Gli esseri umani producevano strumenti in ossidiana già più di 1,2 milioni di anni fa

Team guidato dall’università La Sapienza ha scoperto in Etiopia la più antica fabbrica di utensili nota al mondo

[25 Gennaio 2023]

Una missione archeologica finanziata dall’università La Sapienza di Roma ha evidenziato Melka Kunture, a circa 50 km a sud della capitale dell’Etiopia Addis Abeba,  la presenza della più antica zona di produzione specializzata di utensili finora conosciuta.

Lo studio “A surge in obsidian exploitation more than 1.2 million years ago at Simbiro III (Melka Kunture, Upper Awash, Ethiopia”, pubblicato su Nature Ecology and Evolution  da un team di ricerca internazionale guidato dalla Missione archeologica Italo-Spagnola a Melka Kunture e Balchit diretta da Margherita Mussi,  mette in luce «Una tappa fondamentale dello sviluppo dell’intelligenza umana»

A Simbiro i finanziamenti alla ricerca sono stati quelli dei “Grandi Scavi di Ateneo”, concessi da Sapienza fino al 2018, del ministero degli esteri e della cooperazione nternazionale e di enti spagnoli, in particolare della Fundación Palarq.  Melka Kunture è un’area archeologica che si estende sull’altopiano etiopico a circa 2.000 metri di altezza e alla Sapienza spiegano che «Si tratta di un vasto agglomerato di depositi archeologici datati tra 2.000.000 e 5.000 anni fa che per estensione, per la lunga sequenza culturale e per la molteplicità e varietà delle situazioni archeologiche presenti nelle sue diverse fasi, si configura come un complesso straordinario, paragonabile soltanto alla Gola di Olduvai in Tanzania. Melka Kunture, però, si distingue nettamente dall’ambiente della savana, non soltanto per il clima fresco e piovoso, ma anche per una flora e una fauna differenti, rappresentando un unicum nel suo genere».

Nello studio emerge come «A Melka Kunture, e in particolare nel sito di Simbiro, sia stata individuata una sorta di piccola falesia di circa 5 m, comprendente cinque ben visibili livelli archeologici dell’Acheuleano risalenti a più di 1.200.000 anni fa; di questi uno, il livello C, presenta un’imponente quantità di bifacciali di ossidiana e di schegge derivate dalla loro produzione. L’analisi dettagliata dei bifacciali di ossidiana rivela come essi siano estremamente standardizzati, quindi fatti da mani esperte che producevano schegge di grandi dimensioni riuscendo a ritoccarle per ottenere forme costanti e ripetute, nonostante la fragilità dell’ossidiana, un vetro vulcanico».

La Mussi, principale autrice dello studio e direttrice dello scavo dal 2011, fa notare che «Il fatto che a Simbiro non ci fossero altri tipi di strumenti, ad eccezione di questi utensili di ossidiana di alta qualità, porta a ritenere che questo fosse un luogo di produzione specializzato. In altri termini, questo è un atelier di produzione, il più antico mai noto dal momento che quelli finora conosciuti non risalgono ad oltre 300.000 anni fa».

Per realizzare lo studio sono stati valutati gli aspetti spazio-temporali delle più antiche fasi dell’evoluzione e i ricercatori evidenziano che «Varie piste di ricerca permettono di ricostruire con precisione un ambiente pianeggiante e ricco di alberi, con un corso di acqua che stagionalmente esondava e cambiava corso, accumulando e poi erodendo dei depositi di vario tipo. Uno di questi, un accumulo di grossi ciottoli di ossidiana, non sfuggì all’attenzione degli ominidi, che in più occasioni vennero ad utilizzarlo per produrre bifacciali di ossidiana. In generale, le evidenze che si hanno per il Pleistocene inferiore suggeriscono un modello poco differenziato di abitato, in cui si svolgevano tutte le attività quotidiane, dalla produzione degli strumenti al loro uso per ogni tipo di necessità; a Simbiro abbiamo invece solo produzione di bifacciali molto standardizzati che andavano poi trasferiti altrove dove venivano utilizzati. L’area era stagionalmente invasa dalle acque e bisognava quindi prevedere il periodo dell’anno in cui venire, una pianificazione finora mai riscontrata in questa fase del Pleistocene».

E lo studio sottolinea la grande importanza del modo in cui gli ominidi sono giunti a questi eccellenti risultati: «A Melka Kunture, si sapeva scheggiare l’ossidiana da molto tempo, visto che già 2.000.000 di anni fa l’Olduvaiano è prevalentemente su ossidiana, ma si trattava di schegge ottenute con una certa facilità da piccoli ciottoli di pochi centimetri; poi, a partire da 1.950.000 anni fa si producono, sia pure raramente, anche delle grandi schegge e qualche bifacciale, ma utilizzando piuttosto altre pietre vulcaniche come il basalto».

;La Mussi conclude_ «Il ritrovamento di questo atelier evidenzia una tappa fondamentale dello sviluppo dell’intelligenza umana: l’innovazione, che è collegata alla creatività – continua Margherita Mussi – È il primo esempio di sviluppo di “parallel thinking”, che significa far convergere  conoscenze e abilità tecniche lungamente acquisite in precedenza in altre produzioni, cioè piccole schegge di ossidiana da una parte, bifacciali di basalto dall’altra, per ottenere un prodotto nuovo, ossia bifacciali standardizzati su grandi schegge di ossidiana. Melka Kunture, non solo fornisce informazioni sullo sviluppo dell’intelligenza umana, ma dimostra anche la necessità di non sottovalutare, con facili generalizzazioni, le capacità degli ominidi del Pleistocene inferiore, che hanno fatto ben altro che adattarsi passivamente all’ambiente».