pubblica che ha luogo in un ambiente caratterizzato da problemi di sviluppo e di carenze nel sistema sanitario». Infatti, le aree dell’Ituri e del Nord-Kivu colpite da Ebola hanno infrastrutture pubbliche meno che mediocri e sono devastate da anni da instabilità politica e conflitti per il possesso delle risorse che coinvolgono decine di gruppi e milizie armati, mentre la sfiducia delle comunità locali verso un governo nazionale che non riesce a impedire a gtagliagiole e multinazionali di fare il bello e il cattivo tempo è enorme.

Quella tenutasi a Ginevra è la quarta riunione del comitato di emergenza dal primo agosto 2018, quando è stata dichiarata l’epidemia di Ebola nella Rdc. Un’epidemia, va detto, che stavolta, a differenza di quella che colpì l’Africa occidentale, non sembra preoccupare molto i razzisti da tastiera e la Lega ex Nord che allora chiese la chiusura di frontiere e aeroporti agli africani.

Sarà anche per questo scarso interesse politico/mediatico che il Comitato ha espresso «disappunto per i ritardi nei finanziamenti che hanno limitato la risposta» ed evidenziato la necessità di «proteggere i mezzi di sostentamento delle persone più colpite dall’epidemia mantenendo aperte le rotte di trasporto e le frontiere. È essenziale evitare le conseguenze economiche punitive delle restrizioni di viaggio e commerciali sulle comunità colpite».

Il presidente dell’Emergency Committee for EVD, Robert Steffen, ha sottolineato che «E’ importante che il mondo segua queste raccomandazioni. È inoltre fondamentale che gli Stati non utilizzino il Pheic come scusa per imporre restrizioni commerciali o di viaggio, il che avrebbe un impatto negativo sulla risposta e sulla vita e il sostentamento delle persone nella regione».

Dato che è stata dichiarata quasi un anno fa, l’epidemia è stata classificata dall’Oms come emergenza di livello 3 – la più grave – innescando il più alto livello di mobilitazione dell’Organizzazione mondiale della sanità. Anche l’Onu ha riconosciuto la gravità dell’emergenza attivando le sue agenzie umanitarie per sostenere la risposta all’ebola.

Al meeting dell’Emergency Committee for EVD ha partecipato anche il segretario di Stato britannico allo sviluppo internazionale, Rory Stewart, che ha fatto notare che «Attualmente, i donatori e chi interviene si sono detti fiduciosi nell’approccio che stiamo adottando. Ma se non otteniamo immediatamente delle risorse finanziarie nettamente superiori, non sarà possibile mettere fine al focolaio. Ogni ritardo dà al virus la possibilità di propagarsi, il che ha delle conseguenze disastrose. Dobbiamo fare oggi tutto ciò che è per evitare di raggiungere un’ampiezza del focolaio come quella che abbiamo conosciuto in Africa occidentale 5 anni fa, che è costata la vita a più di 10.000 persone, prima che una risposta da diversi miliardi di dollari permettesse di riportare il numero dei casi a zero. Siamo sull’orlo della crisi. La mia visita questo mese nella Rdc orientale ha solo confortato la mia opinione sul carattere di emergenza assoluta che deve prendere la nostra risposta a questa crisi. Su questo non c’è alcun dubbio. Infatti, ci stiamo battendo contro Ebola,  una delle malattie più mortali del mondo, nei dintorni di una zona invasa da gruppi armati. Bisogna che la comunità internazionale faccia un passo avanti ed impedisca al focolaio di ampliarsi. Il pericolo è davvero reale, se perdiamo il controllo, potrebbe propagarsi al di là delle frontiere della Rdc, verso l’insieme della regione».

Nel raccomandare la dichiarazione di Pheic, Emergency Committee for EVD ha formulato raccomandazioni specifiche relative a questo focolaio e Tedros Adhanom Ghebreyesus conclude: «Si tratta di madri, padri e bambini: troppo spesso sono colpite intere famiglie. Al centro di tutto ci sono comunità e tragedie individuali. Il Pheic non dovrebbe essere usato per stigmatizzare o penalizzare proprio le persone che hanno più bisogno del nostro aiuto».