Il progetto sperimentale premiato in Germania

Il 5G fa male? Nel porto di Livorno taglia le emissioni di CO2 dell’8,2%

Migliorando lo scambio di informazioni in tempo reale all’interno del terminal portuale, riducendo le movimentazioni di merci non necessarie, si risparmiano 148.000 kg di CO2 l’anno

[15 Luglio 2020]

Mentre in Italia si moltiplicano i comitati e le ordinanze dei sindaci contro il 5G, a Livorno quella che semplicemente rappresenta la quinta generazione delle tecnologie di telefonia mobile è arrivata in tempi non sospetti, quando ancora non era di moda tra i complottisti di ogni estrazione. Il progetto sperimentale “5G port of the future”, che ha come protagonista il porto di Livorno e rientra nell’ambito del progetto europeo Corealis – Port of the future, è stato infatti avviato nel 2016 da Ericsson insieme al Consorzio nazionale interuniversitario delle telecomunicazioni (Cnit) e all’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno settentrionale: oggi ha ricevuto il prestigioso premio “Industrial energy efficiency award” durante gli Hannover Messe Digital Days, appena conclusi in Germania.

Il perché lo spiega direttamente Ericsson, che ha ritirato il premio. Il progetto «ha posto le basi affinché uno dei maggiori porti italiani diventasse un banco di prova per la sperimentazione di nuove soluzioni 5G, soprattutto in relazione agli Obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 delle Nazioni Unite».

In che modo? Nello specifico, il 5G ha «permesso di migliorare lo scambio di informazioni in tempo reale all’interno del terminal portuale, portando alla riduzione dei movimenti non necessari durante la movimentazione delle merci. Questo aspetto può ottimizzare i processi in modo significativo, diminuendo il consumo di carburante e il CO2 associati. Grazie ad un modello elaborato insieme ai partners di progetto ed alla Fondazione Eni Enrico Mattei (Feem), si calcola che in questo modo ogni anno sia possibile ridurre le emissioni dell’8,2% per terminal portuale, pari a quasi 148.000 kg di CO2».

Con risvolti positivi anche in termini economici: «Le stime indicano un risparmio di 2,5 milioni di euro all’anno grazie all’ottimizzazione dei tempi di ormeggio delle navi e un miglioramento del 25% della produttività attraverso l’utilizzo di gru controllate da remoto in 5G».

Risultati che aprono nuove prospettive per il porto labronico. Larga parte della storia, del presente e del futuro di Livorno gira attorno al suo scalo portuale, individuato come una delle principali leve di sviluppo nei prossimi anni attraverso un progetto come quello della Darsena Europa, ma la cui presenza comporta anche importanti impatti ambientali. Guardando solo alla CO2, secondo gli ultimi dati forniti dall’Autorità portuale sono circa 180mila le tonnellate di anidride carbonica emesse dal porto ogni anno; ovvero l’equivalente di quelle relative a oltre 60mila auto. Il 5G potrebbe adesso aiutare a ridurle.

«Il progetto pilota 5G port of the future – commenta Rossella Cardone, Head of Sustainability and Corporate Responsibility, Europa e America Latina di Ericsson – ha dimostrato che la connettività 5G può aiutare a far evolvere i tradizionali modelli di business e modelli operativi portuali, ottenendo un migliore rapporto costi-benefici e una maggiore sostenibilità dal punto di vista ambientale. Il 5G e le tecnologie digitali stanno razionalizzando il modo in cui i porti gestiscono i loro processi e flussi di merci a favore di modalità più ecologiche. L’innovazione e la tecnologia possono produrre un reale valore economico e di sostenibilità».

Nel frattempo è utile ricordare che quella in corso a Livorno è sì una sperimentazione, ma con tutte le cautele del caso: è direttamente l’Arpat a monitorare il rispetto dei limiti per l’esposizione ai campi elettromagnetici. Anche l’incremento del numero di antenne che si attende con il 5G «non potrà mai portare ad una crescita indiscriminata dei livelli di campo elettromagnetico, perché l’Agenzia verifica sempre che i progetti dei nuovi impianti, o di modifica di quelli esistenti, siano compatibili con i limiti normativi. Per quanto noto – osservano nel merito dall’Arpat – il tipo di tecnologia non comporta un diverso impatto sulla salute. Pertanto, quello che viene tenuto sotto controllo è il livello di campo elettromagnetico totale a cui è esposta la popolazione, indipendentemente dalla tecnologia usata (2G, 3G, 4G e 5G, ma anche Radio o Tv) ».

In altre parole il 5G deve continuare a rispettare le norme di riferimento sull’esposizione ai campi elettromagnetici, in Italia più stringenti che in Ue, e come spiega l’Istituto superiore di sanità la realtà sembra andare in direzione opposta rispetto a quanti molti complottisti pensano: «È prevedibile che, con la progressiva sostituzione delle tecnologie precedenti con quella 5G, le esposizioni complessive della popolazione diminuiranno ulteriormente rispetto a quanto sta già avvenendo».

L. A.