L’epidemia di casi di cancro in Italia, trainata dagli stili vita malsani

Cinieri (Aiom): «Rafforzare le azioni per contrastare il ritardo diagnostico e per favorire la prevenzione secondaria e soprattutto primaria»

[2 Gennaio 2023]

Dopo il calo delle nuove diagnosi imposto dall’arrivo della pandemia nel 2020, oggi in Italia «si assiste a una vera e propria epidemia di casi di cancro», come dichiarano dall’Istituto superiore di sanità (Iss) presentando il report I numeri del cancro in Italia 2022, realizzato insieme ad Aiom, Airtum, Ons, Passi e Siapec-Iap.

Nel 2022, in Italia, sono stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro (nel 2020 erano 376.600), 205.000 negli uomini e 185.700 nelle donne: in due anni, l’incremento è stato di 14.100 casi. Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2022, è il carcinoma della mammella (55.700 casi), seguito da colon-retto (48.100), polmone (43.900), prostata (40.500) e vescica (29.200).

«L’aumento a 390.700 del numero assoluto dei casi nel 2022 pone interrogativi per i quali attualmente non ci sono risposte esaurienti – afferma Saverio Cinieri, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) – Queste stime per l’Italia per il 2022 sembrano indicare un aumento del numero assoluto dei tumori, in gran parte legato all’invecchiamento della popolazione, in apparente contrasto con l’andamento decrescente dei tassi di incidenza osservato se, ipoteticamente, si considera invariata l’età dei cittadini. Questi dati aggiornati invitano sempre di più a rafforzare le azioni per contrastare il ritardo diagnostico e per favorire la prevenzione secondaria e soprattutto primaria, agendo sul controllo dei fattori di rischio a partire dal fumo di tabacco, dall’obesità, dalla sedentarietà, dall’abuso di alcol e dalla necessità di favorire le vaccinazioni contro le infezioni note per causare il cancro, come quella contro l’Hpv».

Senza dimenticare altri fattori importanti come quelli legati all’inquinamento ambientale, l’accento sugli stili di vita malsani è sottolineato anche da Maria Masocco, responsabile scientifico dei sistemi di sorveglianza Passi e Passi d’Argento, coordinati dall’Istituto superiore di sanità: «I dati Passi sugli stili di vita confermano la non ottimale aderenza dei cittadini ad uno stile di vita sano. Dall’analisi delle serie storiche dei fattori di rischio comportamentali, emerge che non ci sono stati grandi miglioramenti negli ultimi 15 anni e, ad eccezione dell’abitudine al fumo di sigaretta che continua la sua lenta riduzione da oltre un trentennio, il consumo di alcol a rischio, la sedentarietà e l’eccesso ponderale, complessivamente, peggiorano o restano stabili. Non solo. In piena pandemia, durante il biennio 2020-2021, questi trend hanno subito modifiche per lo più in senso peggiorativo. L’impatto della pandemia sugli stili di vita è più visibile nel 2020 e sembra, in parte, rientrare nel 2021. Ma gli sforzi per sensibilizzare i cittadini sull’importanza della prevenzione primaria non devono fermarsi».

Davanti a un andamento tanto preoccupante, ci sono però almeno due note positive da sottolineare. La prima riguarda la ripresa dei programmi di screening, tornati nel 2021 ai livelli prepandemici, in particolare quello mammografico raggiunge la copertura del 46%, per il colon-retto del 30% e per la cervice uterina del 35%. La seconda, la sopravvivenza dei pazienti dopo la diagnosi di cancro.

A fronte dei 2 milioni e mezzo di cittadini che vivevano in Italia nel 2006 con una pregressa diagnosi di tumore, si è passati a circa 3,6 milioni nel 2020, il 37% in più di quanto osservato solo 10 anni prima. L’aumento è stato particolarmente marcato per coloro che vivono da oltre 10 o 15 anni dalla diagnosi. Nel 2020, circa 2,4 milioni di persone (65% del totale) hanno ricevuto la diagnosi da più di 5 anni, mentre 1,4 milioni (39% del totale) da oltre un decennio. Sono oltre un quarto (27%) le persone guarite tra quelle che vivono dopo una diagnosi di tumore.

«Nella stragrande maggioranza dei casi, una persona libera da malattia oltre i 10 anni dal termine del trattamento può, in assenza di recidiva, essere considerata guarita – conclude Giordano Beretta, presidente della Fondazione Aiom – Fanno eccezione a questa regola alcuni tumori in cui il tempo di guarigione è più lungo e le neoplasie insorte nell’età infantile e adolescenziale, in cui possono bastare 5 anni. Il fatto che una persona, a cui è stata diagnosticata una patologia oncologica, possa essere considerata guarita rappresenta un radicale cambiamento di paradigma, che diventa anche un elemento motivante per l’adesione agli screening, una volta che si sia compreso che la guarigione è tanto più facile quanto più precoce è la diagnosi. In Italia i pazienti oncologici guariti, però, rischiano ancora di incontrare concrete difficoltà quando, ad esempio, cerchino di stipulare un’assicurazione sulla vita o richiedano un mutuo o un finanziamento bancario. Ecco perché è fondamentale attuare, anche in Italia, una legge sul ‘diritto all’oblio’, seguendo l’esempio di altri Paesi europei».