Dal fiore del dente di leone i segreti del volo ottimale

Sviluppato un modello matematico che descrive il comportamento aerodinamico del tarassaco

[5 Luglio 2019]

Come spesso succede, i progressi scientifici si ottengono con l’osservazione della natura e la comprensione dei meccanismi che ne regolano il funzionamento, è avvenuto anche per lo  studio “Flow dynamics of a dandelion pappus: A linear stability approach”,  pubblicato su Physical Review Fluids da un team di ricercatori dell’Università di Pisa, dell’Ecole Polytechnique Fédérale di Lausanne (Epfl) e l’Università di Twente, dove, spiegano i ricercatori «è stato un fiore a ispirare la definizione di un modello matematico che descrive come si generano forze aerodinamiche stabili capaci di garantire voli a lunga traiettoria. Si tratta del tarassaco, noto anche come dente di leone, più in particolare del suo seme, che con il vento si separa dalla pianta di origine e vola disperdendosi a lunghe distanze».

Lo studio, che è stato selezionato anche per una “highlight story” su Physics Magazine, ricorda che «Il seme del tarassaco può essere trasportato dal vento anche per distanze considerevoli grazie al “pappo”, ovvero un ciuffo di filamenti sottilissimi disposti radialmente a formare un ombrello e che agiscono collettivamente come un paracadute per il seme stesso. La caratteristica più curiosa di questo paracadute naturale è il suo essere principalmente “vuoto”. Infatti, se visto da vicino, il pappo è costituito solo dai filamenti che, essendo in un numero dell’ordine di 100 ed essendo sottilissimi e disposti radialmente, lasciano uno spazio vuoto considerevole tra loro».

Uno degli autori dello studio, Simone Camarri, docente del dipartimento di Ingegneria civile e industriale dell’università di Pisa, ricorda che «Il meccanismo di volo del pappo è stato descritto in un articolo recentemente pubblicato su Nature. Nella nostra ricerca abbiamo proposto un modello matematico che consente di descrivere il comportamento aerodinamico del pappo e, cosa più importante, di studiare la stabilità del suo volo. Il risultato più importante è aver dimostrato che per il diametro e le condizioni di volo tipiche di un pappo, il limite per avere una traiettoria stabile si raggiunge impiegando circa 100 filamenti, e il numero previsto è molto vicino a quanto osservato in natura. Tutto ciò sembra dunque suggerire che, nel suo percorso evolutivo, il pappo abbia raggiunto una condizione ottimale tale da fornire la maggiore resistenza aerodinamica mantenendo contemporaneamente un volo stabile».

All’Ateneo pisano evidenziano che «Tali principi, spesso cercati in natura, oltre ad avere un interesse fondamentale, costituiscono esempi di come poter realizzare dispositivi artificiali di interesse ingegneristico che siano già vicini a una condizione di ottimo. In questo senso lo studio effettuato sul pappo può dare indicazioni su come poter realizzare dispositivi che generino forze aerodinamiche stabili realizzati tramite strutture per larga parte “vuote”, e dunque con pesi molto ridotti, ovviamente il tutto per dimensioni caratteristiche simili a quelle del seme studiato».

Oltre a Camarri, gli autori dello studio sono François Gallaire (Epfl) e Francesco Viola, Pier Giuseppe Ledda e Lorenzo Siconolfi, laureati a Pisa e che oggi lavorano alle università di Losanna e Twente.