Dimmi quale (e quanto) vino bevi e ti dirò che batteri hai in bocca

Uno studio realizzato in Portogallo su degustatori professionisti svela quanto profondamente l’assunzione di vino alteri la comunità batterica

[11 Aprile 2023]

Da almeno più di una decade ormai lo studio del microbiota, vale a dire del variegato insieme di microorganismi (principalmente batteri, protozoi funghi e virus) che popolano un determinato ambiente in un certo momento, è molto in voga in vari settori delle cosiddette scienze della vita.

Alla radice di questo crescente interesse per la caratterizzazione delle comunità microbiche che risiedono negli ambienti più disparati, dalle sorgenti di acqua sulfurea alla nostra pelle e agli organi interni di animali e piante, vi è la consapevolezza del loro ruolo determinante negli ecosistemi che abitano e per il corretto svolgimento delle funzione fisiologiche che determinano lo stato di salute fisico, psicologico e perfino sociale degli organismi che le ospitano.

Una componente importante delle numerose ricerche che si sono susseguite negli ultimi anni su questo tema è l’uso di sistemi di sequenziamento in parallelo basati nella tecnologia di seconda generazione (Ngs – Next generation sequencing), al fine di caratterizzare il patrimonio genetico associato al microbiota nel suo insieme.

In questo scenario, la maggior enfasi finora è stata posta sulla componente microbica più abbondante, ovvero quella batterica che, nel caso del microbiota orale, si ritiene giocare un ruolo importante in relazione alla percezione di sapori e odori.

Ed è proprio questa la base teorica che ha ispirato la realizzazione di uno studio innovativo della facoltà di Scienze dell’Università di Porto (Fcup), mirato a chiarire se vi siano differenze significative nella composizione della comunità batterica che alberga nella bocca dei degustatori di vini professionisti rispetto ad altri soggetti e, in caso di risposta affermativa, se questa differenza possa influenzare le loro spiccate capacità percettive. Si è inoltre esaminato l’effetto di alcuni alimenti, sesso, età e abitudini (ad esempio il consumo di tabacco).

La ricerca, condotta presso i laboratori dell’associazione Biopolis/Cibio-Inbio (Centro di ricerca sulla biodiversità e le risorse genetiche, Inbio – Laboratorio associato dell’Università di Porto) e alla quale hanno preso parte ricercatori spagnoli e italiani oltre che lusitani, ha evidenziato che il consumo frequente di vino ha un effetto pulente nella bocca, eradicando una cospicua frazione della flora batterica ma creando, allo stesso tempo, nuove nicchie pronte ad essere sfruttate da microorganismi opportunisti ed anche patogeni.

Si è visto, inoltre, che il consumo di alimenti dal sapore amaro e astringente altera la comunità batterica che risiede sul dorso della lingua come risultato della variazione del pH e che, con il progredire degli anni di carriera (e quindi con il numero di degustazioni), questa tende a ridursi sempre di più. Curiosamente è emerso che anche il tipo di vino gioca la sua parte: coloro che sono specializzati in vini frizzanti sembrano infatti sperimentare una perdita della diversità batterica più rapida.

Ad ogni modo, il risultato più interessante è l’aver scoperto che i batteri del genere Actinomyces, tipici abitanti delle mucose interne, sono assai più abbondanti nella bocca dei degustatori che in quella di altri soggetti, il che suggerisce un loro ruolo in relazione alle loro maggiori capacità percettive.

La realizzazione dello studio non è stata facile dal momento che, a causa della pandemia di Covid-19, la raccolta dei campioni si è dovuta necessariamente basare sulla collaborazione di degustatori vini, enologi, sommelier e delle altre persone saggiate che hanno dovuto testarsi autonomamente, peraltro adoperando gli stessi tamponi usati per il virus, seguendo scrupolosamente il protocollo loro fornito.

Quest’ultimo, in sintesi, prevedeva il prelievo di un campione strofinando il tampone sul dorso della lingua sia prima che dopo la degustazione. Lo studio, recentemente pubblicato nella rivista Food Research International, rappresenta il primo passo verso una maggiore conoscenza sul ruolo che non solo il vino e l’alcool, ma anche altri tipi di bevande possano avere nel plasmare il microbiota orale attraverso il loro effetto pulente, e quali siano le implicazioni per la nostra salute e benessere psicofisico.

Lo stesso gruppo di ricercatori è attualmente impegnato nel valutare il ruolo del microbiota orale e nasale in relazione alle capacità di percezione gustativa e olfattiva in altre categorie professionali, come chef ed esperti di profumi. È auspicabile che altri gruppi di ricerca vogliano seguire il nostro esempio e generare dati che possano essere usati per fini comparativi, magari in collaborazione con il nostro centro. Ci aspettiamo che questo appello venga accolto in particolar modo in Italia, che guida, assieme a Francia e Spagna, la classifica dei maggiori produttori di vino a livello mondiale.