Le buone condizioni ambientali potrebbero aver difeso l’Isola del Giglio dal coronavirus

Muti (Università di Milano): «L’assenza di casi conclamati di Covid-19 non è verosimilmente attribuibile a un fenomeno di siero-protezione, ma ad altri fattori come ridotto tasso di inquinamento atmosferico, condizioni geoclimatiche e micro-ambientali, genetica. Si tratta di prime osservazioni scientifiche che dovranno essere testate con nuovi studi»

[4 Maggio 2020]

All’Isola del Giglio il coronavirus Sars-Cov-2 è arrivato, ma non è riuscito a innescare una catena di contagi: il bollettino pubblicato ieri dal Comune parla di 0 persone attualmente positive al Covid-19, mentre dall’inizio della pandemia si sono registrati solo 4 casi sull’isola, tutti guariti. Come mai?

Per capire i motivi della relativa resistenza collettiva alla infezione virale mostrata dalla popolazione del Giglio nei giorni scorsi è stato avviato un screening sierologico a tappeto aperto a tutta la cittadinanza – con l’avvallo del comitato etico dell’Istituto Spallanzani  – per testare se in una popolazione “opportunisticamente isolata”, apparentemente resistente alla diffusione del coronavirus, la presenza sierica di IgG e IgM specifiche verso il repertorio antigenico del Sars-Cov-2 possa spiegare la relativa resistenza collettiva alla infezione virale. Oggi i risultati sono arrivati.

«All’inizio non sapevamo come interpretare questa apparente resistenza al virus – spiega Paola Cornelia Maria Muti dell’Università di Milano, che ha coordinato il team di ricercatori – La popolazione era stata già esposta al virus? Aveva, dunque, già sviluppato una propri difesa immunitaria? Con lo screening di massa abbiamo compreso che l’assenza di casi conclamati di Covid-19, successiva all’introduzione del virus nel contesto isolano, non sia verosimilmente attribuibile a un fenomeno di siero-protezione, ma ad altri fattori come il ridotto tasso di inquinamento atmosferico, le peculiari condizioni geoclimatiche e micro-ambientali, che potrebbero ridurre la carica virale del Sars-CoV-2 in fase aerea o limitarne l’infettività una volta avvenuta l’esposizione. Tra le varie ipotesi non sono da escludere neppure la genetica stessa della popolazione gigliese o il fatto che ad interessare l’isola sia stato un ceppo virale, caratterizzato da una ridotta virulenza. Si tratta di prime osservazioni scientifiche, che dovranno essere testate con nuovi studi».

La ricerca ha coinvolto in tutto 723 persone presenti sull’isola durante i giorni dello screening (dal 29 aprile al 3 maggio), includendo residenti e non. Sul totale della popolazione residente e presente al momento dello studio (748 persone), 634 hanno partecipato allo screening (l’85% della popolazione). Nelle tre località isolane si sono registrate le seguenti percentuali: Giglio Castello 80% (268 persone su 336); Giglio Campese 75% (67 persone su 89); Giglio Porto 92% (299 persone su 323). Il test ha identificato un solo soggetto positivo, privo di sintomatologia, confermando la presenza di anticorpi anti-Sars-Cov-2 nei pazienti precedentemente riconosciuti come positivi tramite tampone.

«Questo studio potrà aiutarci a comprendere meglio le caratteristiche e le dinamiche epidemiologiche, cliniche e biologiche, determinate dall’infezione Covid 19. Ecco perché abbiamo accolto la richiesta dell’Università di Milano, inviando sull’isola 1500 kit di test sierologici – commenta il presidente Enrico Rossi – Si tratta di un primo importante contributo alla ricerca, reso possibile grazie alla fattiva collaborazione dell’intera comunità gigliese, del sindaco e dell’amministrazione comunale che hanno informato i cittadini e sostenuto l’iniziativa, e della Asl sud est, che ha assistito lo studio con specifici dispositivi di protezione individuale. Non lasciamo nulla di intentato, pur di contribuire al meglio delle nostre possibilità alla tutela della salute pubblica».