Lo spiegano su Nature ricercatori delle Università di Milano-Bicocca e Harvard

Ecco come il riscaldamento globale può alimentare eventi di freddo estremo

Un esempio recente? A cavallo di Capodanno 2021 c’è stato un riscaldamento stratosferico in Artico particolarmente intenso (circa 50°C), e dopo nel sud Europa sono arrivati neve e freddo

[19 Gennaio 2021]

Il riscaldamento globale continua ad avanzare, tanto che il 2020 è stato l’anno più caldo registrato in Europa e a livello globale – a pari merito col 2016 –, eppure l’inizio del 2021 si è aperto con -25 °C alle porte di Madrid e nevicate che in Toscana non si vedevano da mezzo secolo. Come stanno insieme gli episodi di freddo estremo con il global warming?

A spiegarlo, oltre ad individuare per la prima volta una condizione anticipatrice di queste anomalie, è lo studio Decoupling of the Arctic Oscillation and North Atlantic Oscillation in a warmer climate pubblicato su Nature climate change da un team di ricercatori delle Università di Milano-Bicocca e Harvard.

Giova innanzitutto ricordare la differenza tra meteo e clima: la parola ”meteo” indica la previsione e l’osservazione dei fenomeni atmosferici nel brevissimo termine, su un’area geografica ristretta. La climatologia è invece  la sorella maggiore della meteorologia, a grande scala spaziale e temporale, e nasce dai dati meteorologici raccolti e valutati su un periodo di almeno trent’anni. Com’è evidente, però, le condizioni climatiche influenzano quelle meteorologiche. Ed è proprio da queste interazioni che possono nascere eventi di freddo estremo in un’era di riscaldamento globale.

Come spiegano dall’Università di Milano-Bicocca, le condizioni meteorologiche invernali alle medie latitudini – come le nostre – sono fortemente influenzate dal cosiddetto vortice polare, una circolazione atmosferica che intrappola l’aria fredda dell’Artico alle alte latitudini e le impedisce di raggiungere altre zone del globo. In media una volta ogni due anni, il vortice polare si indebolisce e permette all’aria gelida di raggiungere le medie latitudini: si pensi ad esempio l’abbondante nevicata a Roma del 2018 e il febbraio 2012 in cui la temperatura in pianura Padana scese sotto i -20°C e la laguna Veneta ghiacciò.

«L’indebolimento del vortice polare – aggiungono dall’Ateneo milanese – viene innescato dal rapido riscaldamento dell’aria a 30 chilometri di quota, in stratosfera, e provoca un’anomalia dei venti. Nel giro di un paio di settimane le condizioni atmosferiche in superficie cominciano a risentire degli effetti dei venti anomali, favorendo l’incursione dell’aria polare nelle medie latitudini. Tale fenomeno è estremamente di attualità: infatti, un riscaldamento stratosferico in Artico particolarmente intenso (circa 50°C) è avvenuto proprio a cavallo del Capodanno 2021, con possibili conseguenze di instabilità meteorologica in Europa e/o Nord America nelle settimane successive, in parte già manifestatesi con l’eccezionale ondata di neve e freddo in corso in Spagna».

È già noto che le temperature anomale in stratosfera sono influenzate da diversi eventi climatici, come ad esempio la fusione del ghiaccio Artico e le piogge tropicali intense, ma le attuali conoscenze non permettono di fare previsioni accurate sul loro accadere. Nello studio curato da Mostafa Hamouda e Claudia Pasquero dell’Università di Milano-Bicocca insieme a Eli Tziperman dell’Università di Harvard, invece, viene evidenziata «una condizione anticipatrice delle anomalie stratosferiche che non era mai stata riconosciuta prima. Si tratta della temperatura superficiale dell’Oceano Pacifico settentrionale: acque particolarmente calde riscaldano la fredda aria che giunge dalla Siberia favorendone la risalita ed arrivando a modificare le condizioni stratosferiche».